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L'analisi di Athletic-Roma: brucia, ma quanti errori. E resta il mistero Koné

La formazione iniziale, Hummels, i cambi, le prestazioni individuali. La Roma esce dall’Europa con la sensazione di non aver fatto tutto il necessario

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
15 Marzo 2025 - 06:30

Quello che non sapremo mai della partita di Bilbao è come sarebbe stato se si fosse giocato in parità numerica per 95 minuti e non per gli undici a cui la sfida è stata ridotta dall’ingiustificabile sentenza di Turpin. Non sapremo mai in quale modo Ranieri avrebbe voluto affrontarla. Troppo brevi i pochi minuti giocati per giudicare il tutto anche se la Roma era rimasta sin troppo timida dopo il fischio iniziale e comunque aveva avuto l’unica occasione degna di tal nome con il colpo di testa di Cristante finito sul palo sulla punizione guadagnata al 7’. Poi l’assistente Danos aveva alzato la bandierina e reso vana l’emozione provata, ma se l’azione fosse finita in rete ci sarebbe stata la revisione del Var al microscopio che avrebbe potuto fornire anche un verdetto sorprendente visti i dubbi lasciati dalla revisione senza strumenti tecnici.

La stupidaggine di Hummels (sia il passaggio folle in orizzontale, sia la smania di recuperare all’errore con una scivolata rischiosissima) ha comunque vanificato tutto e dunque ogni discorso filosofico sulla partita che sarebbe stata non ha senso di esistere. Ha senso invece analizzare cause e responsabilità di una serata nata storta e finita peggio.

Dovbyk, Shomu, Cristante e Koné

A partire dalle scelte iniziali dell’allenatore che oltre la difesa più logica schierata all’avvio, con Rensch e Angeliño nella duplice funzione di esterni d’attacco e custodi in non possesso della prima iniziativa dei temutissimi fratelli Williams - ruolo che poi hanno dovuto svolgere per intero, da avversari dei due talenti dell’Athletic e non solo da complici dei braccetti Mancini e Ndicka -, ha preferito Cristante a Koné e Dovbyk a Shomurodov, sconfessando alcuni precetti che sembravano acquisiti alla vigilia: e cioè, la maggior utilità per un verso dell’uzbeko rispetto all’ucraino con gli spazi presumibilmente da sfruttare in avanti sul prevedibile forcing dei padroni di casa, e per l’altro del francese rispetto all’italiano considerando i ritmi imponenti che Valverde avrebbe inevitabilmente chiesto di imprimere ai suoi ragazzi.

Fino ad oggi infatti Cristante era considerato l’alternativa di Paredes e non di Koné, che invece è stato a volte in ballottaggio con Pisilli. Dunque i due avrebbero anche potuto giocare insieme. E invece non solo Koné è stato tenuto fuori dalle scelte iniziali, ma addirittura non è stato neanche fatto scaldare quando la partita è stata indirizzata dall’espulsione di Hummels e tutti hanno pensato che l’ingresso del francese fosse ormai indifferibile. Molti l’hanno pensato, Ranieri no, in qualche modo autorizzando a pensare che fosse proprio Manu il bersaglio delle parole polemiche rivolte dall’allenatore a quei giocatori che ad Empoli «avevano pensato più a se stessi che alla squadra».

Sta di fatto che Dovbyk finché è rimasto in campo ha fornito un contributo davvero impalpabile, inutile dal punto di vista tecnico, insufficiente sotto il profilo agonistico. E a centrocampo la Roma non ha retto l’impatto. Dopo l’espulsione, infatti, Ranieri non ha ripristinato la difesa a 5 (avrebbe potuto inserire Nelsson) per far abbassare troppo la squadra e ha lasciato in campo i dieci giocatori che c’erano, riducendo a 4 i difensori, con tre centrocampisti (Paredes in regia, Cristante e Baldanzi mezze ali) più Dybala e Dovbyk. Il baricentro si è comunque abbassato drasticamente con i tre centrocampisti che si sono trovati spesso ad affiancarsi agli uomini della terza linea per respingere ogni insidia dal fondo, e fino al 48’ il piano era anche riuscito.

I cambi poco comprensibili

Con Dovbyk pressocché inutile, Dybala quasi zoppicante che è sembrato aver tirato i remi in barca anche prima del previsto, e una squadra ormai in sofferenza dinamica e sotto di un gol, si pensava che all’intervallo Ranieri potesse mettere mano alla situazione, tirando fuori dal cilindro qualche coniglio a sorpresa. Intanto, ovviamente, Koné, poi magari subito Shomurudov, e poi qualcun altro, magari Soulé o Pisilli, persino Abdulhamid, sicuramente più veloce di Rensch nell’uno contro uno. E si sarebbe potuti passare anche prima al 441, visto che il pericolo maggiore si correva sempre dall’attacco dalle fasce, sguarnite dall’assenza di un secondo riferimento oltre ai terzini.

Chiaro che dirlo dopo sia più facile, ma alzi la mano chi non lo ha pensato. Ranieri invece ha ripresentato ad inizio secondo tempo la stessa squadra del primo, salvo poi far scaldare Soulé per metterlo in campo dopo soli otto minuti, sprecando dunque uno slot che avrebbe anche potuto essere prezioso in caso di risultato in bilico (e quindi dimostrando anche di non aver focalizzato pienamente tutte le esigenze sulla strada di un ancora possibile rimonta). Sconcertante poi il cambio di Baldanzi con Pisilli otto minuti dopo (nello stesso slot utilizzato per inserire Shomurudov al posto di Dybala, spento ormai dalla mezz’ora del primo tempo: che giochi almeno a tutta con il Cagliari, a questo punto, senza pensare troppo in anticipo alla possibile convocazione in Nazionale).

Come è possibile credere che in mezz’ora da giocare a cento all’ora in una partita così complicata l’ex primavera sia stato considerato più adatto di uno dei centrocampisti titolare della Nazionale francese? Ranieri non ci convincerà mai che sia stata solo una scelta tattica. E se anche fosse così ci sia concesso di dissentire. Mancherà certamente la controprova, ma la prestazione di Pisilli in ogni caso non è stata all’altezza dell’impegno (clamoroso il mancato intervento in un duello  in velocità con Berenguer, con le gambe che non hanno retto il confronto) e Koné è rimasto a scaldarsi fino a 5 minuti dalla fine, quando sono stati chiamati ad entrare gli ultimi due cambi, El Shaarawy e Saelemaekers.

Ottavo gol subito su palla inattiva

L’altro elemento di cruccio resta l’incapacità della squadra (e qui le responsabilità non sono solo dell’allenatore visto che si tratta di una costante stagionale) di difendere dignitosamente sulle palle inattive. Avevamo posto la domanda il giorno prima in conferenza stampa a Ranieri che aveva risposto in sostanza che non gli era stato possibile cambiare modalità di difesa (passando dall’uomo alla zona) per mancanza di tempo specifico. Ora, fuori dalle coppe, di tempo ce ne sarebbe e sarebbe il caso di fare qualcosa. Ormai tutte le squadre avversarie studiano il marcamento approssimativo della squadra giallorossa in area soprattutto sui calci d’angolo e con blocchi o movimenti specifici cercano di mandare a saltare l’uomo più pericoloso (o uno dei) in splendida solitudine. Impresa riuscita anche a Bilbao, per il 2-0 che ha chiuso ogni questione.

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