Come ti distruggo tutto in diciassette secondi: l’analisi di Fiorentina-Roma
Otto minuti promettenti e alla prima azione corale degli avversari il crollo: ecco perché oggi la squadra non risponde più a Juric
Così l’insospettabile (in quanto non tifoso) telecronista di Dazn Edoardo Testoni al minuto 9,30 di Fiorentina-Roma, ovvero pochi secondi dopo il gol con cui Moise Kean aveva sbloccato il risultato: «Va detto che la partita la stava facendo la Roma, prima che segnasse Kean». È vero, magari nella nostra testa è stata una lunghissima e inguardabile prestazione quella della Roma al Franchi, dal 1’ al 90’ minuto. E invece non è così. Perché per i primi 8 minuti la Roma aveva dato almeno un paio di volte l’impressione di poter mettere in difficoltà gli avversari. 8 minuti, ovviamente, non sono niente in una partita, ma la Roma era partita con i sentimenti giusti. Poi, alla PRIMA transizione ponderata, i ragazzi di Palladino hanno messo in pratica ciò per cui si erano evidentemente preparati negli allenamenti della vigilia. E cioè uscire dalle marcature con corse in diagonale, scambiare il pallone velocemente, affidarsi ai due contro due per liberarsi dalle pressioni magari non stringenti, e poi vincere i duelli individuali. Detto, fatto: Adli ha portato un po’ a spasso Pisilli, in diagonale l’ha offerto a Dodò che tenendo a bada Angeliño di prima lo ha girato a metà campo dove non c’era nessuno, ma Bove è arrivato prima di Mancini (staccato di un paio di metri) e l’ha girata a Kean (staccato di un paio di metri dalla marcatura di Ndicka) che di tacco ha lasciato la palla lì per Beltran che nel frattempo era sfilato alle spalle di Cristante (attirato dal pallone invece di marcare l’avversario: ecco la prima cosa che ha fatto arrabbiare Juric che poi l’ha sostituito al 32’), che poi a sua volta ha ridato il pallone a Kean che ha solo dovuto spostare il pallone sul sinistro e tirare in diagonale. Se ne potrebbero ricavare cinque o sei slides da mostrare a Coverciano: come ti ammazzo una squadra gasperiniana in diciassette secondi. Perché poi se non credi a quello che stai facendo, diventa inevitabile che da questa azione ne derivi una partita come quella a cui purtroppo hanno assistito tanti romanisti.
Firenze ha messo a nudo la realtà
Dice: ma così giustifichi i calciatori? Per carità, questo è un gruppo che andrebbe rifondato e non a caso questa estate si era partiti da un progetto con De Rossi che avrebbe dovuto rivoluzionare la squadra in due o tre sessioni di mercato. Già questa estate ne erano stati cambiati dodici e il lavoro sarebbe (sarà?) proseguito il prossimo gennaio. E invece i geni di Topolinia che hanno organizzato il dossier dei numeri contro De Rossi hanno buttato tutto nel cesso (cit.) affidando la squadra ad un ottimo professionista come Juric che agli occhi dei sopracitati geni aveva soprattutto un grande merito, quello di somigliare in qualche modo a Gasperini essendone l’allievo prediletto (uno dei pochi, peraltro, a resistere): Gasp che qualche settimana prima aveva distrutto con le sue marcature a uomo (come se fosse stato solo quello il motivo) il Bayer Leverkusen che invece era apparso avversario insostenibile per la Roma. La fiera dell’approssimazione, dunque, che ha finito per mettere la squadra giallorossa, costruita già male per le esigenze di De Rossi, nelle mani di Juric che giustamente vuole adesso plasmarla a modo suo. E così si è scatenato adesso il cortocircuito che ha bruciato tutto. È bastata una partita per capirlo? No, sono bastati diciassette secondi. Perché se una squadra non è convinta del percorso che sta facendo diventa assai difficile ottenere risultati. E se poi a questa squadra viene richiesto pure di giocare in una maniera decisamente particolare inseguendo una libellula in un prato e non facendo quel che erano tutti abituati a fare, quello nel quale avevano fortemente creduto, diventa praticamente impossibile pensare di poterne uscire fuori vivi. Era chiaro a tutti, ma bisognava aspettare la sconfitta eclatante per capirlo. Ecco, è arrivata.
Col Toro con quale credibilità?
L’ultima di Topolinia è che vorrebbero continuare la stagione sotto la guida tecnica di Juric. Ognuno creda a questa indicazione fatta trapelare ieri da Trigoria secondo il grado di credibilità maturato da questa proprietà. Non ci stupiremmo, per quanto ci riguarda, se oggi arrivassero altre notizie. Per ora, stando a queste informazioni, giovedì proprio contro il suo Torino, contro dunque i giocatori che meglio conoscono la sua filosofia, Juric ripresenterà la Roma probabilmente nella stessa irreprensibile veste sfoggiata a Firenze, davanti a un pubblico inevitabilmente irrequieto, col fantasma di un altro possibile passo falso a complicare ulteriormente un cammino in campionato già così tormentato e con una squadra decisamente poco convinta, guarda caso da quando l’allenatore nel suo cambio di strategia comunicativa ha rimproverato ai giocatori di non essere delle bestie e di non avere la mentalità vincente. Come si può pensare che cambi qualcosa in tre giorni? Contro la Fiorentina Juric aveva “ordinato” queste marcature: Dovbyk su Comuzzo, Dybala su Ranieri, Celik su Gosens, Mancini su Bove, Cristante su Beltran (sic), Ndicka su Kean, Hermoso su Colpani, Pisilli su Adli, Pellegrini su Cataldi, Angeliño su Dodo. Nell’altra azione dei viola in verticale dopo il gol del vantaggio (e prima del raddoppio), la transizione ha fatto in modo che tutti i romanisti fossero in ritardo sui rispettivi obiettivi, così di scalatura in scalatura (tutte ritardate) si è arrivati alla deviazione sottoporta di Kean marcato da Mancini (finita a lato). Stessa cosa nell’azione che ha portato al rigore, con Mancini che poi si perde ancora Kean pronto a rimproverare i compagni per le marcature lente: poi Celik recupererà il pallone, ma allungandoselo entrerà in contatto con Bove: falloso a velocità normale, regolamentare a riguardarlo al microscopio, col tocco del pallone in chiara evidenza. Ma se la Roma non ha forza nelle gambe, mentalità vincente e convinzione tattica, men che meno ha spessore societario. Nel dubbio, quindi, non c’è alcun problema: e l’errore di Firenze si somma agli altri, che contribuiscono a fare oggi la squadra giallorossa la più penalizzata dalle decisioni arbitrali. Sul 2-0 la partita è sembrata finita prima ancora di cominciare. E due minuti dopo il 2-1 è arrivato il 3-1 a scavare il nuovo irrimediabile solco, con un’azione ancora macchiata da un contatto su cui Sozza non è intervenuto (a ragione, stavolta) e con Mancini fermo a protestare invece di correre dietro a Bove, che in cavalcata solitaria è andato sul fondo e ha crossato basso per Kean, per il più facile dei gol. Con questo spirito giocheremo contro il Torino? Auguri.
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