Baku città nostra
«Gli azeri amano il nostro paese, ci accoglieranno molto bene». Una terra ricca grazie al petrolio. Stadio pieno
Baku, provincia di Roma o quasi. Da queste parti la tradizione colloca la XII Legio cosiddetta "Fulminata", inviata sulle rive del Mar Caspio a difesa del regno cliente di Albània, l'attuale Azerbaigian. Il fulmine era il simbolo del contingente, protetto, secondo la leggenda, appunto da folgore e pioggia. Due millenni più tardi, il primo manipolo di romanisti arrivato nella Capitale azera, prende possesso delle strade, con l'aria incuriosita di chi si trova ai confini del mondo. Questa sera ad accoglierli troveranno un'atmosfera ben più calda di quella tranquilla che si respira per le vie. Alla presenza del Presidente dell'Azerbaigian, lo stadio sarà pieno, anche grazie a una politica di prezzi più che abbordabili. Lo stesso settore ospiti è stato venduto alla cifra quasi simbolica di un euro e cinquanta.
Ma alla vigilia è il contorno a catturare i «macina-chilometri». Non è solo questione di mera distanza di viaggio. È la varietà architettonica e la commistione di culture a stuzzicare interesse. «Non me l'aspettavo così bella», è il commento ricorrente di molti dei tifosi presenti. E in effetti Baku è un singolare incrocio di antico e moderno, occidentale e orientale, laico e musulmano. Gli estremi si strizzano l'occhio e si toccano, un po' come a Napoli, con la quale non a caso è gemellata. Sembra un'enclave europea in Asia. Per la Uefa questo rappresenta. Tanto che il Qarabag partecipa alle competizioni del nostro continente. Nell'arco di poche centinaia di metri, è possibile scorgere ancora residue costruzioni dell'era sovietica, non lontane dalle mura della Città Vecchia risalenti al tredicesimo secolo, sovrastate a loro volta dai grattacieli di importanti designer (anche italiani) in pieno stile glamour, come se ci si trovasse in uno degli Emirati. E in comune con gli Stati degli sceicchi non c'è soltanto l'Islam, ma anche il petrolio, che ha reso l'Azerbaigian terra dell'opulenza.
Una società ricca
Oggi non necessita più di difese, ma di attacchi – calcistici – da Roma. Il Qarabag è una società ricca, dunque non necessita di sconti. E l'auspicio è che i ragazzi di Di Francesco non siano disposti a concederne. Fra una vista panoramica sul Mar Caspio, con tanto di bandiere e striscioni dispiegati per le foto ricordo e una passeggiata perle tranquillissime stradine del centro storico, ci si comincia a interrogare sulla partita. Cautela è la parola d'ordine, nessuno ha voglia di esagerare con i pronostici, concedendo più di uno sguardo al clima che sembra cambiare di ora in ora (il sole del mattino è già un ricordo a pranzo).
Nel 2017 l'epiteto di "fulminati" non suona granché bene. Soprattutto a Roma e dintorni (in questo caso nella provincia distaccata azera). Ma la pioggia è prevista in arrivo proprio in prossimità della gara e allora si fa di necessità virtù, sperando che il rovescio sia sinonimo di protezione come per gli avi: «Hai visto mai che per una volta un po' d'acqua non ci aiuti», mormora qualcuno con fare scaramantico dopo aver rivolto la vista, nell'ordine, prima al cielo e poi alle applicazioni meteo dei telefonini. Il clima non strettamente atmosferico induce all'ottimismo: si respira serenità, i cittadini locali sono sorridenti, amichevoli verso i romanisti che si aggirano per le vie del centro e si affacciano nel Caravanserraglio alla ricerca di souvenir. Per loro è un evento. «Sono molto ben disposti verso di noi», ci rivela l'ambasciatore italiano Augusto Massari, tifoso del Bologna, «ovviamente farò il tifo per la Roma, è una squadra che mi piace molto, così come il suo allenatore», ammette, visibilmente contento nell'accogliere la comitiva romanista nei pressi della sede diplomatica, alle spalle dello storico Minareto e del Castello. «Gli azeri ci guardano con simpatia: di noi amano la moda, il cibo, i motori, il calcio, che da queste parti è seguitissimo». Sono circa trecento i connazionali residenti a Baku, quasi tutti alle dipendenze delle compagnie petrolifere. E dando un'occhiata ai prezzi dei carburanti (l'equivalente di 45 centesimi nostri in moneta locale), si capisce quanto la risorsa abbondi e quanta ricchezza garantisca.
Lavoratori da tutto il mondo
Perciò da ogni parte del mondo vengono a lavorare qui, senza alcun timore che l'area geografica, piuttosto calda dal punto di vista delle relazioni internazionali, possa avere ripercussioni anche su questioni etniche o religiose. L'ambasciatore Massari non ha dubbi: «Esiste una grande forma di tolleranza nei nostri confronti come di ogni altra minoranza, alla quale gli azeri tengono in particolar modo dopo la visita del Papa. Questo è un posto sicurissimo e sono certo che i tifosi della Roma saranno accolti nel migliore dei modi». Nella città vecchia come in quella nuova, è già accaduto. Il fulmine ora tocca alla squadra, farlo scoccare s'intende. I romanisti d'altra parte sono innamorati che non aspettano altro. Anche ai confini del mondo.
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