TatticaMente

TatticaMente - L'analisi di Verona-Roma: Di Francesco a testa alta

La scelta del 423 da necessità diventa virtù: l'inferiorità numerica non ha abbassato la guardia. Benefici per Nainggolan nella nuova posizione

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
06 Febbraio 2018 - 13:24

Quando scatta il cartellino rosso che allontana dal campo un giocatore, nell'orologio mentale del suo allenatore scatta il conto alla rovescia che deve portare all'assunzione di decisioni che avranno l'ambizioso compito di ridurre al massimo possibile l'effetto di quel provvedimento. Quasi sempre, soprattutto se la squadra è in vantaggio, la conseguenza dell'espulsione è la sostituzione di uno degli elementi più offensivi in campo con uno dei panchinari più difensivi. Domenica a Verona, invece, Di Francesco ha reagito in maniera diversa all'allontanamento dal campo di Lorenzo Pellegrini dopo quello stupido fallo a metà campo su Matos: ha bevuto un sorso d'acqua e si è avvicinato al campo dall'area tecnica stendendo bene indice e medio della mano destra, a significare che per i due centrocampisti non sarebbe cambiato niente: «Restate a due in mezzo». Si sarebbe semplicemente abbassato Nainggolan al posto dell'espulso Pellegrini, le tre punte sarebbero restate al loro posto. E se guardate le posizioni medie del primo e del secondo tempo che pubblichiamo nella pagina accanto avrete la conferma grafica che è andata esattamente così: la Roma non ha perso neanche un centimetro di baricentro anche se ovviamente si sono rarefatte le occasioni da rete e si è lasciato gran parte del possesso palla, mostruoso nel primo tempo (71% nella prima parte, precipitato al 47,1% dellla ripresa). Nello specifico, sono rimaste inalterate le posizioni di quasi tutti i giocatori, ma qualcuno è addirittura "avanzato" sul campo, tipo Florenzi (numero 24 nel grafico) e Ünder (17).

La posizione di Radja

Come detto, Nainggolan è rientrato all'ovile solo dopo la prematura uscita dal campo di pellegrini. A ben vedere, però, l'arretramento è stato quasi impercettibile, sempre a osservare la grafica delle posizioni medie. Dove però il belga ha trovato indubbio giovamento è nello spostamento da trequartista nel rinnovato 4231 varato da Di Francesco a Verona (dopo l'esperimento, abortito dopo un tempo, già compiuto con il Napoli in casa). Non è cambiato quasi niente per la squadra, sia in termini di produzione offensiva (in linea con altre partite di questo livello) sia in rapporto al risultato. Ma lui è stato sicuramente molto più coinvolto nelle dinamiche di squadra. Basti vedere il dato dei palloni toccati (89) in rapporto alle medie da intermedio (oltre 40 tocchi in più, poco meno del doppio), 66 passaggi contro una media di neanche 39, il doppio dei passaggi effettuati nella metà campo avversaria, un tiro di media di più. Ciò che può cambiare, ma non era Verona il test più adatto per scoprirlo, è nella fase difensiva della Roma. Ad esempio, pur giocando per l'appunto contro una squadra decisamente modesta, Radja ha recuperato meno palloni della media segnata da interno e contrastato anche meno. Il che lascia credere che contro squadre più offensive la differenza possa diventare più marcata e per la Roma la circostanza possa diventare un problema. Non sarà contro il Benevento la cartina di tornasole: Nainggolan è infatti squalificato. Si vedrà se Di Francesco insisterà in ogni caso in questa versione del 4231 o se tornerà al 433. In ogni caso, cambierà poco.

La testa giusta

Quel che conterà, resterà l'interpretazione della squadra. Di Francesco è allenatore innovativo in questo senso, è convinto che solo attraverso il calcio offensivo e aggressivo una squadra possa superare i propri limiti e che nella gestione del calcio all'italiana risiedano invece una serie di difetti endemici del nostro movimento calcistico che impediscono di fatto uno sviluppo organico ed efficace. Che cosa può cambiare uno spostamento di 15 metri di un giocatore o di un altro? Niente, appunto. Vanno solo definiti meglio compiti e responsabilità di ognuno, capire chi deve infilarsi nello spazio lasciato dall'esterno alto che viene incontro o a dialogare con la punta, o come comportarsi in caso di sovrapposizione del terzino o in marcatura preventiva. Dettagli che poco hanno a che fare con le fortune della squadra, anche se dopo Verona a Roma è pieno di gente convinta che adesso le cose funzionano meglio per il cambio di sistema di gioco. Sarà opportuno lasciarglielo credere.

Quanti tiri Dzeko

Mentalmente, invece, con la fine del mercato può essere scattato qualcosa di positivo nella mente dei calciatori della Roma, ma è un auspicio di Di Francesco più che una certezza. Di sicuro, se fosse stata ancora aperta la finestra dei trasferimenti, in molti avrebbero addebitato la scarsa mira di Dzeko alla svagatezza determinata dai cattivi pensieri. Così invece è semplicemente colpa sua. Le occasioni capitate al bosniaco sono state diverse: ha tirato 4 volte fuori dai pali, 3 volte il portiere ha parato, 3 volte sono stati respinti. 3 le occasioni clamorose nel primo tempo: una di testa sfiorata anche da un difensore, e respinta di piede da Nicolas, una di destro su corner fuori di poco e una di sinistro, su taglio, respinta fortunosamente dal portiere girato. Una nel secondo: ma il gentil dono di Nicolas è stato restituito dolcemente al mittente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONSIGLIATI