Radja Nainggolan, l'antijuve
Nessuno come la cresta bionda ha saputo dire no al club bianconero. Con tanto di dedica con linguaccia come in quel 3-1 all'Olimpico. E allora stasera rifalla
Rifalla, Radja. Rifalla quella linguaccia che fa tanto Stones e ci piace ancora di più. Rifalla, come all'Olimpico in quel tre a uno che ancora riscalda i nostri cuori.
Rifalla, Radja, contro quella vecchia signora di fronte alla quale tutti si inchinano mica per galanteria, ma per un servilismo che è il patrimonio del nulla di tanti invertebrati che popolano questo paese.
Rifalla, Radja, per noi, per la gente romanista di tutte le generazioni che questa partita la sente sulla pelle come nessun'altra, il gol di Turone, il rigore di Gautieri, il guardalinee di Aldair, il cinque ottobre zenit della vergogna, l'abuso di farmaci, calciopoli, Moggi, Giraudo, troppe storie brutte alle spalle, possibile che una volta non possa essere fatta giustizia?
Rifalla, Radja. È la tua partita. Te, l'uomo con la cresta, che non hai mai nascosto i tuoi sentimenti, vade retro Juventus non fai per me, faglielo vedere al tuo amico Pjanic che si può essere vincenti a Roma e non come ha sottolineato il quotidiano sportivo torinese diretto da un signore che ha un concetto della dignità molto diverso dal tuo, dal mio, dal nostro, dai romani. E noi ci teniamo stretto il nostro, forti del fatto di poter guardare negli occhi tutti, al contrario di quel signore e i suoi discepoli che non possono fare altro che camminare sempre con lo sguardo basso, quello dei perdenti nella vita.
Rifalla, Radja. Ricordantoti pure delle tante volte che la vecchia signora ha provato a lusingarti per vestirti di bianconero. E tu niente, sempre no, sottolineandolo ogni volta con enfasi, gridando la tua indipendenza. Anche quando ci provò in quel mercato di gennaio in cui scegliesti di vestirti di giallorosso. Il primo no al bianconero, quasi come ti avesse ispirato quel Gigi Riva che a Cagliari ha fatto la storia dicendo, pure lui, no alla vecchia signora.
Rifalla, Radja. Come ogni volta l'hai fatta in occasione delle sessioni di mercato e qualcuno veniva a dirti che la Juve sarebbe stata pronta a prenderti, garantendoti soldi e vittorie, sì perché da quelle parti vincere non è la cosa più importante ma l'unica cosa che conta. No, Radja, tu sei diverso e glielo hai sbattuto in faccia, senza nasconderti dietro le parole, dicendoglielo a brutto muso, litigando (e qui forse sarebbe stato meglio non farlo) sui social con i tifosi bianconeri, litigando (e qui hai fatto benissimo) quando al termine di quella vergogna del cinque ottobre, qualche fan juventino provò a prendervi in giro e te li prendesti di petto con quella cresta che non ha paura di niente e di nessuno, solo i compagni riuscirono a portarti via evitando che la questione si concludesse in qualche commissariato sabaudo.
Rifalla, Radja. Per onorare la memoria dell'ingegner Viola che fu preso a calci nella tribuna d'onore (d'onore?) del vecchio stadio torinese.
Rifalla, Radja, per dedicarla a Strootman e agli altri compagni di squadra che erano nei loro posti allo Juventus Stadium in quella notte in cui furono presi a sputi e non solo dai civili tifosi torinesi.
Rifalla, Radja, per sbatterla in faccia anche a Benatia che ha preferito la scelta di vita alla felicità, al contrario di te, meravigliosa cresta nostra, che hai capito bene come la felicità non possa essere garantita da nessuna carta di credito.
Rifalla, Radja, sarebbe il più bel regalo di Natale per i tifosi giallorossi che stasera saranno davanti al televisore perché vogliono solo star con te. Rifalla, Radja, per i duemilacento tifosi che saranno presenti lì, soli contro tutti e tutto, orgogliosi della loro Roma, dei colori giallorossi, di quella maglia, convinti come sempre che la storia si può cambiare.
Rifalla, Radja. Per il numero dieci che sarà in tribuna con il cuore in tumulto, quel dieci che da quelle parti è stato sempre preso a pernacchie e insulti e al quale, ipocritamente, stasera qualcuno andrà a chiedere l'autografo.
E allora, Radja, rifalla,per fargli capire che a noi la voce del padrone non fa né caldo, né freddo, che siamo indipendenti, che siamo capaci di un pensiero nostro, non contagiato e succube, che siamo pronti a cambiare la storia.
Rifalla, Radja.
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