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TatticaMente: Roma-Basaksehir, l'analisi dell'esordio vincente in Europa League

Fonseca sta costruendo una squadra da spettacolo che più segna e più si diverte. La ricerca dell’equilibrio nella costruzione da dietro con 3 difensori

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
21 Settembre 2019 - 15:54

Un'altra bella dimostrazione di forza, contro un avversario che comunque ha provato a giocare (come cerca di fare anche in campionato) e poi si è sfarinato nelle sue scarse capacità difensive (già mostrate in campionato): la Roma ha battuto in scioltezza il Basaksehir arricchendo la serie di prodezze individuali e di squadra che la portano ad essere una delle squadre più prolifiche del continente. Con altri quattro gol sommati agli otto già realizzati nei primi tre turni di campionato sono già dodici le esultanze dei tifosi, a cui a puro titolo statistico si potrebbero aggiungere anche quelli segnati nelle amichevoli contro formazioni di pari livello: e dunque i tre al Lille e i due all'Athletic Bilbao e al Real Madrid.

Così il conteggio parziale sale a 19 reti (in 7 match): Dzeko il mattatore con 4, segue Kolarov con 3, Ünder, Zaniolo, Cristante e Kluivert con 2, Pellegrini, Pastore e Mkhitaryan a quota 1, oltre all'autogol di Caiçara. Nove goleador, una macchina da gol che cammin facendo sta anche cercando quei correttivi salvaequilibri che potrebbero renderla un avversario difficile per ogni squadra d'Europa.

I tempi delle "scappate"

Nell'analisi del momento della Roma, va premesso che tutte e quattro le partite ufficiali giocate sino ad oggi sono state disputate all'interno dello stadio Olimpico, né può bastare l'unico precedente tra le partite citate qui sopra dell'amichevole di Lille. Nell'impianto di casa, a parte forse la parentesi del secondo tempo contro la Lazio, la Roma ha dunque già mostrato di saperci fare.

Ma tre delle prossime quattro partite saranno fuori casa (Bologna, Lecce e Graz in coppa, mentre mercoledì arriverà all'Olimpico l'Atalanta nell'infrasettimanale di campionato). Sarà un altro modo per verificare se è stato già effettuato un salto di mentalità in grado di assorbire anche eventuali contrarietà ambientali. E anche questo può far parte di una crescita tattica.

Dove sicuramente Fonseca dovrà lavorare ancora è sui tempi delle "scappate" difensive. Nelle grafiche qui a fianco sono evidenziati nel dettaglio i rischi che una mancata sincronizzazione di reparto di un movimento può far correre nell'equilibrio di una partita. Non può, non deve bastare una palla lunga letta in ritardo a provocare un gol che può rendere assai più complicata una partita.

Fino ad oggi, ad esempio, la Roma non è mai stata in svantaggio e non sappiamo ancora quale sia la sua forza di reazione in caso di eventi contrari. Prima o poi, anche se in questi casi ci si augura molto poi (e magari mai), succederà e si verificherà la capacità di reazione. Ad oggi, amichevoli comprese, la Roma è addirittura ancora imbattuta: lo scorso anno dopo le prime quattordici partite (test precampionato compresi) era uscita sconfitta già cinque volte. Piccoli dati confortanti, ancora quasi insignificanti per la loro esiguità, ma comunque che può far piacere sottolineare.

La costruzione a tre

C'è poi il mito della nuova costruzione di gioco della Roma, come se fosse una novità apportata dall'allenatore. Semmai lo è in rapporto alle prime partite giocate dai giallorossi, quando il portoghese spingeva tanto in avanti i suoi giocatori da chiedere ad entrambi i terzini di salire fino ad affiancare lateralmente i quattro attaccanti per uno schieramento tipo 2-2-6 davvero atipico per il calcio italiano. Quando Fonseca si è reso conto - ed è avvenuto prima del derby probabilmente anche in seguito ad un colloquio intercorso con Gianluca Petrachi - ha fatto ciò che tutti i tecnici che costruiscono il gioco con la difesa a quattro chiedono ai loro giocatori, e cioè ha chiesto ai terzini di alternarsi nelle proiezioni offensive.

E se dunque, contro i turchi, spingeva Spinazzola, a Kolarov restava basso in preventiva copertura della difesa, e viceversa ovviamente. Ma non c'è mai stata una specifica richiesta da parte dell'allenatore di tenere bloccato uno dei due terzini a prescindere, tanto che, nell'azione che mostriamo come esempio nelle grafiche qui accanto, è stato Kolarov nello sviluppo offensivo a salire fin sul fondo mentre Spinazzola era rimasto a presidio della difesa.

Né in questo caso si può parlare di difesa a tre e mezzo, l'accorgimento usato per esempio da Spalletti di mettere come terzino un terzo centrale (lo faceva Rüdiger, nella Roma) che restasse sempre basso lasciando la fascia a un centrocampista in grado di scendere all'occorrenza a fare il quinto difensore. La difesa di Fonseca è rigidamente a quattro, solo che adesso i terzini spingono alternativamente.

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TatticaMente di @danielelomonaco: #RomaBasaksehir 1) Partiamo da un difetto che sembra ormai evidenziato: il ritardo della linea difensiva nella "scappata", e cioè quella corsa all'indietro dei difensori sul lancio lungo che dovrebbe assorbire lo scatto in avanti degli attaccanti. Per essere efficace questa corsa deve partire quando il portatore avversario "scopre" la palla e a una velocità che non può essere inferiore a quella dell'attaccante. Qui Kahveci riceve il pallone, la difesa è alta e correttamente posizionata 2) Quando il 17 turco "scopre" il pallone e lancia, gli attaccanti sono già proiettati in avanti (i loro piedi puntano la porta) mentre i difensori sono ancora in fase di rotazione (punte dei piedi verso la linea laterale) 3) L'effetto è che sul lancio gli attaccanti guadagnano tre metri sulla corsa e attaccano senza avversari 4) Nello specifico Jesus riesce a intercettare il passaggio di Visca a Gulbrandsen, altrimenti sarebbe stato un guaio. Ma l'automatismo da correggere resta #IlRomanista #Romaibfk #UEL #ASRoma

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Quando salta il tappo

Certo è che quando poi le condizioni diventano favorevoli, la squadra giallorossa diventa davvero incontenibile grazie alle diverse soluzioni offensive. Ce n'è davvero un'ampia gamma, con i terzini che diventano un'arma in più nell'appoggio esterno (come abbiamo appena visto, uno più basso e uno più alto e nel lato dove la spinta è maggiore l'esterno alto viene a giocare tra le linee mentre l'altro resta magari più largo), Dzeko che è contemporaneamente regista e finalizzatore, il trequartista che cuce e arriva alla conclusione, gli attaccanti esterni che giocano dentro o arrivano sul fondo, per non parlare dei calci piazzati, per cui si cercano sempre nuove soluzioni grazie alle capacità balistiche soprattutto di Kolarov e Pellegrini.

Così fino a quando non si trova il vantaggio la tenuta degli avversari e la paura di non sbilanciarsi troppo rischia di frenare la squadra. Ma quando arriva il gol diventa una festa e anche i tifosi percepiscono l'atmosfera: giovedì sera dopo il gol, anzi l'autogol, del vantaggio, è partito il nuovo coro che ha coperto anche quasi tutto l'intervallo.

I meriti individuali

E poi ci sono le interpretazioni dei singoli giocatori. Dzeko è arrivato alla sua 36ª esibizione europea e ha raggiunto la spaventosa quota di 24 gol e 13 assist, praticamente uno (tra reti e passaggi vincenti) a partita. L'altra sera, in assenza di Florenzi, ha anche giocato con la fascia al braccio (poi quando è uscito l'ha lasciata a Fazio): un orgoglio per lui, un orgoglio per i tifosi che ormai sono tutti dalla sua parte, con i tentennamenti dell'estate ormai perdonati.

Pellegrini quando è entrato si è preso la scena tra l'altro con un assist "tottiano". E poi Zaniolo, Kluivert finalmente incisivo, Fazio e persino Pastore, a un certo punto tornato a far impazzire gli avversari. Mentre Mkhitaryan restava in panchina, pronto anche lui per il campionato. Quanta abbondanza...

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