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Una partita a scacchi con tutti re e regine

De Rossi ama ripetere che la sua Roma è forte: per esserlo davvero ha però bisogno di uno spartito che i solisti sappiano interpretare

Daniele De Rossi in panchina a Monza

Daniele De Rossi in panchina a Monza (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
04 Marzo 2024 - 08:19

Se tre indizi fanno una prova, sei portano ad una sentenza inappellabile: la Roma di Daniele De Rossi è uno spettacolo. Non conta più a questo punto far riferimento solo ad assenti e presenti, avversari e stati di forma, arbitri e “ambienti”. La Roma oggi funziona a meraviglia, si impone con forza ed autorevolezza, non parte mai per non subire, finisce per prevalere per logica al di sopra di ogni eventualità imprevista. Resistiamo ancora alla tentazione molto giornalistica di spiattellare dati solo magari per esclusivo interesse di parte, per dimostrare antiche quanto indimostrabili teorie: restiamo convinti infatti che Mourinho abbia fatto storicamente bene alla Roma e con la sua gestione la squadra sia cresciuta in spessore e personalità, fattori di cui adesso può giovarsi anche De Rossi. Ma indubbiamente la nuova gestione ha alzato di molto il tiro, portando aria fresca e evidentissimi vantaggi tattici di cui beneficia la squadra e quasi tutti i singoli che la compongono. Al momento possiamo infatti affermare, sperando magari che De Rossi non ci legga,  che solo Rui Patricio, Aouar e Renato Sanches, per motivi diversi, siano un po’ ai margini di un progetto che invece ha più o meno coinvolto tutti gli altri tesserati con la stessa intensità e la stessa convinzione. Ma non escludiamo affatto che magari nel prossimo mese almeno uno dei giocatori citati possa ritagliarsi un ruolo diverso. Perché De Rossi fa scelte logiche facendo in modo che soprattutto gli esclusi le capiscano, con lealtà e trasparenza, in ossequio a quel principio di verità a cui pare davvero che Ddr si ispiri ormai da diverso tempo a questa parte, da quando era - da giocatore - un apprezzatissimo leader.

Un punto in più a partita

I numeri non devono esaltare i derossisti né deprimere i mourinhisti residuali: servono solo per capire quanto bene stia facendo il nuovo allenatore che si è presentato dicendo subito di avere la consapevolezza di essere chiamato ad allenare una squadra fortissima. Su sette partite di campionato ne ha vinte sei, portando a casa quindi 18 punti (media 2,57), con 20 gol fatti e 9 subiti, mentre con le stesse avversarie nel girone d’andata (ovviamente a squadre di casa invertite) la Roma aveva rimediato tre vittorie, due pareggi e due sconfitte, e quindi 11 punti (media 1,57), con 11 gol fatti e 7 subiti. In Europa League sono arrivati due pareggi 1-1 e, quel che più conta, una qualificazione strappata ai rigori grazie alle prodezze del portiere scelto di fresco e alla precisione dei giocatori chiamati al tiro: a Budapest contro il Siviglia l’esito era stato invece infausto,  ma anche in questo caso il dato vale solo per la sua incidenza statistica, più che per una valutazione valoriale. E se De Rossi può aver sfruttato anche l’onda di un rinnovato entusiasmo in un momento storico in cui si stavano comunque riallineando i pianeti a prescindere dal cambio del tecnico (mancherà sempre la controprova e cercare di far valere una teoria sull’altra è roba buona per i faziosi, meno per gli studiosi), è indubbiamente vero che la nuova impostazione tattica abbia prodotto evidentissimi vantaggi di cui proprio gli interpreti migliori hanno beneficiato. Se poi la Roma non arriverà in finale di Europa League e magari non riuscirà a ritrovarsi in un posto buono per la Champions League ci sarà chi sarà pronto a rinfacciargli anche questo. Ebbene, sappiate sin d’ora che in questa rubrica non troverete mai ciarpame di questo tipo. Per quanto ci riguarda De Rossi si è già meritato il rinnovo del contratto almeno per altre due stagioni e ogni giorno che passerà prima di questa firma sarà un giorno perso.

Una vittoria senza ombre

Fatta questa doverosa premessa, non possiamo non analizzare la gara di Monza senza partire dal risultato schiacciante, anche se nelle statistiche della gara (come testimonia la tabella qui a fianco) non ha apparentemente riscontro. Il Monza ha avuto più o meno lo stesso possesso (ma lo ha riequilibrato solo nel secondo tempo, com’era forse normale dovendo recuperare un risultato chiaramente negativo), ha tirato di più verso la porta (ma di meno nello specchio), ha creato addirittura un numero maggiore di occasioni da rete (secondo almeno le statistiche della Lega Serie A), e calciato più corner. Ma chi ha visto con attenzione la partita sa che la Roma è stata sempre in gestione nel primo tempo, ha palleggiato con disinvoltura in faccia all’avversario nella sua metà campo, è andata in vantaggio e ha raddoppiato con merito e ha finito il tempo dilagando con un’autorevolezza che con la Roma in vantaggio in trasferta non ricordavamo, e non in casa di una candidata alla retrocessione, ma di una squadra che punta al titolo di regina della seconda metà della classifica. E ci è riuscita (al di là delle fantasie arbitrali accampate da Palladino) per la qualità fornita dai suoi giocatori migliori nell’interpretazione però di uno spartito nel quale si ritrovano a meraviglia. I diversi impulsi di Paredes, Cristante, Pellegrini ed El Shaarawy (teniamo fuori da queste considerazioni Lukaku e Dybala, che anche prima toglievano molte castagne dal fuoco), il contributo diverso dato dagli esterni bassi e sostanzialmente il diverso sistema di gioco con un attaccante in più e un difensore in meno, hanno alzato il baricentro della squadra che ora è naturalmente portata ad attaccare, con evidenti benefici al numero (e alla qualità) delle giocate offensive. In più dietro i difensori sono più responsabilizzati e rispondono con prestazioni davvero significative, con Mancini arrivato a livelli assoluti (non potrà non essere titolare agli Europei) e Ndicka ormai maturo per lo standard richiesto. Il vero banco di prova (almeno per i più scettici) per De Rossi sarà quando arriveranno i confronti ad alti livelli ravvicinati nel tempo (se si andrà avanti in Europa League ce ne saranno di complicatissimi) eppure già sappiamo che le prestazioni della Roma saranno adeguate. Poi per i risultati serviranno soprattutto le prestazioni dei campioni. E in una Roma che si muove con questa disonvoltura nello scacchiere tattico, sembra che giochino solo re e regine, senza fanti e cavalli.

Guai sottovalutare De Zerbi

Un’ultima annotazione ce la riserviamo per l’imminente sfida con il Brighton di De Zerbi che la Roma avrà la fortuna (tra noi possiamo dircelo) di affrontare nel suo momento peggiore. Oltre ai risultati davvero deficitari dell’ultimo periodo (tre sconfitte, un pareggio e due sole vittorie contro squadre di bassa classifica, oltre all’eliminazione dalla FA Cup) dovuti essenzialmente alle pesantissime assenze che si sono accumulate, c’è anche una sorta di involuzione tattica che espone difensivamente la squadra alle pessime figure che sta facendo. Eppure la Roma non dovrà essere intossicata da questi pensieri. De Zerbi ha mille risorse e in questa vetrina contro la Roma cercherà il riscatto di tutta la stagione. Sottovalutarlo potrà essere letale. Per fortuna De Rossi lo sa meglio di tutti.

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