L'analisi di Roma-Braga: Ranieri, quello zio rassicurante con il cappotto addosso
Sin dal primo allenamento il tecnico giallorosso ha lavorato sugli aspetti psicologici: ma oggi la sua squadra gioca anche molto bene
Non esiste un segreto, ha detto Ranieri al termine della partita con il Braga, nelle interviste televisive. E forse il suo segreto è sempre stato quello di non avere segreti, di non avere la ricetta della formula magica per trasformare brocchi in fuoriclasse, per spiegare agli altri il calcio e la vita, per studiare la notte varianti tattiche che possano stupire il mondo. Ranieri fa senza proclami, con i suoi modi apparentemente principeschi («ma non mi avete mai visto quando mi arrabbio in uno spogliatoio», ripete ogni tanto), con il buon senso dell’educatore, del padre di famiglia, bonario e accogliente che nei giorni in cui tutto sembra andare storto rassicura tutti con la sua semplice presenza. Un po’ come nel giorno del suo primo allenamento. Stordito dal viaggio-lampo a Londra, Ranieri è piombato a Trigoria, mentre ancora gli avvocati discutevano sulle carte, il tempo di presentarsi ad uscieri ed impiegati che ancora non lo avessero conosciuto e via subito in campo, senza neanche mettere la tuta, col cappotto nero addosso, lo stesso di Londra. È bastato il suo sguardo sereno per abbassare all’improvviso la temperatura di un ambiente bollente, senza troppe esercitazioni sofisticate. E quel giorno è cominciata, con il cappotto delle trattative, la sua rivoluzione silenziosa, decisiva negli aspetti psicologici, ma poi fondamentale anche in quelli più prettamente calcistici.
La filosofia oltre il sistema
Probabilmente non sapeva neanche lui come avrebbe fatto giocare la Roma, è già nella prima partita è passato dalla difesa a quattro a quella a cinque, all’intervallo della sfida col Napoli. Non lo convincevano le chiusure sull’ampiezza davanti alla porta, in un attimo ha cambiato ed ha trovato l’assetto giusto. E mentre tutti criticavano l’atteggiamento troppo attendista, convinti che a provocarlo fosse stata la sua cautela tattica, lui si arrabbiava con i giocatori per lo stesso motivo: «Io non ho chiesto di difendere bassi, ho chiesto di difendere ordinati, semmai, e comunque ribattere colpo su colpo: un’azione loro, un’azione noi. Non l’abbiamo fatto e questo mi ha fatto arrabbiare»). Non erano parole di circostanza, a Londra si è vista subito un’altra Roma, dopo che il tecnico ha catechizzato i giocatori prima di scendere in campo uno per uno. Lì è nata forse la sua Roma. Lì ha scelto di affidarsi ai senatori, ma non si intenda in questo senso quelli che lo conoscevano meglio o che da più tempo stavano alla Roma. Oggi si può dire che non guardando in faccia nessuno, Ranieri non abbia neanche preclusioni nei confronti di nessuno. La svolta della Roma è stato l’inserimento di Hummels in difesa, di Paredes in mezzo al campo, al fianco di Koné, e di Dybala, che ora non sembra più lui a dover decidere in autonomia quali partite e quanti minuti giocare. Ma questo non significa che abbia preferito un giocatore ad un altro, gli stranieri agli italiani, un capitano rispetto a un altro. Si è affidato agli uomini, ha chiesto loro aiuto, come ha raccontato l’altra sera in televisione con tratti di apprezzabile sincerità, pronto a restituirgliene ove ci fosse stato bisogno.
Una squadra proattiva
In questa Roma, che poche volte è stata squadra quest’anno dopo tutte le disavventure, cominciate con la fantasiosa cacciata di De Rossi, aveva bisogno di aiuto sia a livello generale sia individuale. E l’aiuto è arrivato, messo le giuste scelte tecniche e, perché no, tattiche. Sì, perché zio Claudio (zio è la giusta misura: nonno ci sembra quasi offensivo, papà troppo confidenziale) tra una scelta di buon senso e l’altra, ha regalato ai tifosi una versione di Roma tatticamente evoluta, magari semplicemente trovando la quadra con i giocatori giusti, ma comunque ponderata, e conseguentemente efficace, proattiva, offensiva. Contro avversari di qualità, addirittura superiore e sicuramente più in condizione, la Roma ha retto botta, ha avuto le sue chances per vincere e ha rischiato di perdere, e lo ha fatto anche dando, in ogni caso, una confortevole sensazione di maggior centratura rispetto al recentissimo passato. e quando il calendario le ha messo di fronte due avversarie di valore indubitabilmente inferiore sono arrivate le prestazioni sfavillanti, il baricentro, si è alzato, le occasioni fioccate.
La forza dei singoli
I numeri messi insieme tra Lecce e Braga sono impressionanti. E conta relativamente il fatto che siano stati collezionati contro squadre di modesta levatura. Il Lecce aveva appena fermato la Juventus, il Braga in cinque precedenti partite di Europa League ne aveva vinte due e pareggiata una. Il fatto è che, come andiamo dicendo da quest’estate, il potenziale della rosa è tale da autorizzare ambizioni di primissimo livello. Peccato che a non capirlo siano stati i consiglieri di Topolinia che hanno indotto il presidente Friedkin a prendere la decisione che ha rischiato di far buttare a mare tutta la stagione e una buona parte dell’immediato futuro. Ma ora bisogna guardare avanti e Ranieri sta azzeccando le mosse che possono garantire proprio un presente migliore e un avvenire roseo. Come? Intanto, tatticamente ha trovato la formula giusta, dando fiducia a dispetto delle apparenze e dei numeri freddi relativi alla condizione atletica, a gente di spessore come Hummels e Paredes, ha messo al centro del progetto un fuoriclasse come Koné, ha trovato alternative sulle fasce a giocatori che avevano solo bisogno di riposare (da una parte, Angeliño) o di non sentire tutto il peso della titolarità (dall’altra, Celik), ha rassicurato Dybala, ha impiantato Saelemaekers, ha rinvigorito Pisilli, e ora potrebbe addirittura riuscire nel capolavoro di rilanciare Lorenzo Pellegrini. Il tutto all’interno di un impianto di gioco che parte dal presupposto di non dover mai abbassare la testa nei confronti di nessuno, di attaccare con convinzione, di togliere certezze agli avversari. Non si è inventato niente, per ora, sulle palle inattive o sugli schemi offensivi. Ma ha messo insieme tutti gli ingredienti affinché il potenziale dei giocatori potesse esprimersi a seconda delle attitudini. Ora gli serviva un po’ di velocità ed è questa l’attitudine di Saud che maggiormente lo aveva colpito negli allenamenti: «Mi raccomando ragazzi, servitelo bene. Questo va come un treno», queste sono state infatti le parole con cui ha accolto in prima squadra il terzino arabo nel momento in cui l’infortunio di Celik lo ha costretto a rimuovere le perplessità che derivavano dalla scarsa conoscenza del ragazzo. Insomma, non c’è certo da esaltarsi per due vittorie contro Lecce e Braga, su questo siamo d’accordo tutti. Ma di motivi confortanti per guardare con fiducia all’immediato futuro (Como, Sampdoria in Coppa Italia, Parma) ce ne sono a sufficienza.
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