Il calcio chiuso per legge: oggi il Consiglio federale
Si cerca l’accordo con l’Uefa. Solo il rinvio degli Europei e la revisione dei calendari potrebbe permettere alle squadre italiane di uscirne
Dell'attesa decisione se n'era già fatto carico ieri pomeriggio il presidente del Coni Giovanni Malagò: lo sport ha chiuso i battenti fino al 3 aprile, adeguandosi alle necessità del paese per vincere questa sfiancante battaglia contro il Covid-19. Solo che per farlo ha chiesto (e poi ottenuto) l'appoggio legislativo del Governo, prima manifestato attraverso l'apprezzamento del ministro dello Sport Spadafora, poi con il nuovo decreto legge, emanato ieri sera e che avrà effetto a partire da stamattina: «Non possiamo neppure consentire - ha detto il presidente Conte nella conferenza stampa di illustrazione del Dpcm - che proseguano le gare del campionato di calcio. Dispiace dirlo, ma i tifosi devono prenderne atto». È stata prevista un'apposita deroga, però, per consentire eventi e manifestazioni sportive organizzate da organismi sportivi internazionali: e dunque le partite delle coppe europee.
Ora però servirà anche la collaborazione a livello internazionale delle principali federazioni continentali, a cominciare proprio dall'Uefa, e forse questo sarà un passaggio ancor più complicato. Dopo il decreto illustrato ieri sera dal presidente Conte, che di fatto estende a tutta l'Italia le restrizioni che fino a ieri erano limitate alle zone del nord della cosiddetta fascia rossa, ora le società dovranno cercare una soluzione per risolvere a livello sportivo ed economico le conseguenze delle decisioni governative. Se ne discuterà nel Consiglio Federale straordinario convocato per il pomeriggio che si porrà dunque l'obiettivo di salvare il campionato 2019-2020, la coppa Italia e anche di salvaguardare il cammino delle squadre italiane nelle coppe europee.
E stavolta la questione non riguarda, come si potrebbe pensare ad una prima lettura, la salvaguardia di un interesse specifico. Anche se c'è qualcuno che dimostra di pensare solo al proprio tornaconto (leggere per credere ciò che ha detto il responsabile della comunicazione della Lazio Arturo Diaconale: «Non sarà facile imbrogliare il Presidente Lotito da parte di ministri demagoghi e dirigenti irresponsabili che non capiscono come fermare il campionato significherebbe far saltare tutti i diritti televisivi e condannare al fallimento la gran parte delle società calcistiche italiane!», sic!), in realtà è proprio in virtù di una presa di coscienza più ampia che il Consiglio Federale di oggi dibatterà su una questione in particolare: se si ferma il calcio italiano dovrà fermarsi tutto il calcio europeo perché la questione potrebbe investire presto anche altri paesi e minare le stesse competizioni Uefa (ieri, ad esempio, il governo svizzero ha stoppato Basilea-Eintracht Francoforte: non si può giocare per i rischi del contagio).
Dunque, affermeranno Gravina e gli altri consiglieri, si blocchi e si rimandi tutto ciò che è stato inizialmente programmato e poi si ricominci quando sarà il tempo giusto per farlo: in Italia e in Europa. Questo è anche il punto di vista che la Roma ha già espresso al suo naturale interlocutore, il presidente della Lega Calcio Dal Pino, che con i consiglieri Marotta e Lotito rappresenterà la Lega oggi ai lavori consiliari (qualcuno fisicamente, gli altri via Skype).
La questione nodale riguarderà dunque la necessaria armonizzazione dei calendari nazionali con quelli internazionali e, in particolare, sarà necessario sensibilizzare l'Uefa ai fini di sospendere, rimandare o addirittura annullare il Campionato Europeo per nazioni itinerante previsto per giugno. Solo così si creerebbe lo spazio fino a giugno inoltrato per recuperare le giornate di campionato e garantire la continuità dell'attività, potendo contemporaneamente disputare anche le competizioni europee per le squadre che vi sono impegnate (Roma, Inter, Atalanta, Napoli, Juventus), così come le residue partite di coppa Italia (il ritorno delle semifinali che vedranno contrapposte Juventus-Milan e Napoli-Inter, e la finale). Se l'Uefa invece non offrisse la propria collaborazione, ammesso che si tornasse a giocare dopo il 3 aprile, non ci sarebbe spazio per recuperare le giornate perse (sono 12: dal 5 aprile al 24 maggio sono solo otto le domeniche e quasi tutte le infrasettimanali sono occupate dagli impegni internazionali) e si aprirebbero scenari assai preoccupanti sia per chi ha pagato in anticipo i diritti televisivi (Sky e Dazn) sia per le società che non avrebbero altri introiti e avrebbero sostanzialmente perso un anno di ricavi (mantenendo gli stessi costi), dovendo oltretutto quasi sicuramente affrontare le spese legali per fronteggiare le cause a cui sarebbero inevitabilmente esposte. Uno scenario apocalittico che oggi dovrà essere scongiurato.
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