Dentro il calcio di Paulo Fonseca: terzini alti e possesso palla
L'elevata posizione degli esterni difensivi dello Shakhtar Donetsk è il marchio di fabbrica del tecnico portoghese. La retroguardia difende a zona
I terzini. Qualsiasi studio analitico del modo di giocare dello Shakhtar parte dall'avanzatissia posizione dei due terzini nella fase di possesso palla. Sia quando gli avversari (raramente, nel campionato ucraino, più frequentemente quando i confronti sono in Europa) alzano le pressioni, sia quando invece gli avversari si abbassano fino a metà campo, i terzini prendono campo e aspettano il giro palla per attaccare in sovrapposizione sempre esterna sulle ali dell'immutabile 4231 di Paulo Fonseca, possibile, futuro allenatore della Roma.
Il suo gioco si fonda tutto sul possesso palla e i terzini sono fondamentali per lo sviluppo offensivo di ogni giocata. Si vide chiaramente anche contro la Roma, nel doppio confronto degli ottavi di Champions dell'anno scorso, soprattutto nella gara di andata. Ismaily, soprattutto, prospetto anche recentemente accostato alla Roma, terzino sinistro di gamba e di struttura, spaventò la squadra giallorossa soprattutto nella partita d'andata, dopo essere stato uno dei migliori anche nella gara di qualificazione dei gruppi che costò l'eliminazione al Napoli di Sarri.
Il terzino, una sorta di Luca Pellegrini più esperto e maturo, fu una vera spina nel fianco della Roma sia all'inizio della sfida, sia nel soffertissimo secondo tempo, quando lo Shakhtar prima pareggiò il vantaggio realizzato nel primo da Ünder e poi andò sopra nel punteggio, sfiorando proprio all'ultimo secondo il 3-1 che avrebbe complicato parecchio la qualificazione della Roma. In quel secondo tempo si vide il meglio del calcio di Fonseca, nel primo e nella gara di ritorno tutti i difetti della sua fase di non possesso.
Gli errori in difesa
In mente tornano soprattutto le incertezze dei due centrali, lenti nei movimenti di rientro verso la propria porta e disattenti nelle letture dei tagli degli avversari. Significativo il gol di Dzeko, realizzato al termine di una tipica azione della Roma dello scorso anno, con un meccanismo tattico introdotto da Spalletti e poi rifinito da Di Francesco: con la palla scaricata dall'esterno verso l'interno del campo (nello specifico da Kolarov a Strootman) e immediatamente rilanciata oltre la linea difensiva con una parabola alta e tagliata su cui Dzeko in particolare era abilissimo a prendere il tempo agli avversari.
L'atteggiamento subito molto aggressivo della Roma al primo secondo della partita contro lo Shakhtar: con la palla scaricata a De Rossi, sono partiti all'attacco le tre punte e il terzino di parte, Kolarov, mentre prudentemente i quattro giocatori ucraini più arretrati (i quattro difensori e i due mediani) si sono ulteriormente abbassati per assorbire il lancio lungo
Ma la mancata lettura dei due centrali, Ordets e Rakitskiy, è stata clamorosa, come se la giocata fosse completamente inattesa. Ma questi difetti difensivi emersero chiaramente già nel doppio confronto col Napoli nei gruppi, anche nella sfida d'andata vinta dagli ucraini a Kharkiv (dove gioca lo Shakhtar in seguito alla guerra che ha insanguinato Donetsk).
Viene dunque il sospetto che nei lavori sull'organizzazione difensiva Fonseca abbia lasciato qualcosa per strada. E se i difetti nel campionato locale sono stati mascherati dall'evidente disparità tecnica a favore della sua squadra rispettto alle (poche) concorrenti, nelle competizioni europee sono stati invece evidenziati. Basti pensare che nelle 32 partite finora giocate nella Premier League ucraina tra stagione regolare e playoff, lo Shakhtar ha subito appena 11 reti. Ma in Champions nelle sole sei gare del girone di qualificazione ne ha presi 16 (9 solo dal City di Guardiola).
Come cambia in possesso
Lo Shakhtar di Fonseca è però un'altra squadra quando può gestire il pallone. Il portoghese nato in Mozambico gioca quasi sempre col 4231 (in carriera ha usato una sola volta la difesa a tre, a novembre contro l'Hoffenheim, per risolvere un'emergenza) e punta tutto sul possesso palla e sulle verticalizzazioni centrali grazie alla qualità dei suoi quattro attaccanti: con la Roma giocarono Marlos, Taison, Bernard e Ferreyra. Tre funambolici trequartisti brasiliani e un puntiglioso centravanti argentino. Il reparto è cambiato quest'anno, altri brasiliani, un israeliano (Solomon), ma la sostanza del gioco è la stessa.
Si parte col possesso e dal giro palla dei difensori, si verticalizza a centrocampo, si sovrappongono sempre i terzini, si arriva sul fondo per il cross o si passa dal centro, sempre a velocità altissima grazie alle poderose capacità tecniche dei giocatori offensivi. Con la Roma fu così che nel secondo tempo, a poco a poco, ribaltarono una partita che nel primo tempo sembrava saldamente nelle mani della Roma, sfruttando anche un paio di indecisioni tecniche dei difensori giallorossi. Un piccolo Barcellona, che però si inceppò nella gara di ritorno. Per la prima volta da quando fu istituita la fase a gironi nella Champions League (2004-2005) la Roma terminò la partita con zero tiri nello specchio subiti. Quella sera Di Francesco fece un altro piccolo capolavoro, imbrigliando gli avversari con un atteggiamento molto aggressivo eppure prudente in fase di non possesso, e segnando nella ripresa con l'azione già descritta.
Ad inizio secondo tempo, invece, sul risultato ancora fermo sullo 0-0, lo Shakhtar ha gestito il pallone mentre tutti i giocatori della Roma cercavano di riguadagnare immediamente metri di campo, a conferma della mentalità molto aggressiva data da Di Francesco alla squadra
A zona sui calci piazzati
Nelle partite contro il Napoli e contro la Roma, la difesa dello Shakhtar andò spesso in difficoltà sui calci d'angolo avversari. Lo schieramento a zona integrale scelto da Fonseca lasciò autostrade libere per Manolas, Fazio, Dzeko e Albiol, senza che peraltro i citati giocatori riuscissero a trovare la deviazione giusta tra i pali. Ma davvero le marcature dei difensori arancioni lasciarono molto a desiderare.
E anche questo sembra un piccolo indizio su cui si dovrà lavorare intensamente, qualora sarà davvero Fonseca a sedersi sulla panchina della Roma. In un campionato tattico come quello italiano, concedere così tanto in fase di non possesso potrà essere letale.
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