Qarabag, la squadra mai tornata a casa
Geopolitica, sport e business si intrecciano nel racconto di Damiano Benzoni, esperto di calcio dell'Est e curatore del blog "Dinamo Babel"
Si chiama Guzanli, ma per i 13.000 abitanti è solo "Agdam provvisoria". È il principale centro che ospita gli sfollati della città di Agdam e in vent'anni - da insediamento di tende, container e case di fango che era - ha acquisito le sembianze di una cittadina. Agdam non esiste più, rasa al suolo dalle truppe armene nel 1993 mentre la sua squadra, il Qarabag, vinceva il primo scudetto. Quando arrivò il secondo titolo, nel 2014, la squadra portò il trofeo alla gente di Agdam perché potessero vederlo.
Per Azersun, il gigante agro-alimentare azero che sponsorizza il Qarabag, la squadra fa parte di una strategia di responsabilità sociale che mette al centro le famiglie degli sfollati. Il Qarabag ha anche giocato una stagione a Guzanli, nel 2009/2010, ma il pericolo rappresentato dai cecchini li ha convinti a desistere. Lontano da Agdam il Qarabag è diventato una potenza, vincendo altri tre scudetti consecutivi e portando ogni anno la sua storia in giro per l'Europa . Non è più tornato ad Agdam, nemmeno a festeggiare, deludendo quei tifosi che considerano il Qarabag la propria bandiera, la propria storia.
Per l'Azerbaigian, giovane potenza petrolifera che sta cercando di affermarsi sul piano globale, il successo del Qarabag è uno dei mattoni di una strategia diplomatica più grande. Basti pensare alla sponsorizzazione da 12 milioni l'anno dell'Atlético Madrid, siglata nel 2013 e che prevede anche progetti formativi per le giovanili azere. La strategia passa anche dai grandi eventi: dal GP di Baku alla presenza della capitale tra le città dove si disputerà l'Europeo 2020. Una diplomazia "soft" che va anche oltre allo sport:a Roma il fondo dedicato al presidente Aliyev senior (padre di quello attuale, non esente da critiche sul rispetto dei diritti umani) ha finanziato il restauro delle catacombe dei santi Marcellino e Pietro sulla Casilina.
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