L'analisi di Parma-Roma: il salto che manca per essere grandi
Tutti i difetti in un'azione. Il primo gol subito al Tardini è significativo. Dalla pressione mancata, alle corse a vuoto, alle coperture negate
Se mai fosse possibile dare un quadro dei difetti di una squadra osservando una sola azione, bisognerebbe prendere il primo gol subito al Tardini e metterlo in una teca. Poi a fine stagione si deciderà l'iscrizione che lo accompagnerà nell'archivio di questa stagione. Se la Roma si sarà guadagnata in un modo o nell'altro un posto nella Champions, si potrebbe scrivere qualcosa tipo «Nonostante queste scivolate alla fine l'anima offensiva della squadra prevalse sul resto», se invece il finale di stagione non sarà in linea con le ambizioni vantate allora bisognerà variare in un secco «Ecco perché quella squadra non decollò».
Quanti errori in pochi secondi
Provate a riguardarla con noi: la partita è cominciata da poco e la Roma ha già avuto due occasioni, una delle quali peraltro frustrata da un'interpretazione arbitrale contraria. Sul giro palla del Parma, la Roma non pressa con la feroce convinzione che bisognerebbe mettere, El Shaarawy guarda Osorio, Pedro balla tra Bani e Pezzella, Dzeko dovrebbe occuparsi della prima impostazione di Brugman ma lo osserva un po' pigramente. Quando la palla torna sui piedi di Osorio, Spinazzola si avvicina minaccioso al suo dirimpettaio Conti per inibire il passaggio corto, Pellegrini e Villar schermano i due intermedi di centrocampo, e poco oltre la metà campo Man sembra venire incontro al compagno di squadra, ma in realtà è impegnato in un tipico contromovimento corto-lungo che Osorio asseconda lanciandolo lungo, così il romeno si gira e parte in duello con Kumbulla, il suo marcatore. L'albanese dovrebbe lasciare spazio eventualmente al passaggio corto ma mai farsi trovare impreparato sul lancio lungo, e invece la contesa del pallone è incerta e alla fine l'avversario prevale. Nel frattempo però "dentro" dovrebbe esserci ampia copertura, anche ammesso che siano partiti per seguire l'evoluzione dell'azione sia il centravanti (Pellè) sia l'altro esterno (Mihaila) ci dovrebbe essere adeguata parità numerica a garantire Pau Lopez. Perché i meccanismi prevedono che sul giro palla e sul lancio da una parte, con il quinto fuori in pressione, l'altro si abbassi sulla linea dei difensori a controllare l'esterno opposto. E questo avviene. Solo che poi c'è il però che impedisce alla Roma di spiccare il salto: perché "però" Ibanez deve lasciare un po' Pellè per paura di dover raddoppiare su Man vista l'incertezza di Kumbulla, Mancini dunque invece di guardarsi dietro da Mihaila segue con lo sguardo davanti Pellè e Peres, che potrebbe dare l'aiuto decisivo riguadagnando subito la posizione in linea e frapporsi così nella linea ideale tra la palla e l'avversario, invece corre svogliato, lasciando a Mihaila lo spazio decisivo per andare a raccogliere l'assist e a battere facilmente Lopez. Riassumendo, giro palla difensivo, lancio lungo sull'esterno, controllo e palla in mezzo, gol, un'azione che un allenatore di solito neanche prova nelle esercitazioni undici contro zero perché "figurati se gli avversari ti lasciano fare una cosa del genere". Ecco, la Roma quest'anno cose così te le lascia fare. E nella partita in cui in teoria, con qualche scontro diretto e qualche trasferta ostica per le rivali, avresti potuto guadagnare qualcosa. E invece succede il contrario e ti ritrovi indietro in classifica a leccarti le ferite e a pensare alle interpretazioni arbitrali. Tutto giusto, per carità, ma a Parma puoi andare sotto solo se l'avversario si inventa una prodezza con un tiro da 40 metri, non così.
La personalità che manca
Chiaro che le assenze di uomini fondamentali come Veretout e Mkhitaryan in questo momento si facciano sentire, ma non è certo il tipo di argomentazione che si può usare quando si va a rendere visita ad una squadra che non vinceva da 104 giorni, 17 partite di campionato e 18 compresa la coppa Italia, afflitta peraltro da sette assenze. Semplicemente, non si deve andare in svantaggio in una gara così, altrimenti poi le cose si possono complicare, soprattutto se di fronte trovi una squadra motivata dalla prospettiva dell'impresa, se i tuoi giocatori affrontano l'impegno con lo spirito sbagliato, se si commettono altri errori tipo quelli alla base dell'azione del rigore e se poi l'arbitro diventa spietato continuando ad interpretare i fatti nella solita maniera univoca denunciata a fine partita da Fonseca. Ciò che sicuramente manca in questi casi è la giocata del fuoriclasse: quando si annebbiano le idee ci vorrebbe lo spunto che spariglia. Ma chi è in grado oggi nella Roma affaticata di questi tempi di garantirlo? Non Dzeko, aggrappato al ricordo dello splendido centravanti che è stato ed impigliato in questo strano rapporto controverso con Fonseca, non El Shaarawy appena rientrato dalla disattività cinese, non Pedro che gira a vuoto a braccia larghe, ma non riesce mai a regalare una giocata geniale, non Pellegrini che già si prende sulle spalle la squadra nei momenti complicati (sin troppo: le punizioni dal limite non sembrano il suo forte), non Villar, non i terzini, non certo i difensori, se non svettando di testa su calcio d'angolo, come fa a volte Mancini. E forse la realtà è che non ci sono fuoriclasse nella Roma. E la classifica dei marcatori ne è una spietata fotografia. Per trovare il primo della Roma bisogna attendere il decimo posto, ed è Veretout, bloccato in infermeria.
Quelle conclusioni affrettate
Ma al di là delle classifiche dei marcatori, c'è forse anche una questione legata alla qualità delle conclusioni. Date un'occhiata anche alle grafiche: ne abbiamo isolate quattro, ognuna delle quali avrebbe potuto avere esito diverso. La Roma è una squadra che costruisce benissimo la sua manovra offensiva, ma spesso difetta nelle conclusioni. Sono spesso affrettate, ad esempio: quando si arriva a portata di conclusioni, i giocatori della Roma tirano anche quando sarebbe consigliabile un'ultima rifinitura. Guardatele queste grafiche, per ognuna di quelle conclusioni sbagliate (o sono state calciate addosso al muro dei difensori o sono finite molto lontane dalla porta) ci sarebbe stata una possibilità alternativa per continuare lo sviluppo offensivo. Si può credere che una partita con quei dati offensivi (leggeteli nella tabella qui accanto) possa finire con zero gol e una sconfitta? E si può pensare che tutto questo non abbia a che fare anche con il miglioramento dell'esecuzione delle conclusioni? Per la qualità con cui la Roma conduce il suo gioco fino alla trequarti avversaria è impensabile che i tiri siano a volte così approssimativi. E di sicuro questa è una qualità allenabile.
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