L'analisi di Roma-Milan: tutte le colpe di Di Francesco
Un atto di accusa diviso in sei temi. Dal sistema di gioco al turn over alla fragilità mentale. Ecco quello che l’allenatore non sembra più governare
Nel giorno in cui si ritrovano tutti contro tutti (e alle categorie più ovvie, tipo proprietà, dirigenti, allenatore, giocatori, si aggiungono quelle estemporanee di chi difende la proprietà, i dirigenti, l'allenatore o i giocatori, in una continua frammentazione di nuove categorie che hanno tutte torto, perché ha ragione solo chi si lamenta), durissimo è il compito di chi a Trigoria, a Boston, a Londra, o a Roma deve trovare soluzioni a problemi che poi si ripresentano periodicamente come se non fossero mai stati affrontati. La partita col Milan ha disvelato per l'ennesima volta l'anima fragile di una squadra che è sembrata in difficoltà tattica, fisica, tecnica e mentale. Non uno dei quattro aspetti che sovrintendono all'attività di una squadra di calcio ha dato riscontri positivi. Lo sa bene anche Di Francesco, peraltro adesso decisamente salito anche lui sullo scranno degli imputati. E così tutto il carico degli elogi e dei complimenti meritati per il lavoro della prima parte della stagione s'è sciolto come farà nei prossimi giorni la neve ai bordi delle strade di Roma. Splendori e miserie del gioco del calcio, e del mestiere dell' allenatore. Lo sa bene anche Eusebio che si trova adesso a dover rispondere a diversi atti d'accusa. E anche se non ci troviamo a nostro agio nei panni del pubblico ministero perché riteniamo che l'imputato abbia validissime attenuanti, abbiamo provato a individuare i principali punti che caratterizzerebbero la requisitoria di un pm.
Il famoso 433
A cominciare dal sistema di gioco. Di Francesco è un convinto assertore del 433, formulina numerica che indica solo le posizioni medie in cui sono "fotografati" i giocatori di una squadra in fase di possesso palla. Di più, il suo 433 è di chiara ispirazione catalana, con il baricentro piuttosto spostato in avanti, la linea della difesa a metà campo, i terzini pronti ad attaccare, gli attaccanti esterni a giocare vicino alla punta, i mediani pronti ad inserirsi Nel momento di difficoltà tra dicembre e gennaio, per dimostrare di non essere un integralista, il tecnico ha avanzato la posizione di Nainggolan a disegnare un 4231 di spallettiana memoria che però non ha portato giovamento al belga né continuità di risultati (o meglio, ha portato risultati in campionato, tre vittorie, ma anche la controversa sconfitta di Charkiv) e poi col Milan si è rimesso col 433, con le conseguenze che tutti sanno. Forse gli si può rimproverare il fatto che sembra aver cambiato solo sull'onda della sollevazione popolare e non per reale convinzione. Tanto che adesso la squadra più che saper interpretare due sistemi, sembra molle con entrambi.
La famosa forza mentale
Tanto si è detto della fragilità psicologica di questa squadra. E chi, se non l'allenatore, può conferire certezze a un gruppo molle? La cosiddetta mentalità vincente non è altro che la capacità di restare concentrati più a lungo di altri. Ecco, la Roma questa capacità ha dimostrato di non averla e con il passare del tempo la tendenza anziché ridursi è persino aumentata.
Le famose certezze tattiche
E se un gruppo non è mentalmente solido, le certezze potrebbero derivare dalle conoscenze tattiche. Più ti eserciti nel lavoro settimanale e maggiori saranno le probabilità che anche nei momenti difficili di una partita tu conosca la strada per venir fuori dagli imbarazzi. E invece alla Roma succede il contrario. Quando le cose potrebbero andar male, vanno malissimo. Nove secondi tempi a svilire partite promettenti stanno lì a testimoniarlo. La partita col Milan in questo senso è solo l'ultima della serie.
Il famoso turn over
È sembrato per molto tempo il vero marchio di fabbrica della Roma difranceschiana. Quasi un modello di democrazia, dove uno valeva uno e tutti erano contenti di partecipare al progetto, ognuno per la sua parte, ognuno tifando per l'altro. Ma appena le cose hanno preso a non funzionare, Di Francesco ha fatto capire di aver scelto il suo gruppo di titolari e con loro sta affondando. E quando cambia, sembra non esserci una motivazione reale, come se alla base ci fosse solo la speranza che un nuovo innesto cambi qualcosa.
I famosi test Mapei
Il fiore all'occhiello della preparazione atletica viene dai test con cui i giocatori vengono monitorati con la collaborazione del laboratorio Mapei. Da ormai due mesi però i giocatori della Roma, a dispetto dei test di cui ogni tanto Di Francesco magnifica le risultanze, sembrano davvero arrancare rispetto agli avversari, soprattutto nei secondi tempi. Qualcosa non quadra, forse anche questa collaborazione va rivista.
Il famoso pressing
Infine, dov'è finita la squadra capace di pressare alto qualsiasi avversaria, dal Benevento al Chelsea a Stamford Bridge? L'altra sera con il Milan s'è vista una mezza versione della famosa pressione altissima della Roma, con i tre attaccanti quasi stancamente distribuiti tra i quattro difensori, i mediani pronti ad andare a raddoppio verso gli esterni, ma in realtà tutti arrivavano in ritardo su tutti e il Milan, soprattutto nel secondo tempo, impostava la manovra senza alcuna difficoltà. Questo aspetto in particolare sembra un segnale di come la squadra non faccia più con convinzione le cose che vengono evidentemente provate in settimana. O anche questo è legato alla precaria condizione atletica? In ogni caso, anche su questo Di Francesco dovrebbe saper intervenire.
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