Paredes è diventato il limite più evidente
Non è un caso che l’argentino non ci fosse contro l’Atalanta, la miglior gara di questo periodo. Si potrebbe puntare su Cristante, Bove, Pellegrini
A Milano la Roma ha perso la settima delle venti partite sin qui giocate di campionato, cinque i pareggi, otto le vittorie, una sola delle quali contro formazioni che la precedono in classifica (il Napoli, che l’ha appena risuperata), confermando quindi una prassi che nei due anni e mezzo di Mourinho ha conosciuto pochissime eccezioni: contro squadre di valore uguale o superiore, la squadra giallorossa soffre e prima o poi cede. È capitato anche a San Siro domenica sera contro un Milan che è una versione molto opaca della tonica formazione che all’andata aveva maramaldeggiato all’Olimpico prima che l’espulsione di Tomori regalasse qualche speranza nel finale di gara ai tifosi romanisti. Ma è bastata anche questa espressione sbiadita della creatura di Pioli per vincere e con merito una partita che la Roma ha provato a mettere in discussione con convinzione solo dopo il rigore di Paredes. E fino al definitivo 3-1 di Hernandez. Perché?
L’attenuante fisica
Intanto va considerato che questo ultimo miniciclo di 7 partite più o meno ravvicinate (si è giocato di 17, 23 e 30 dicembre e poi ancora di 3, 7, 10 e 14 gennaio) ha indubbiamente lasciato il segno su muscoli fragili (Dybala ad esempio ha giocato 264 minuti su 630) ma anche su muscoli più rodati visto che gente come Mancini, Llorente, Kristensen, Cristante, Paredes, Bove e Lukaku sono stati più o meno sempre presenti e spesso non sono riusciti ad essere incisivi nei momenti agonisticamente più tirati delle varie partite. E questo può spiegare in parte la differenza di rendimento tra la partita indubbiamente brillante contro l’Atalanta, quella davvero insufficiente contro la Lazio e quella con troppi bassi e pochi alti di Milano. Ma il male primario di cui sembra soffrire la Roma ha a che fare con una disorganizzazione endemica che almeno nei due anni precedenti portava a ritenere soddisfacenti le performance difensive determinate, va detto, in ogni caso dalla compresenza di Smalling nella linea più arretrata. L’assenza dell’inglese ha forse “rovinato” la stagione della Roma, come ha detto Mourinho, la non presenza di un elemento scelto per il dinamismo che altrimenti il centrocampo non ha (Renato Sanches) è un altro elemento che depotenzia il capo d’accusa, ma per il resto bisogna interrogarsi sulle inadeguatezze anche di natura tattica palesate dalla squadra. E se la presenza di Dybala e a volte di Lukaku ha mascherato queste lacune, quando mancano entrambi (per esempio a Bologna, forse la peggior partita di questo segmento) o quando manca solo l’argentino (come ieri o nei tempi peggiori delle sfide di Coppa Italia contro Cremonese e Lazio) queste carenze diventano evidenti. Come a Milano.
L’organizzazione difensiva generale
Un aspetto che periodicamente abbiamo toccato nelle varie analisi delle partite di Mourinho è la scarsa organizzazione generale della squadra sulle rifiniture dalla fascia verso il centro, in particolare in due zone su cui la squadra difende con molta fatica: la zona centrale di scarico sulle iniziative profonde sulla fascia (in pratica la zona intorno al limite dell’area) e la zona del secondo palo sui cross laterali. Due dei tre gol di Milano nascono ancora da queste incongruenze e nelle grafiche approfondiamo il tema. Il terzo gol è invece una sovrapposizione interna che nasce da un due contro due che è un altro punto fragile della Roma nella fase di non possesso. Anche se il mismatch fisico e atletico tra Theo Hernandez e Zalewski è evidente anche da una osservazione superficiale delle loro due foto, di sicuro il polacco avrebbe potuto essere meno ingenuo e provare a frapporsi nella corsa del francese verso il recupero del pallone girato di tacco dal suo connazionale Giroud. Molto spesso però nei due contro due il primo difensore della Roma ha un’esitazione che risulta decisiva quando si muove sempre verso il pallone invece di preoccuparsi di assorbire il movimento del suo avversario diretto.
La questione Paredes
C’è poi una questione ormai conclamata che riguarda le modalità di interpretazione del ruolo di regista di Leandro Paredes, giocatore molto amato da Mourinho per sua stessa ammissione («grazie a lui riusciamo ad avere nelle partite maggior possesso palla rispetto agli avversari», disse di lui il tecnico in una conferenza stampa) che però in qualche modo rappresenta anche il più evidente limite dinamico della Roma nelle quattro fasi di gioco (possesso, non possesso e transizione attiva e passiva). E questa carenza aumenta i suoi effetti nefasti nella coppia di fatto composta con Cristante. Nell’idea del tecnico, le tre coppie alternative per la metà campo sarebbero dovute essere Pellegrini e Aouar per le qualità di estro e rifinitura, Bove e Renato Sanches per l’apporto dinamico, Cristante e Paredes per l’interpretazione del ruolo di regista. Le diverse assenze di Pellegrini e la sopraggiunta sparizione di Aouar e soprattutto Sanches unite alla giovane età di Bove hanno obbligato Mou ad utilizzare Bryan e Leandro in via continuativa, a scapito di una leggerezza e di una velocità di manovra che in certe partite diventano la più grande zavorra nel non gioco della Roma. E questo rischia di essere un problema senza soluzione, a meno che finalmente Pellegrini non torni fisicamente e mentalmente ai suoi livelli e che Bove non garantisca una certa continuità di rendimento ora che si giocherà per almeno un mese ogni sette giorni. Questo potrebbe spingere Mou a ripensare alla squadra. E chissà se è solo un caso che la più bella partita giocata dalla Roma negli ultimi tempi (quella con l’Atalanta) sia stata quella in cui è mancato Paredes.
Si resta con la difesa a tre
L’ultima considerazione la riserviamo invece al sistema di gioco. Se la Roma fosse entrata in crisi giocando con la difesa a quattro, indubbiamente sarebbe stata un’opzione oggi ragionare sulla difesa a cinque, un po’ come fece proprio Pioli nel periodo peggiore del Milan dello scorso anno. Ma dopo che Mou ha espresso anche pubblicamente il disagio dei suoi giocatori all’approccio alla difesa a quattro e la scelta del sistema più coperto proprio per ridurre i difetti individuali, ci sembrerebbe davvero irrazionale oggi cambiare. Dunque finché Mourinho resterà sulla panchina della Roma difficilmente vedremo un cambio di modulo. Ci sembra assai più probabile che insista così contando adesso sul calendario più favorevole.
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