La difesa a 4 è lontana, a Oporto il crash-test
Anche contro Di Francesco il sistema a tre difensori. Il Porto in casa in tutta la stagione ha perso solo una partita (proprio in Europa)
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(GETTY IMAGES)
C’è chi la vuole cruda, c’è chi la vuole cotta, ma la Roma è questa qui, prendere o lasciare. La puoi vedere in senso più strettamente positivo: questa squadra non perde in campionato da otto giornate, ha fatto cinque vittorie e tre pareggi in questo percorso, viene da due vittorie consecutive in trasferta ed ha quindi messo un bel freno a quella brutta abitudine di scivolare all’indietro percorrendo la strada in salita, ogni volta che si esce dal raccordo anulare. In più è diventato difficile farle gol (sei gol incassati in queste otto, diciassette nelle precedenti otto). E la gestione dei vantaggi non risulta particolarmente complicata. Però qualche voce dissonante si alza ancora qua e là: in fin dei conti, dice la vocina, hai battuto l’Udinese e il Venezia (l’Udinese che poi ha pareggiato a Napoli, bisognerebbe rispondere subito) e nell’occasione che più contava, quella da dentro o fuori in Coppa Italia, hai perso male. In più, per segnare hai avuto bisogno in queste due trasferte di tre calci di rigore, altrimenti stavi ancora lì a cercare varchi che non riesci a trovare. E poi, per vincere, hai sempre bisogno di Dybala che vuole giocare - e lo fa - anche quando l’allenatore vorrebbe dargli un turno di riposo. Tutto vero, insomma, ecco perché la Roma, dicevamo all’inizio, è questa qua. Con i suoi pregi e i suoi difetti, purtroppo ingigantiti dall’ottusità delle scelte suicide che hanno gettato alle ortiche quello che di buono si stava seminando con il progetto tecnico di De Rossi ad inizio stagione. Ma bisogna guardare avanti e allora proviamo a farlo sapendo che il presente e l’immediato futuro è rappresentato da una squadra che dà il meglio di sé con un sistema di gioco ormai consolidato (il 3421), che vivrà sempre di qualche scompenso e che dovrà cercare qui e lì gli exploit che potranno accompagnare la squadra fino a fine stagione, senza sconfinare in quella mediocrità, a cui a un certo punto sembravamo destinati. La prima certezza, insomma, ci sembra proprio il modulo e, probabilmente, proprio la sconfitta di Milano, quella che aveva riattizzato una serie di polemiche tecnico-tattiche, ha reso plastica.
Addio alla difesa a 4?
Probabilmente Ranieri non lo dirà mai esplicitamente anche perché, a riguardo, quando gli è stato chiesto direttamente, ha sempre detto che non avrà mai un sistema di gioco fisso valido per tutte le occasioni. Eppure siamo convinti che la prestazione di Milano e soprattutto quelle incertezze che hanno portato nel secondo tempo al terzo gol, sommate, magari alle considerazioni che si possono fare (e che Mancini ha fatto) dopo il gol preso con il Napoli (con l’inserimento letale di Spinazzola senza alcuna opposizione) possono portare a rinforzare la convinzione che difficilmente almeno contro squadre di pari o superiore livello la Roma potrà rinunciare a difendere con tre difensori centrali. Se, del resto, erano arrivati alle stesse convinzioni anche De Rossi, Mourinho e prima ancora Fonseca (per tacer di Juric che in carriera non ha mai fatto altro) un motivo deve esserci. Sarà semplicemente pigrizia mentale, sarà opportunità tattica, sarà per caratteristiche individuali o perché è inevitabile che con un difensore in meno ci si mostri più fragili soprattutto quando non c’è una rigida organizzazione difensiva, in ogni caso il vestito in cui la Roma si sente più comoda resta questo. Altrimenti contro la squadra con il Monza più debole del campionato e senza Hummels, mandato in vacanza per un giorno, Ranieri avrebbe anche potuto scegliere di riprovare lo schieramento a quattro. E invece niente, anche contro Fila e Yeboah - non esattamente Vinicius e Mbappé - ha scelto di giocare con un terzo centrale e due terzini, con due combattenti come Cristante e Gourna-Douath a centrocampo e il tridente stavolta composto da Dybala, El Shaarawy e Dovbyk. Risultato? La Roma ha sofferto pochissimo, non ha concesso niente e l’unica infilata degna di tal nome è stata risolta con malizia da Mancini e con una provvidenziale uscita di Svilar nel secondo tempo. Poco conta che Hummels abbia sempre giocato a quattro nella sua carriera nel Borussia Dortmund e nella nazionale tedesca e che anche Nelsson e Rensch vengano da una cultura in cui la difesa a tre viene considerata ancora un’eresia. Sembra chiaro a tutti che ormai la Roma andrà avanti così anche perché l’orrore di quel terzo gol subito a San Siro con i quattro difensori schierati su quattro linee differenti non è certo passato inosservato tra gli analisti del tecnico di Testaccio. Ora ci sarà da capire come affrontare il Porto.
Porto con il 3421
La squadra portoghese è allenata da un paio di settimane da un giovanissimo allenatore, l’argentino Martìn Anselmi, 39enne che per non farsi sfuggire l’opportunità di entrare nel calcio europeo che conta ha rescisso il contratto che lo legava ai messicani del Cruz Azul. Chiusa l’esperienza con l’attuale allenatore del Milan Conceicao, il neo presidente Villas Boas (ex tecnico fermato da due tumori, combattuti e vinti) ha prima promosso il vice di Conceicao, Vitor Bruno, per poi esonerarlo proprio a vantaggio di Anselmi. Tatticamente, la squadra è passata dal 442 di Conceicao (poi riproposto da Bruno in varie altre forme) a un 3421 molto simile a quello interpretato dalla Roma. Logico pensare quindi che Ranieri non proporrà variazioni sul tema e rimetterà al centro dello schieramento Hummels in difesa e Paredes a centrocampo, con Dybala sulla trequarti e un solo attaccante davanti (Dovbyk, ma non va escluso l’utilizzo di Shomurodov). Il Porto è terzo in campionato (quattro sconfitte finora, ma un rendimento quasi impeccabile in casa, con nove vittorie e due pareggi) e in Europa nella fase campionato ha fatto un punto in meno della Roma (11 contro 12), vincendo con Hoffenheim, Midtjylland e Maccabi Tel Aviv e perdendo fuori casa con Bodø Glimt e Lazio e in casa con l’Olimpiacos, peraltro unica squadra quest’anno in grado di vincere al do Dragao (sconfitta che in pratica è costata l’esonero a Vitor Bruno). Insomma, non sono certo nell’annata più brillante, ma restano una squadra ostica e fortissima in casa. Un bel crash test per la Roma che sta risalendo qualche posizione. Al centro dell’attacco poi c’è Omorodion, un attaccante classe 2004 che ai tempi di De Rossi sembrava essere una prima scelta per l’attacco. Per motivi personali lui ora preferisce il cognome della mamma, Agehova. Comunque, un avversario difficile.
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