L'analisi tattica di Inter-Roma: in difesa del buon senso
Gli uomini di Ranieri ci provano finché reggono le forze, ma poi linee basse e 451, a sperare nel contropiede: così arriva un altro punto per puntare la Champions
Chi è soddisfatto per il risultato e per le occasioni che la Roma a Milano ha comunque saputo costruire, fa bene ad esserlo e rileva (o addirittura rivendica, non senza ragione) le cose buone che Ranieri è stato in grado di garantire col suo lavoro improntato al più assoluto buon senso.
Guardando da un altro punto di vista, la squadra giallorossa ha lasciato già nel primo tempo che l'Inter prendesse l'iniziativa, senza comunque mai rinunciare a mostrare anche un corretto atteggiamento offensivo in ogni transizione, per poi consegnarsi però completamente agli avversari nel secondo tempo, con la conseguenza che il risultato finale si possa considerare quasi casuale: basti vedere il dato crudo degli expected goals, 1,73 a 0,5, significativa testimonianza del gran numero di occasioni create dall'Inter. I tiri verso la porta sono stati 21 a 9 (ma nello specchio 5 a 5); il numero dei palloni toccati è stato quasi del doppio per i nerazzurri, 855 a 440; il numero dei passaggi addirittura superiore al doppio, 679 a 267; il possesso attestato al 72% contro il 28%; una qualità di palleggio decisamente migliore (89% dei passaggi completati contro il 72%); un baricentro decisamente più alto (57,5 metri contro 41,7); addirittura 27 cross contro 7; con, ovviamente, maggior tendenza romanista ad alzare i palloni (66 lanci per i "grigi" contro 34 dei nerazzurri).
Sono numeri che solitamente fotografano una sfida tra una grande squadra e una provinciale, ma che, va ribadito e sottolineato sempre, sono invece più che giustificati per l'obiettivo che Ranieri si è posto quando ha rilevato la squadra da Di Francesco.
La vena offensiva
Noi restiamo convinti che il tecnico testaccino abbia provato anche ad assecondare la mentalità decisamente offensiva di una squadra costruita per attaccare, con terzini pronti a spingere sulla fascia, centrocampisti d'assalto, esterni molto offensivi più Dzeko, a Milano per un tempo strepitoso per capacità di controllo del pallone sulle pressioni dei difensori e per far diventare letali le transizioni romaniste (vedi il gol, raccontato a parte), ma poi vistosamente in calo e troppo isolato in attacco.
Così Ranieri non ha paura di chiedere alla sua squadra di accorciare anche in avanti quando le circostanze lo permettono, e infatti nel primo tempo si è vista anche una buona pressione offensiva, con i difensori ben piantati sulla linea di metà campo, per un 4231 che diventava inevitabilmente 442 difensivo con Dzeko e Pellegrini sui centrali avversari, con gli esterni pronti non solo a difendere sui terzini, ma a volte anche a raddoppiare sugli esterni offensivi di Spalletti, Perisic e Politano. Ma poi qualcosa è cambiato.
La scelta difensiva
È successo che intorno alla mezz'ora del primo tempo Ranieri abbia chiesto a Pellegrini di abbassarsi a formare un 451 difensivo, teorico 433. A fine partita abbiamo chiesto al tecnico la sua motivazione, questa è stata la risposta: «Lorenzo è un generoso, vedevo che andava a chiudere a destra e a sinistra, rischiando di stancarsi troppo. Allora ho pensato di limitargli il raggio d'azione chiedendogli di restare sul centrosinistra, passando al 433». Se questo era l'obiettivo, l'effetto poi non è stato positivo. Come ha ammesso lo stesso Ranieri, la conseguenza è stata che la squadra si è abbassata troppo, interpretando in maniera eccessivamente difensiva la sua correzione.
Questo è accaduto già nel primo tempo (non solo per caso l'Inter ha creato tre occasioni da rete negli ultimi minuti del primo tempo, quasi sempre andando a cercare la parità numerica in area con l'inserimento di Vecino, a quel punto più avanzato perché quasi libero dall'impegno di contenere Pellegrini), ma nel secondo è diventato talmente evidente da far sembrare la scelta giallorossa quasi una resa. Solo il gol (arrivato, come vediamo nella pagina a fianco, con le stesse modalità appena descritte, evidentemente ben studiate da Spalletti, finissimo stratega tattico) ha un po' placato la fame dell'Inter, e alla fine, in una delle sempre più rare ripartenze romaniste, Kolarov ha rischiato persino di trovare il varco giusto, calciando in caduta per effetto della spintarella di Keita. Ma non è in questa sede che analizziamo le questioni arbitrali.
Due sole sostituzioni
Spalletti ha cercato poi anche di vincere la partita, inserendo prima Icardi, poi Joao Mario e nel finale anche Keita, provando a forzare la sua squadra ad appoggiarsi sulla destra, dove la freschezza e la velocità dell'ex laziale avrebbero potuto dar dei vantaggi nei duelli uno contro uno con Kolarov, presumibilmente più stanco: «E invece i miei sono andati più ad attaccare a sinistra», ha detto il tecnico alla fine sconsolato. Aveva in ogni caso funzionato la sua scelta di riempire l'area con i due giocatori più offensivi, un centrocampista in inserimento e l'esterno opposto sui cross dall'esterno di terzino o attaccante laterale: in due occasioni ha sfiorato il gol (bravo Florenzi a disturbare Lautaro all'8' del primo tempo, e ad anticipare Perisic all'8' del secondo), alla terza ha segnato, come spieghiamo a parte.
Per la prima volta da quando siede sulla panchina della Roma, invece, Ranieri ha rinunciato a un cambio (Di Francesco aveva fatto due sole sostuzioni solo contro il Genoa), inserendo all'intervallo lo svagato Zaniolo al posto dell'inconcludente Ünder (perdendo qualcosa quanto a strappi e rapidità in transizione) e a dieci minuti dalla fine Kluivert per Pellegrini, per riavere un po' di passo nelle ripartenze. Pellegrini ad inizio ripresa e Kolarov hanno avuto le loro occasioni, ma sono apparse abbastanza casuali.
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