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Che bravo Fabregas, ma Ranieri oggi vale di più

Nella partita più complicata la squadra giallorossa ha saputo superare le avversità grazie all’applicazione di un gruppo convinto

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
04 Marzo 2025 - 07:00

Uscendo un po’ dalla metafora già stra-abusata per l’Atalanta sia pure nella rinnovata versione di Ranieri («Giocare contro il Como è come andare dal dentista, ma senza anestesia»), bisogna comunque ammettere che sotto ogni profilo, non solo tattico, la combinazione tra la sapienza di Fabregas, i finanziamenti dei ricchissimi proprietari indonesiani e la competenza di chi i giocatori li sceglie, li compra anche a buon prezzo e li fa maturare, sta portando ottimi frutti, addirittura incredibili se si paragona l’esordio del Como in serie A (una sciagurata prestazione contro la Juventus a Torino, senza né capo né coda) a quello che abbiamo visto domenica sul prato dell’Olimpico, ma anche nelle partite più recenti. Fabregas è riuscito finora nell’impresa a cui dovrebbero aspirare tutti gli allenatori: non solo creare dei robottini in grado di eseguire ogni richiesta dell’allenatore (in taluni casi, quando gli allenatori non sono realmente illuminati, si rischia di far loro dei danni), ma dei giocatori competenti e pensanti, pieni di informazioni su come si può rendere al meglio, ma anche in grado di decidere, sul momento, quale sia la scelta migliore da fare.

Questo processo di maturazione è molto più lungo, ma alla fine è il vero progetto vincente che può raggiungere un allenatore perché in questa maniera non solo garantisce una crescita netta rispetto alle potenzialità del gruppo che gli è stato affidato, ma migliora individualmente i giocatori e costruisce valore per la società. Ecco perché se Fabregas chiede a un attaccante estroso (e forse sottovalutato) come Strefezza di fare il terzino per una sera, perché la squadra potrebbe avvantaggiarsene, lui non si fa problemi, ha fiducia nel suo allenatore e apprezza i vantaggi che questa fiducia può garantire alla squadra e a se stesso.

La sorpresa a tre di Fabregas

Contro la Roma il Como ha cambiato sistema di gioco, non solo con la variante tattica del 433 che in altre partite portava gli esterni offensivi a difendere fin quasi sulla linea dei terzini, ma con una squadra strutturata proprio con tre difensori centrali e due esterni a tutta fascia, appunto Strefezza, e, dall’altra parte, Valle: «L’obiettivo - ha detto Fabregas in sala stampa - era quello di trovare spazi lì dove la Roma ne lascia maggiormente: davanti ai loro quinti e questa scelta tattica ce lo ha anche permesso». Ma ovviamente il piano non era solo quello e la Roma, in una serata non brillantissima in alcuni dei suoi interpreti, ha davvero faticato per mettere la testa avanti rispetto ai volenterosi neo promossi. Cesc nn l’ha detto ma è stata anche una scelta cautelativa, per avere adeguate contrapposizioni in campo senza troppe corse all’indietro. E ha funzionato finché si è stati in parità numerica.

Nel primo tempo, lo stallo tattico dei due schieramenti a specchio ha portato a un consequenziale stallo tecnico, con poche occasioni visti gli spazi pressoché chiusi. E questo, come vogliono i dettami più aggiornati del calcio moderno, non è possibile farlo solo difendendo sotto la traversa, ma anche non lesinando energie nelle pressioni più estreme, come hanno fatto entrambe le formazioni con coraggio. Così anche nel sostanziale equilibrio del primo tempo si è vista una partita gagliarda, ben giocata, con la sensazione che qualcosa potesse sempre accadere. Ed è successo, all’improvviso: è arrivato il gol del Como.

Mancini non è l’unico responsabile

Facile nell’occasione prendersela con Mancini, il più esposto tra gli elementi della difesa nella bella azione tutta in verticale del Como e nella sua corsa verso la porta spalle al pallone. Mancini in realtà ha solo la responsabilità di aver battezzato l’opzione offensiva in quel momento più logica, e cioè il passaggio in verticale di Perrone verso Da Cunha quando invece in un magico accordo, chissà come scattato in perfetta sincronia, nelle menti dell’avversario, l’autore del gol ha poi deviato la sua corsa in diagonale e la palla gli è arrivata proprio lì, dove Mancini non aveva immaginato. Gianluca, dunque, è il responsabile più esposto di quest’azione, ma il perché si sia trovato da solo ad opporsi a quella percussione deriva dalle scelte altrettanto sbagliate dei suoi compagni di reparto, a partire da Celik che dopo una scivolata vincente ha ulteriormente alzato la propria pressione venendo saltato facilmente oltre la linea di centrocampo, passando per Ndicka che a un certo punto, invece di scappare con Mancini, ha deciso di accorciare su Nico Paz, lasciando completamente da solo il collega di reparto, per non parlare degli esterni, visto che in certe situazioni tattiche su Soulé diventa davvero difficile contare. La sostanza è che la Roma ha subito gol vittima della sua stessa aggressività, caratteristica che però molto spesso le consente di sfruttare a proprio vantaggio le altre circostanze.

I meriti di Ranieri

Ad esempio, si può pensare che qualcosa non abbia funzionato dal punto di vista difensivo per il Como nell’azione del pareggio della Roma, fatta tutta in velocità, uno scambio rapido e sapiente nella zona destra del campo, in un duetto ben riuscito tra Celik e Saelemaekers con il tocco divino di Dybala che ha reso letale un’azione che fino a quel momento era solo promettente. Uscire così in verticale dalle pressioni offensive fa rischiare qualcosa, ma garantisce anche bei vantaggi quando l’uscita riesce bene. Chiedere al Como. All’università del calcio, perché tale si può considerare oggi dal punto di vista tattico la serie A, si è appena aggiunto un altro docente di grandissima qualità, Cesc Fabregas, e il calcio italiano non può che esserne orgoglioso. Riconosciuto tutto l’onore possibile ai meriti del Como e del suo allenatore, bisogna però rendere omaggio anche all’altissimo livello raggiunto dalla Roma di Claudio Ranieri, sotto ogni profilo, anche se nella partita specifica, come già più volte sottolineato, la sopraggiunta superiorità numerica ha indubbiamente facilitato il compito.

Si vede, però, che oggi la squadra giallorossa è un gruppo di giocatori che non mollano la presa di un centimetro, che credono in quello che stanno facendo, che si affidano dal punto di vista tattico alle lezioni di zio Claudio anche se non sono particolarmente sofisticate perché ne riconoscono la semplicità e, di conseguenza, l’efficacia. Difficile leggere il futuro e capire che cosa potrà accadere da qui a fine maggio, ma se cercavamo un modo per rendere attraente un finale di stagione con quel prologo così deprimente, bisogna che riconoscere che Ranieri ha trovato il migliore in assoluto. Prossimo esame, il fortissimo Athletic club di Valverde, un altro allenatore che non ama troppo i fronzoli (lo dimostra il fatto che non cerca vantaggi dalla costruzione dal basso e che se può chiede al suo portiere di rinviare sempre lungo). Non sarà facile, ma oggi la Roma è in grado di passare il turno.

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