Roma-Torino: Patrik quasi Schick
Un primo tempo difficile, poi si è sciolto nella ripresa. Bene con Dzeko. Un palo, un rigore guadagnato e il primo gol in maglia giallorossa sotto la curva Sud
In una notte nera, c'è una luce lontana. Un bagliore che non basta a vincere l'oscurità, ma pur sempre qualcosa a cui attaccarsi: in un pomeriggio da dimenticare, va consegnato ai posteri il primo gol in giallorosso di Patrik Schick. Il giocatore più costoso della storia della Roma - 42 milioni di valutazione complessiva, anche se il suo cartellino è formalmente ancora della Sampdoria, il prestito verrà riscattato solamente la prossima estate, e l'ultima tranche verrà saldata nel 2020 - ha riacceso la speranza giallorossa sullo 0-2, con un sinistro vincente all'angolino basso, alla sinistra di Milinkovic-Savic, il dodicesimo granata che ha parato come nessun altro in questi ottavi di finale. Stop e tiro, su assist di El Shaarawy, al 40' della ripresa: ci aveva provato già nove minuti prima, quando era andato a terra, con parecchio mestiere, dopo una trattenuta reciproca - finita poco prima dell'arrivo del pallone - con Emiliano Moretti. Calcio di rigore, che tutti si aspettavano tirasse Perotti, nonostante l'errore di sabato con il Cagliari, e invece ha calciato Dzeko, non uno specialista, rendendo indimenticabile il pomeriggio del meno famoso dei fratelli Milinkovic. Il ceco del resto, i rigori non li ha mai calciati, nella sua prima stagione in A: con la Sampdoria 11 gol, tutti su azione. Si era sbloccato a ottobre con la Juventus, il secondo lo fece contro il Torino, il 4 dicembre, un sinistro dal vertice dell'area piccola, su servizio di Linetty, che finì in rete passando tra le lunghe gambe di Joe Hart. E il suo secondo gol in A fu più importante del primo, che rimase un caso isolato per un mese e mezzo: il secondo, alla 15esima giornata, fu il primo di una mini-serie, visto che il terzo arrivò una settimana dopo, con la Lazio, e il quarto pure, il 18 dicembre, alla 17esima, col Chievo. A quel punto il ceco che Walter Sabatini non aveva voluto prendere pochi mesi prima per meno di 4 milioni era già diventato uno dei giovani stranieri più seguiti e apprezzati del campionato, ruolo confermato con il quinto centro, il 29 gennaio, contro una Roma che aveva già ricominciato a seguirlo. Il cerchio si chiuse alla 34esima, con l'undicesimo e ultimo centro stagionale: un bellissimo sinistro all'incrocio dei pali, scagliato di prima intenzione dalla lunetta, finalizzando un'azione che lui stesso aveva avviato, partendo palla al piede sulla destra, prima di servire Linetty. Di fronte, ancora una volta, il Torino, che pareggiò con l'unico gol stagionale di Juan Iturbe.
Senza preparazione
E dal Torino può ripartire la corsa del talento che si era dovuto fermare a giugno per problemi cardiaci, facendogli saltare - oltre a un trasferimento alla Juventus a cui mancava solo l'ok delle visite mediche - l'intera preparazione estiva. E così Di Francesco ha dovuto centellinarne l'utilizzo: acquisto ufficializzato il 29 agosto, esordio il 16 settembre contro il Verona, giusto un quarto d'ora più recupero, sufficiente a rimediare un infortunio muscolare, al retto femorale sinistro, e uscire dalla lista dei convocati per un altro mese abbondante. Tornò proprio per la gara col Torino, ma senza entrare: tre panchine di fila, poi altre quattro partite saltate, ancora per i problemi muscolari di chi è stato fermo troppo a lungo. La seconda apparizione in giallorosso è del 26 novembre, l'1-1 col Genoa, 3' più recupero al posto di Nainggolan, 26' all'Olimpico contro la Spal, poi la panchina con il Qarabag. A dicembre la promozione: il 10 titolare a Verona col Chievo, prima volta in giallorosso, il 16 bis col Cagliari, ieri la terza dall'inizio, e il primo centro. Il terzo ai granata, in tre sfide.
Lui e Dzeko
Prima del gol, e del rigore procurato, ieri c'è stato anche il palo di testa, su cross di Strootman, quando il risultato era ancora sullo 0-1, e - se fosse arrivato il pari - si poteva persino provare a chiuderla prima dei supplementari. E all'ultimo dei quattro minuti di recupero è stato del ceco anche l'ultimo tiro: era spalle alla porta, poteva appoggiare indietro, ha preferito girarsi e concludere col sinistro, deviato in un angolo che Emerson ha calciato malissimo, a mezza altezza, addosso a un difensore, buttando via le ultimissime briciole di speranza. Ma resta negli occhi l'ultimo quarto d'ora della Roma, quello con Dzeko al posto di Strootman: la convivenza tra il bosniaco e il ceco è l'equivalente della pietra filosofale per un attacco che, con la partenza di Salah, è decisamente troppo legato alle reti dell'ex bomber di Wolsfburg e Manchester City. Ci sono dieci anni tra lui e Schick: prima o poi il praghese si prenderà il centro dell'attacco, ma il bosniaco non ha nessuna intenzione di precorrere i tempi, e i numeri - 11 gol in 23 gare ufficiali - gli danno ragione. Sarà Schick a dover girare al largo: sono due centravanti, ma entrambi con l'assist nei piedi, devono solo affinare l'intesa. E l'ultimo quarto d'ora di ieri lascia ben sperare.
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