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Allenator futuro è qui: già si vede la sua Roma

Senza cadere nel giochino dei confronti con Mourinho si possono apprezzare gli sviluppi rapidi addestrati. Ma manca qualcosa...

De Rossi durante Roma-Verona

De Rossi durante Roma-Verona (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
22 Gennaio 2024 - 08:00

Rispetto alla partita dell’andata, Roma e Verona hanno presentato due formazioni rivoluzionate in partenza, con soli cinque giocatori al via al ritorno che sono scesi in campo dall’inizio anche nella gara d’andata. Verrebbe da pensare che i sei sfuggiti a Baroni (Hien, Terracciano, Hongla, Duda, Doig e Ngonge) valgano di più dei sei non titolari nella lista di partenza della Roma (Mancini, Smalling, Kristensen, Cristante, Zalewski e Belotti) anche se per Baroni sono state perdite strutturali (fruttuose cessioni) e per De Rossi perlopiù spiacevoli contrattempi. Il cambio più vistoso è stato però quello della panchina, con l’avvicendamento Ddr-Mou, ognuno con il suo carico personale da mettere dentro la partita. Tanto per mettere in chiaro un concetto, anticipiamo ai lettori di questa rubrica che proveremo in ogni modo a resistere alla tentazione di giudicare uno in rapporto all’altro. Paragonare De Rossi a Mourinho oggi è mortificante per Daniele anche se tutti ci auguriamo che tra trent’anni il confronto tra i due curricula sarà possibile. E in ogni caso abbiamo visto sin troppo calcio da sapere che ogni contesto è diverso da un altro. Per dire, la Roma ha costruito di più con il Verona nella partita d’andata e ha subito assai meno gli attacchi dei gialloblù eppure in quel caldissimo 26 agosto la spuntò Baroni, al termine di una delle partite che maggiormente è costata a Mourinho in termini di valutazioni di classifica. Abbiamo messo a confronto i numeri: 9 tiri fatti domenica (di cui 2 in porta) contro 23 all’andata (di cui 7 in porta), 12 tiri subiti (di cui 3 in porta) contro i 5 di agosto, 62% di possesso palla contro 72%, 2 calci d’angolo a 12 e 17 occasioni da gol certificati dalla Lega Serie A contro 7. Quel giorno la Roma giocò particolarmente bene e fu molto sfortunata nell’esito finale.

I rischi della linea a 4
Cerchiamo adesso di capire però quale sia la proposta di gioco di Daniele De Rossi perché i primi sessanta minuti di gioco sono stati più che sufficienti per intravedere i concetti di base. La partenza è ovviamente la difesa a 4 che garantisce il vantaggio di un’impostazione più snella (con Paredes o uno dei due esterni che possono restare in linea con i due centrali per garantire massima ampiezza alla prima rifinitura e a volte lascia la sensazione in fase di non possesso di non riempire abbastanza l’area sulle iniziative avversarie. Nel calcio più offensivo di oggi, con molte squadre che portano tanti giocatori nella fase di finalizzazione nell’area di rigore può essere rischioso difendere a 4 se non si hanno centrocampisti pronti ad inserirsi in area nei meccanismi di protezione o esterni poco disposti a seguire gli avversari nelle lunghe aree di ripiegamento. E la Roma, ad esempio, dal lato di Dybala rischia di rimanere un po’ scoperta, nonostante la buona volontà dell’argentino a schermare almeno le linee di passaggio sul terzino sinistro del Verona Cabal quando impostavano i centrali. 

I nuovi movimenti
Un altro aspetto continuativamente ricercato era la verticalizzazione bassa dai difensori a Lukaku o degli esterni da fuori a dentro il campo con immediato movimento a mezzaluna dei giocatori in zona palla per riprendere l’immediato scarico e allargarlo sui terzini o su nuove combinazioni nello stretto. Questo movimento assai ricercato ha liberato molte volte l’uomo a rimorchio con spazi liberi da rioccupare. Così sono nate le diverse occasioni che hanno stupito molti tifosi, pronti a chiedersi come mai giocatori apparsi nello stretto passato mosci e privi di fantasia abbiano avuto una tale creatività. La questione invece è semplice: ci sono piccoli movimenti, studiate rotazioni, stimolate sovrapposizioni che ove opportunamente addestrate garantiscono continue soluzioni. Non garantiscono però le vittorie ed è questo il motivo per cui Mourinho non ci crede tantissimo e preferisce evidentemente allenare maggiormente altri aspetti.

Il calo nell’ultima mezz’ora
Che cosa è successo invece negli ultimi 30 minuti? i fattori che hanno determinato la flessione a nostro avviso sono essenzialmente tre. Il primo è l’uscita di Dybala, il vero fuoriclasse di questa squadra, il calciatore che da solo cambia l’inerzia di una gara, quello che con il pallone tra i piedi è in grado di inventare i goal, l’assist, la trama impensabile tale da cambiare il senso ad un confronto. È stato un po’ il problema che maggiormente ha accusato Mourinho soprattutto in questa stagione: senza l’argentino la qualità del gioco si spegneva in una maniera così preoccupante da considerare che il riflesso psicologico fosse superiore alla sopraggiunta carenza tecnica. E qui siamo al secondo aspetto che va considerato: un po’ come accadeva alla Roma quando veniva a mancare Francesco Totti, si avverte la sensazione che quando Dybala esce dal campo la squadra non solo non trova più il suo punto di riferimento tecnico, ma dal punto di vista mentale comincia a convincersi che non ce la farà e questa sorta di stato depressivo si trasforma con il tempo in una vera e propria paura di vincere che blocca le menti, i muscoli e le giocate. Oltretutto questo fattore condiziona gli avversari che all’improvviso non sembrano più patire l’arroganza agonistica della Roma ma ne percepiscono la difficoltà in una sorta di circolo virtuoso che porta piano piano al ribaltamento delle forze in campo. Era accaduto in maniera plastica contro la Fiorentina, sabato in qualche modo si è avvertito lo stesso fenomeno. C’è infine un’ultima considerazione che va fatta e che riguarda la precarietà della squadra dal punto di vista atletico. Il tour de force culminato con l’esonero di Mourinho ha lasciato il segno anche nei muscoli dei giallorossi e nel secondo tempo, al netto dei giocatori che hanno denunciato problemi fisici come Spinazzola e Dybala, si è distinto un vero e proprio calo atletico che non ha più permesso lo sviluppo armonico delle giocate con cui la Roma nel primo tempo è arrivata più volte ad affacciarsi dalle parti di Montipò. Daniele De Rossi negli spogliatoi si è assunto una parte di responsabilità adducendo come attenuante il duro lavoro atletico svolto nei giorni precedenti a Trigoria da parte del suo staff. Tutto può essere, ma è indubbio che dal punto di vista atletico serva uno sforzo ulteriore per migliorare lo stato generale della squadra. A maggior ragione se si cambia il modo di giocare e si punta di più sulla rapidità della manovra è fondamentale che i giocatori siano sostenuti da una condizione atletica perfetta. Anche su questo Daniele dovrà lavorare.

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