L’ombra di Thiago Motta non oscura Mourinho
Complimenti al Bologna, ma il risultato non certifica niente: solo che alla Roma servono Lukaku e Dybala
Ci risiamo. Tanto per rinverdire un po’ la nomea di una piazza ritenuta calcisticamente isterica si è passati nel breve spazio di una partita dall’entusiasmo per l’imminente attacco al terzo posto del Milan al ridimensionamento per il disastro di Bologna, con nuovi modelli, stavolta alla Thiago Motta, portati come esempio a scapito di uno che peraltro Motta l’ha svezzato nella culla. Ma vabbè, sono superficialità diffusissime nel calcio.
Capita pure, a proposito di isteria, che non ci si renda neanche conto che essendo tanti e appassionati, i tifosi possano dividersi in fazioni ugualmente rumorose, anche se non ugualmente rappresentate. Perché il partito degli antimourinhani è ancora una ristrettissima minoranza e, anche se dopo una sconfitta come quella di Bologna tornano a farsi sentire alzando i decibel della protesta (in nome di una non meglio svelata rivendicazione sulla qualità del gioco, dopo che nessuno dei numerosi allenatori romanisti giochisti degli ultimi anni si è mai salvato dalle forche caudine del giudizio popolare), in realtà il gradimento della gente romanista nei confronti del tecnico è stato più volte espresso, allo stadio e non solo. E dunque nessuna isteria: il popolo sta con il suo allenatore, in lui si identifica e per lui combatte (e va allo stadio) anche se ovviamente quando sbatte la testa come a Bologna vuole essere rassicurato. E nessuna rassicurazione sarà migliore dei tre punti recuperati magari già contro il Napoli.
Bene il Bologna, però...
Con il realismo che solitamente accompagna ogni valutazione tattica delle partite della Roma, di certo non possiamo stare qui a celebrare la partita di domenica a Bologna, vinta con merito dai padroni di casa, capaci di sfruttare con cinismo e maturità le occasioni lasciate con generosità dalla Roma. Sì, perché il primo punto da analizzare riguarda la bontà della vittoria del Bologna: meritata, sia chiaro, ma casuale nella successione degli eventi decisivi. Tutte le cifre statistiche, ad esempio, al di là del possesso palla che la Roma ha volutamente lasciato ai rossoblù, testimoniano un certo equilibrio in campo, con la squadra di Mou a gestire i primi trentacinque e gli ultimi quaranta minuti, e il Bologna a palleggiare efficacemente negli spazi lasciati a fine primo tempo e all’inizio del secondo. Così, come dimostrano le statistiche pubblicate qui a fianco, il numero delle occasioni, dei tiri, degli expected goal, dei falli, dei fuorigioco, dei passaggi lunghi, sono tutti all’insegna del grande equilibrio.
Dov’è allora che il Bologna ha vinto la partita? Paradossalmente nella qualità applicata ad alta velocità. Dice: ma come, ma delle due non è la Roma la squadra più costosa e dunque quella tecnicamente attrezzata meglio? Sì, avessero giocato anche Smalling, Dybala e Lukaku sì, o se Pellegrini, Spinazzola, Belotti, El Shaarawy, Kristensen o Paredes fossero in condizioni più brillanti. Ma oggi voi chi prendereste tra Belotti e Zirkzee, tra Freuler o Moro e Paredes, tra Saelemaekers ed El Shaarawy, tra Posch e Kristensen, tra Ndoye e, per dire, Spinazzola? Altra obiezione: ma si può giocare bene anche con Calafiori e Beukema, con Ferguson e Kristiansen, perché la Roma deve giocare bene solo con Dybala? E anche questo è vero, ma l’ibrido costruito dalla Roma, e accettato da Mourinho in sede estiva, ha diversi aspetti positivi e qualche aspetto negativo. Punta molto sui suoi giocatori e quando non ci sono la loro mancanza si avverte in ogni sviluppo in cui è richiesta qualità. E in ogni caso pare di sentire gli stessi assurdi discorsi che si tenevano quando si sosteneva che il Sassuolo avesse giocato meglio della Roma contro l’Inter a Milano, salvo poi squagliarsi nelle partite successive e, guarda caso, pure contro la Roma. Insomma, il Bologna e il Sassuolo arriveranno sotto la Roma e quindi magnificare adesso le prestazioni dei rossoblù (come prima quelle del Sassuolo) può essere esercizio utile (e meritato) se limitato al tempo in cui si meritano gli elogi, perché poi i valori nel calcio come sempre alla lunga emergono. E allora nulla potranno i maghi Dionisi e Motta contro le artiglierie rimesse in tiro di Mourinho.
Due strategie opposte
Inutile ripetere quanto siano importanti per la Roma Lukaku e Dybala o quanto lo fosse l’ormai desaparecido Smalling. Diventa utile ricordarlo solo a chi tende a dimenticare che a fare le fortune di una squadra sono sempre e solo i giocatori, meglio se accompagnati da un allenatore che non fa danni e che in qualche modo riesce a migliorare le caratteristiche generali del gruppo a sua disposizione. Senza di loro, Mou può scegliere due strade apparentemente contrastanti quanto a strategie di gara: difendere a blocco basso e sperare in qualche ripartenza letale, oppure essere più aggressivi per limitare le fonti di gioco altrui e provare dunque a vincere la gara avendo la meglio a braccio di ferro. Contro il Milan, l’ultima squadra affrontata senza i due campioni dell’attacco, José scelse una fase difensiva di grande attesa a blocco basso che costò al tecnico diverse critiche. E solo un’espulsione, con la conseguente superiorità numerica guadagnata, riequilibrò i valori in gara anche se alla fine il Milan prevalse lo stesso, di misura.
Contro il Bologna il tecnico ha scelto una strada opposta, alzando fino ai confini dell’area di rigore le pressioni offensive, aggredendo in uno contro uno gli attaccanti in non possesso, cercando sempre la verticalità nel palleggio anche a costo di sbagliare trasmissione (come è spesso accaduto). A posteriori si può parlare di scelta sbagliata, perché sommando i cavalli dei motori di centrocampisti come Paredes, Cristante e Pellegrini non si arriva di sicuro ai livelli dei dirimpettai in maglia rossoblù e questo, nella sopraggiunta parità tecnica, diventa un dato decisivo. Negli spazi, insomma, il Bologna ha dilagato.
Gli errori contano
Poi si può (ma non si dovrebbe) sorvolare sul fatto che anche a Bologna, al 9’ del secondo tempo, la Roma avrebbe dovuto giocare in superiorità numerica, ma il signor Guida ha soprasseduto sul netto fallo di Beukema su Belotti: sarebbe stato secondo giallo e partita probabilmente cambiata. Così come non si considerano i clamorosi errori sottoporta di Belotti: il primo, con il Bologna appena passato in vantaggio, è stato ritenuto indolore dai romanisti per via del fuorigioco fischiato, ma il replay successivo ha fatto intendere come in realtà la posizione fosse buona e quindi in caso di rete si sarebbe deciso tutto al Var, con ampie possibilità di convalidazione. Il secondo avrebbe invece potuto riaprire la partita: in entrambi i casi Belotti ha tirato addosso a Ravaglia. Capita di sbagliare, ma a lui capita troppo spesso. E la Roma se ne nuoce.
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