Ranieri ha sempre ragione, ora il coraggio fuori casa
Grande la risposta dal gruppo contro la capolista della Serie A. Il calendario obbliga a una svolta: bisogna portarsi dietro l’effetto Olimpico
Ogni partita di calcio, soprattutto quelle che terminano in parità, si presta a diverse interpretazioni ed è persino logico che quando a commentarla sono quelli che in qualche modo ne hanno fatto parte l’influenza del punto di vista sia determinante del giudizio finale, così può capitare che Mancini nel commentare Roma-Napoli esageri in un verso, e cioè nel sostenere che la Roma non abbia mai sofferto, e Conte nell’altro, quando arriva a sostenere che il giocatore della Roma ha visto un’altra partita. No, la partita è la stessa e, come al solito, per poterne decifrare tutti gli aspetti e ricavarne un giudizio che sia il più possibile oggettivo, non ci si può sottrarre a una prassi che raccomandiamo sempre: la visione live direttamente allo stadio, successivamente la “revisione” televisiva e infine il supporto dei dati. Da questa combinazione quasi sempre si riesce ad avere un’idea più chiara di quello che è avvenuto e nello specifico della partita di domenica sera non si può che arrivare alla conclusione che il risultato di Roma-Napoli sia stato il più aderente a ciò che si è visto in campo. Le due squadre si sono divise equamente gli spazi nei due tempi di gioco (molto meglio il Napoli nel dominio territoriale e nel possesso palla, come testimoniano anche i dati del baricentro, decisamente più efficace la Roma nella ripresa, e lo attestano ancora i numeri completamente ribaltati rispetto al primo, a prescindere dal suggello della rete finale di Angeliño). Mettendo poi sul piatto della bilancia altri disparati elementi (ad esempio il fatto che il Napoli non abbia il sovraffaticamento delle coppe, o la scelta di Ranieri di schierare una formazione inedita e uno schieramento tattico poco usuale, indubbiamente il fattore campo, ma anche la casualità dei momenti in cui si va in vantaggio o svantaggio) si possono acquisire argomenti a favore di una tesi o dell’altra, ma che alla fine tendono ancora una volta a riequilibrare pregi e difetti, meriti e demeriti.
I meriti del Napoli
Entrando nello specifico sulle questioni romaniste, il pareggio interrompe una serie consecutiva di vittorie all’Olimpico che durava da sette partite ma è stato poi festeggiato come se invece fosse arrivata l’ottava vittoria. Conte ha eccepito anche su questo, per richiamare altri meriti verso la sua squadra, ma è sembrato un eccesso rispetto all’eleganza che un tecnico dovrebbe osservare nelle dichiarazioni a caldo. Sì, la Roma ha festeggiato non perché si senta particolarmente inferiore al Napoli - anche se i punti in classifica non sono stati certo distribuiti casualmente - ma perché era convinta di aver ormai perso la gara oltre meriti e demeriti. E il fatto di averla scampata ha fatto sicuramente felici giocatori, allenatori e tifosi. Non si fa alcuna fatica a dire che nel primo tempo il Napoli si è dimostrato più squadra, ha attaccato di più e con maggior consapevolezza, ha messo in campo tutte quelle informazioni che Conte attraverso le sue ossessive esercitazioni sul campo è in grado di trasmettere con riconosciuta efficacia alle sue squadre e se il primo tempo è terminato con il vantaggio degli azzurri, nonostante il dato degli expected goal fosse misero per entrambe le squadre e in assoluta parità (0,22), è sembrato un giusto riconoscimento per la compattezza dimostrata dagli azzurri. In particolare, hanno colpito le diverse variazioni nella proposta offensiva, grazie a rotazioni continue ed evidentemente ormai metabolizzate che portano i centrocampisti ad inserirsi attraverso le combinazioni delle catene laterali, i terzini ad andare dentro al campo (il gol di Spinazzola in questo senso non è affatto casuale ), gli esterni offensivi a tagliare il campo dentro o ad andare sul fondo a seconda di quello che richiede la necessità, le combinazioni tecniche strette tra attaccanti e centrocampisti che hanno portato non casualmente più volte McTominay a calciare da dentro l’area in maniera pericolosa.
La timidezza della Roma
Conte dà però l’impressione di non credere fino in fondo alla tenuta e al vestito offensivo della sua squadra quando nella ripresa chiede come già accaduto altre volte di abbassare il baricentro e pensare soprattutto a non prendere gol. C’è un dato che indubbiamente confortava la strategia: nelle 14 precedenti esperienze in cui il Napoli era andato in vantaggio, per ben 13 volte aveva ottenuto alla fine la vittoria e in un caso aveva pareggiato. Da domenica sono due. Morale: il Napoli di Conte, quando esprime gioco offensivo, è una bella macchina da guerra anche se piuttosto limitato nelle scelte, almeno in alcuni reparti. Quanto alla Roma resta evidente soprattutto una problematica: il cammino casalingo, grazie all’apporto ormai quasi fisico del pubblico, è da big del calcio continentale. Dove la Roma deve molto migliorare nell’interpretazione tattica delle partite è quando esce dall’Olimpico e non può essere solo una questione legata alla famosa torta della nonna e al conforto - più estensivamente - che i giocatori sentono quando restano tra le mura amiche. Spinazzola e Lukaku, ora che li allena Conte, sono gli stessi giocatori che l’anno scorso magari si impaurivano in trasferta con Mourinho. È logico che c’è qualcosa di diverso, allora, se con Conte non hanno lo stesso atteggiamento. Probabilmente è solo una questione di conoscenze tattiche che gli allenatori hanno il dovere di impartire, ma ovviamente hanno bisogno di tempo per poterlo fare. Ranieri ne ha avuto pochissimo fino a oggi e questo è un limite che non dipende da lui, ma da circostanze oggettive. Ora, però, è il momento di cambiare atteggiamento.Nelle prossime quattro partite, la Roma sarà chiamata a mantenere la propria presenza nelle tre competizioni giocando altrettante gare in trasferta contro Milan, Venezia, Porto e Parma, in undici giorni. Si avrà la possibilità di mantenere il posto in Coppa Italia e in Europa League e si dovrà necessariamente accorciare la distanza con chi precede in classifica dopo il disastroso inizio di stagione. Questo è il momento della svolta ed è bene che Ranieri lo chiarisca ai suoi giocatori. La risposta del gruppo, tra Roma A e Roma B, è stata grande. E la difesa a 4 potrebbe essere quello stimolo tattico in più utile a liberare le potenzialità a volte represse di alcuni giocatori. Il Milan è un invito a farlo: non a caso la partita più bella di De Rossi, il suo capolavoro tattico, è stato forse la gara d’andata nei quarti di Europa League dello scorso anno con un 442 che ha bloccato ogni iniziativa dei rossoneri di Pioli. Non è cambiato molto da allora. Resta sempre l’incognita legata a Paulo Dybala. Nel 433 non gli si può chiedere di correre dietro ai terzini ed è bene dunque che giochi accanto a Dovbyk, dovendosi occupare in fase di non possesso al massimo di un centrale avversari. Per questo è consigliabile giocare con il 352 o con un più razionale 442. E mancando Mancini la strada sembra obbligata. A meno che Ranieri non se ne inventi un’altra delle sue.
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