L'analisi tattica di Roma-Real: l'azione parte sempre dal piede di Pau Lopez
Se è vero che Fonseca deve ancora registrare la sua fase difensiva, Zidane ha una squadra piena di campioni eppure priva di organizzazione a qualsiasi livello
Hanno avuto entrambi un triennio d'oro, vincendo quasi tutto quello che potevano vincere con le loro squadre. Ma lo hanno fatto in maniera profondamente diversa. E il più bravo, dei due, ad insegnare calcio è anche quello meno celebrato. Parliamo di Paulo Fonseca e Zinedine Zidane, gli allenatori di Roma e Real Madrid che si sono affrontati l'altra sera all'Olimpico confermando quel che già tanti osservatori sanno: quello che fa giocare meglio la sua squadra è il portoghese, ma quello più stimato a livello mondiale è il francese soprattutto per quelle tre Champions League consecutive vinte. Eppure Fonseca, che negli ultimi tre anni a Donetsk ha vinto comunque sette titoli, resta quello che fa vedere una maggior impronta nelle squadre che allena. E se il calcio fosse come il basket, dove l'incidenza sul risultato delle azioni prodotte è quasi del 100%, la Roma avrebbe vinto la Mabel Green Cup domenica sera non ai rigori, com'è avvenuto, ma con un punteggio umiliante per i milionari madridisti.
La fase di possesso
La Roma in salsa portoghese è già uno spettacolo da ammirare quando può costruire le sue azioni dal basso. Lopez ha piede caldo e personalità tali da scegliere sempre al meglio tempi di giocata e spazi da guadagnare. Fonseca non rinuncia mai a partire da lui: e anche quando Pau fa segno di "salire" come se dovesse rinviare, in realtà è un segnale in codice che il terzino destro raccoglie, così mentre tutti risalgono, Florenzi (o Spinazzola che lo ha fatto nel secondo tempo) si abbassa all'improvviso a ricevere il pallone. Da lì l'azione scorre veloce o sugli esterni (a volte è uno dei due registi ad aprirsi in ampiezza) o in diagonale su tracce interne, o magari alzando la parabola a raggiungere Dzeko, impareggiabile regista/centravanti. Splendide le azioni disegnate grazie anche alla bravura tecnica mostrata sia negli spazi stretti sia negli allunghi da tutti gli attaccanti, da Perotti a Ünder passando per Zaniolo. La costruzione del Real è stata invece approssimativa e spesso basica, con lanci lunghi a guadagnare magari spazi improvvidamente lasciati liberi dalla Roma, a volte troppo aperta di fronte agli avversari. Il 3-4-1-2 di Zidane teneva gli esterni altissimi e spesso inutilizzati, mentre in mezzo Modric non trovava quasi mai gli spazi per giocare, e quando l'ha fatto ha mandato in porta Marcelo. Vedere poi il panciuto Hazard così mal utilizzato (soprattutto nel secondo tempo, largo a sinistra) fa sicuramente male a ogni appassionato di calcio.
La fase di non possesso
Ok, la Roma ha ancora diversi problemi da risolvere sia a difesa schierata, sia quando le giocate non sono veloci in costruzione (e le marcature preventive ancora non funzionano perfettamente), ma è anche vero che di fronte aveva il Real Madrid e una serie di giocatori che difficilmente sbagliano la rifinitura. Quel che Fonseca deve capire prima possibile è che in Italia gli allenatori studieranno a perfezione i suoi pregi ma scopriranno presto certi difetti e così la sfida col Genoa rischia di essere molto più complicata della passeggiata di domenica col Real. Ma di certo saremmo molto preoccupati se fossimo tifosi merengue per l'assoluta arrendevolezza mostrata dai blancos quando la palla l'aveva la Roma. Reparti disorganizzati, linee difensive a 3, a 4 o a 5 sempre estemporaneamente gestite, pressing portato male con clamorosi buchi lasciati liberi, Nacho esposto a una pessima figura nel duello con Cengiz, Militao ridotto a semplice comparsa, Casemiro e Valverde costretti a coprire spazi di 40 metri da soli... Chissà se il mercato porterà in dote a Zidane anche qualche soluzione a tanti guai...
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