21 modi per dirti “Ti amo”: la Roma non è da buttare
Una partita sfortunata contro una squadra molto forte. Ecco perché De Rossi deve insistere senza ripudiare l’esperienza maturata
Chissà se si è sentito frustrato o, peggio, mortificato dal confronto perduto lo scorso anno Xabi Alonso, quando non è riuscito a segnare neanche un gol alla Roma nel doppio confronto e dopo diversi tentativi frustrati ha salutato la competizione per cominciare ad impostare già quel giorno il lavoro per la stagione successiva. I frutti si vedono oggi: campione di Germania con un dominio incontrastato, finalista di Coppa di Lega da giocarsi il 25 maggio contro il Kaiserslautern, squadra della seconda lega tedesca, e probabile finalista di Europa League. Nel calcio chi ragiona e ha idee giuste lavora così nonostante qualche opinionista dal pensiero corto vorrebbe indurre gli altri ad assecondare il suo nichilismo sfasciando al primo risultato negativo quello che di buono è stato costruito. Sfascisti ce ne sono anche nell’ambiente romano, e la tipica reazione dopo lo 0-2 di giovedì sera con il Bayer di questi signori è stata: «Lo vedi che era meglio Mourinho...».
Così come l’anno scorso sarebbe stato facile per i critici di Xabi Alonso sottolineare le differenze e le ingenuità tattiche che avevano portato il Bayer all’eliminazione dalla finale di Budapest. Invece da quelle parti hanno capito che stava nascendo un progetto interessante e hanno insistito su quella strada, migliorando la squadra con due o tre innesti di qualità in un telaio che aveva già dato prova di efficacia e robustezza esattamente come la Roma di oggi di De Rossi. Allo stesso modo adesso bisogna terminare la stagione onorando il calendario a partire dalla gara imminente con la Juventus per poi preparare la gara ritorno senza spegnere la minima fiammella di speranza di passaggio del turno, e terminando poi la stagione puntando al massimo degli obiettivi. Poi verrà il mercato e lì bisognerà onorare l’impegno contrattuale assunto mettendo a disposizione dell’allenatore figure professionali e budget per tesserare quei giocatori funzionali a migliorare la squadra vista in questi 110 giorni tanto intensi: 21 partite, 21 modi per dirti Ti Amo.
Limiti e potenzialità
La partita d’andata con il Bayer Leverkusen ha fornito e fornirà diversi spunti per comprendere allo stesso modo limiti e potenzialità di questa squadra. In questa sede cercheremo intanto di capire come si sia arrivati a questa debacle capace di ridurre in maniera significativa le speranze di qualificazione alla finale di Dublino ma anche di individuare qualche punto fermo in prospettiva futura. De Rossi l’aveva preparata secondo la sua natura di tecnico moderno, offensivo e allo stesso tempo “cazzuto”, almeno in quel modo in cui rifugge l’idea che una squadra offensiva debba necessariamente difendere in maniera svagata. Immaginiamo che Daniele sappia benissimo che alcuni calciatori non sono adatti all’esperienza che gli sta chiedendo, ma raccogliendo il testimone da Mourinho ha provato a frugare nelle loro tasche per tirar loro fuori ogni briciola di coraggio e forza fisica necessari in questo percorso. E anche stavolta ha immaginato di poter chiedere ai suoi di non mollare di 1 cm contro i tedeschi puntando magari anche sull’effetto Olimpico, quell’alchimia meravigliosa che fino a oggi ha sempre funzionato e che ha aiutato la squadra nei momenti più complicati a venir fuori dalle situazioni quasi compromesse.
Dunque in campo Karsdorp, per coerenza rispetto ai messaggi da sempre fatti passare al gruppo, magari tolto dalla prima impostazione e alzato per cercare di contenere le sfuriate del temutissimo Grimaldo, poi purtroppo, per una beffa del destino, proprio l’uomo che sfruttando l’errore dell’olandese della Roma ha fornito a Wirtz l’assist per il gol che ha indirizzato la partita. Di conseguenza ha chiesto a Mancini, Smalling e Spinazzola di difendere a uomo sui tre attaccanti avversari anche in assenza del centravanti di riferimento, l’uomo che avrebbe con naturalezza affidato a Smalling. Indubbiamente la mossa di Xabi Alonso ha tolto al difensore inglese un punto di riferimento chiaro sul campo ma non può essere stata questa la mossa decisiva della sfida. Del resto, come ricordato dallo stesso De Rossi sia nel pre sia nel post partita, il Bayer aveva giocato così anche contro Bayern Monaco e Borussia Dortmund, due squadre che evidentemente rispettava esattamente come rispettava la Roma. Certo è che l’inglese in giro per il campo è andato un po’ in difficoltà e, soprattutto, si è trovato spesso ad impostare l’azione, per precisa scelta strategica dei tedeschi, finendo per complicare il compito ai suoi compagni di squadra, denotando la vera carenza che gli ha impedito di diventare uno dei difensori più forti al mondo. A centrocampo erano inevitabili gli accoppiamenti con gli avversari così come destinando El Shaarawy alla marcatura di Stanisic, l’esterno di destra a trazione posteriore, per conseguenza Pellegrini fosse chiamato ad uscire in pressione sul braccetto di destra Tapsoba e, di conseguenza, Cristante e Paredes sono stati chiamati a prendersi anche loro a uomo Xhaka e Andrich, spesso facendo sguarnire la zona centrale del campo che Alonso non disdegnava di coprire magari con Grimaldo, esterno buono a muoversi pure all’interno.
Il piano-gara per il ritorno
Il piano presentava anche diversi controindicazioni strategiche, che si sarebbero potute superare solo con la massima applicazione dei giocatori sul campo e, ovviamente, sfruttando bene le occasioni che sarebbero capitate. Ecco perché si possono considerare due enormi sliding doors le occasioni capitate a Lukaku (la traversa al 20’ del primo tempo) e, soprattutto, l’erroraccio che ha messo tre giocatori del Bayer Leverkusen soli davanti a Svilar, a passarsi la palla per regalarsi l’onore di segnare il gol del vantaggio. Per questo motivo la squadra ha subito un durissimo contraccolpo psicologico.
Giustificabile? No, ma comprensibile. Quella forza d’animo e caratteriale che aveva spinto i giocatori di De Rossi a conquistare progressivi metri di campo nonostante le evidenti difficoltà fisiche che la strategia di gara ti aveva costretto a fronteggiare, è precipitata dentro la voragine che si è aperta sotto i piedi con quell’errore che ha anche messo a nudo tutte le carenze del piano strategico. A posteriori diventa così facile immaginare che una condotta tattica più accorta ai limiti del rinunciatario avrebbe potuto forse produrre qualche vantaggio, ma è la solita spiegazione del giorno dopo che lasciamo volentieri agli opinionisti più emotivi o, peggio, più improvvisati. Paradossalmente sarà più facile per lui studiare il piano gara per la gara di ritorno. Dovrà preparare la partita pensando “solo” di dover fare un gol per poi vedere quel che succede...
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