Se una palla inattiva vale più di una partita
Contro il Venezia 70 minuti difficili superati grazie a un’autorete e un gol su calcio d’angolo. Passando per tre sistemi di gioco
A ragionarci su sembrerebbe proprio che la Roma di Juric potrà esaltarsi contro due tipi di avversari: da una parte, le squadre di seconda fascia con atteggiamento remissivo, poco disposte all’aggressione sistematica, senza rotazioni tattiche particolari, magari con tecnici che non hanno neanche troppa voglia di capire il calcio di Juric. Il manifesto di questo tipo di avversari potrebbe essere l’Udinese, affrontata e strabattuta proprio nel giorno dell’esordio con la Roma del tecnico croato. C’è poi un’altra categoria di squadre che la Roma potrebbe sentirsi a proprio agio ad affrontare: e sono le squadre che hanno voglia di dominare la partita, col baricentro alto e tanti uomini ad attaccare. Quando i meccanismi di Juric saranno più rodati, i duelli uno contro uno portati dai giocatori della Roma potrebbero riservare piacevoli sorprese ad ogni contrasto vinto, si aprirebbero spazi invitanti da occupare, e certe ripartenze improvvise ad ogni transizione creerebbero agli avversari anche di livello notevoli problemi. Se ne è avuta un’idea seppur parziale e limitata al primo tempo con i baschi dell’Athletic Club. La Roma rischierà invece sempre di soffrire contro le squadre che le lasceranno l’impostazione senza mai rinunciare alla controffensiva veloce, esattamente come ha fatto l’organizzatissimo Venezia di Di Francesco. Come capita spesso anche all’Atalanta, la casa madre tattica chi vuol provare a capire di più della Roma di Juric, non sono le sfide ad altissimo livello a preoccupare i nerazzurri ma proprio quelle contro squadre inferiori: l’ultimo esempio lo ha dato il Como di Fabregas, pronto a punire con grande incisività la presunzione e la scarsa concentrazione dei bergamaschi.
Come studia Di Francesco
La partita vinta con il Venezia ha vissuto diverse fasi e Juric è riuscito a vincerla passando attraverso un percorso tormentato e tre diversi sistemi di gioco. Di Francesco ha confermato di essere il grande allenatore che anche a Roma abbiamo avuto modo di apprezzare, prima di calpestarne la dignità con le solite banali considerazioni con cui vengono affossati quelli che non vincono, come se i risultati dipendessero sempre e solo dagli allenatori. In ogni caso lui Juric lo conosce benissimo (in questo senso la scarsa conoscenza specifica potrà dare molti vantaggi alla Roma in Europa, soprattutto quando incontreremo tecnici stranieri che non avranno voglia di informarsi troppo sulle modalità tattiche della Roma) e ormai sa come si devono affrontare queste squadre. La proposta offensiva di Juric non brilla per originalità, le caratteristiche stesse di alcuni giocatori giallorossi - soprattutto quando non gioca Dybala, a maggior ragione dopo l’infortunio di Saelemaekers - non sono tali da togliere il sonno agli allenatori preparati. Non è certo casuale, insomma, se il Venezia abbia avuto tante chances di far male alla Roma (18 tiri di cui 7 in porta, contro 22, ma solo 5 in porta), con azioni dalle modalità piuttosto simili, scansando le pressioni individuali dei romanisti, muovendo la palla di prima, correndo in diagonale con movimenti e contromovimenti utili a tenere sempre lateralmente gli avversari e quindi dalla parte opposta rispetto a quella scelta per la progressione.
La fantasia che manca senza Dybala
La proposta offensiva monotona e prevedibile è un tema che ha caratterizzato fin qui la gestione di tutti gli allenatori della Roma recenti, cominciando da Mourinho, passando per De Rossi (nonostante l’evidente upgrade garantito dalla sua gestione) ed ora anche Juric sembra avere lo stesso problema: quando manca Dybala gli altri faticano a trovare spazi e tempi giusti per sorprendere gli avversari in maniera continuativa. A marcare semmai evidenti diversità tra gli ultimi tre allenatori è l’atteggiamento in fase di non possesso: baricentro basso e difesa a oltranza per Mourinho, baricentro alto e ricercata organizzazione di reparto per De Rossi, baricentro lasciato alla filosofia tattica dell’avversario, marcature personalizzate e riaggressione per Juric. Ogni tifoso è libero di scegliersi la filosofia che predilige. Quello che ci pare più interessante sottolineare è la proposta che hanno in testa e declinarne adesso gli sviluppi potenziali con la rosa della Roma. La filosofia di Juric è semplice: soprattutto contro le squadre che costruiscono dal basso, l’aggressione deve essere profonda, in ogni zona del campo, senza paura di lasciare la parità numerica in difesa. Un’organizzazione tattica di questo tipo consente il più delle volte di approfittare dell’inevitabile difficoltà che incontra chi trova un ostacolo nella prima fase di sviluppo. Abbiamo già notato, però, che contro la Roma anche tecnici “giochisti” non si fanno problemi a rinunciare alla costruzione sistematica e a volte alternano al palleggio quei rinvii lunghi che tengono lontani i pericoli e la pressione alta.
Tre sistemi per vincere
Dicevamo dei tre sistemi di gioco elaborati da Juric: si è cominciato appunto con il solito 3421 che vedeva un anello debole nella marcatura lontana dall’area di Angelino nei confronti dei Ellertsson, mezzala del centrocampo a cinque. Questo squilibrio ricercato consentiva alla Roma di tenere più alti Koné e Cristante rispettivamente su Nicolussi Caviglia e Busio, così i tre attaccanti si concentravano sui tre difensori e dietro Ndicka e Mancini si occupavano di Pohjanpalo e Oristanio. I movimenti e le rotazioni studiati da Di Francesco hanno portato spesso fuori zona i centrocampisti, ad esempio Cristante sulle aperture laterali di Busio. Gli spazi progressivamente occupati dai ragazzi di Di Francesco sono stati il terreno di coltura delle numerose ripartenze dei veneti. Quando ha dovuto usare il tutto per tutto, Jurić ha tolto un difensore (Mancini), ha accentrato Celik, ha sacrificato El Shaarawy nell’inusuale ruolo di terzino destro di una difesa a quattro, allargando a sinistra Angeliño e lasciando a Cristante e Pisilli il compito di porre un argine a metà campo e liberando l’estro di tutti i giocatori di fantasia (Soulé, Baldanzi e Pellegrini) alle spalle di Dovbyk. Lì il Venezia ha commesso l’errore letale della gara, rinunciando alla riaggressione sistematica che per 70 minuti aveva caratterizzato la sua azione, consentendo alla Roma di guadagnarne in convinzione. La casualità della deviazione di Busio e la disattenzione cronica sui calci d’angolo (Pisilli ha potuto saltare tre volte di testa da solo in tre corner consecutivi, fino a quando non ha trovato il bersaglio, con tanti saluti alle marcature a uomo) hanno girato la partita dalla parte romanista. Trovato il vantaggio, Juric ha immediatamente raccolto il suggerimento del suo vice Paro e, mentre ancora la squadra festeggiava davanti alla panchina, ha richiamato Hermoso per rimettersi a tre in di difesa, lasciando il centrocampo a cinque con il solo Baldanzi alle spalle dell’attaccante ucraino. E senza ulteriori patimenti la Roma ha così portato a casa il risultato. Più o meno meritato...
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