La vocazione europea della Roma: l'Olimpico stordisce ancora
Nelle ultime ventotto partite Uefa, nello stadio di casa sono arrivate 21 vittorie, 6 pareggi e una sconfitta indolore. Una tassa da pagare per tutti
Eppure c’è ancora chi preferisce giudicare le stagioni della Roma esclusivamente dall’andamento del campionato di serie A. Come si fa a svilire il lavoro fatto negli ultimi anni (e in questo caso non ci riferiamo solo a ciò che ha realizzato Mourinho) immiserendosi nella considerazione che però in campionato sono arrivati nelle ultime due stagioni due piazzamenti deludenti? Come si fa a non riconoscere il grande valore conferito alla squadra giallorossa dal prestigioso ranking europeo, ulteriormente migliorato: oggi il punteggio dice che la Rma ha superato anche il Siviglia ed è 10ª, tra le italiane dietro solamente all’Inter.
Come si fa a non capire quale assoluto valore abbiano i risultati maturati nelle ultime stagioni contro squadre europee di ogni nazione e grado? Basti soffermarsi su questa statistica: da febbraio 2019 a oggi la Roma all’Olimpico è scesa in campo 28 volte. Ebbene, in 21 di queste partite la Roma è uscita con una vittoria, appena sei i pareggi - spesso ininfluenti ai fini della qualificazione al turno successivo, come il 2-2 con il Bodø o l’1-1 con il Vitesse, solo per citare gli ultimi due in ordine di tempo. E con Mourinho è arrivata anche l’unica sconfitta, nel girone di qualificazione dello scorso anno, 1-2 il 6 ottobre del 2022, avversario il Betis di Siviglia. Sconfitta indolore visto che la Roma il turno lo ha passato lo stesso ed è arrivata persino alla finale di Budapest.
L’effetto paralisi
E non si parli solo di effetto scenico. Che c’è, sia chiaro, perché l’Olimpico ruggente delle serate europei, che si giochi nel tepore settembrino o nelle più rigide temperature di dicembre o marzo, conferisce alla squadra una statura supplementare, che spegne qualche velleità degli avversari persino più di quanto non sappiano fare poi i giocatori sul campo. Ma non può bastare l’Olimpico a giustificare da solo un rendimento così costante. Sono numeri da assoluta Élite europea, confermati anche l’altra sera contro lo Slavia Praga, non una squadra qualsiasi.
Trappola per mister
Va detto in via preliminare che l’allenatore ceco è caduto nella stessa trappola in cui sono precipitati tanti suoi colleghi, quella cioè di non saper valutare appieno ormai la compattezza tattica di una squadra forte del campionato italiano. Trpisovsky è solo l’ultimo caso di allenatore ingenuo che è tornato a casa con zero punti e tanti dubbi in più sulla reale forza della propria squadra. Prima di questa sfida veniva da 11 vittorie e 3 pareggi, annichiliti quasi tutti gli avversari che si è trovato di fronte, una mentalità vincente costruita sul campo, prima di capire però nella maniera più plateale possibile che giocare tanto aperti contro una squadra italiana non è mai una buona idea. Così Mourinho ha piazzato El Shaarawy, e non Belotti, al fianco di Lukaku chiedendo proprio al Faraone di concentrare parte del suo lavoro in quelle zone della costruzione avversaria che un contrasto ben assestato può rendere subito fragili.
L’azione che si è sviluppata dopo 40 secondi di gioco era stata immaginata alla vigilia proprio dall’allenatore. Avere i centrali tanto larghi nell’impostazione è un lusso che nel campionato ceco ti puoi forse permettere, ma che contro la Roma rischi di pagare assai caramente. Così come contro un avversario come Lukaku non puoi permetterti incertezze come quelli che hanno portato al secondo gol, con il contrasto vinto da El Shaarawy nella solita zona calda e lo splendido lavoro di rifinitura compiuto in perfetto sincrono dai due attaccanti, come mostriamo in grafica.
Il lavoro in più di Mourinho
Quando lo Special One ha cominciato a lavorare sulla vocazione internazionale della Roma, ha ereditato un lavoro che era stato portato avanti con pieno merito anche dai suoi predecessori, con le due semifinali in tre anni conquistate da Di Francesco in Champions e Fonseca in Europa League. Con Mourinho, però, si è cominciato a guardare di più alla sostanza che alla spettacolarità dei risultati. Così non c’è stata alcuna incertezza in questi anni quando ci si è dovuti difendere anche in zone basse del campo, per raggiungere magari un risultato appena conseguito. E quando invece c’è stato da spingere sull’acceleratore la folla entusiasta dell’Olimpico ha moltiplicato le energie dei giocatori in campo fino a far nascere questa straordinaria comunione di intenti che rende magica ogni serata trascorsa con la Roma sotto la collina di Monte Mario nelle competizioni Uefa.
Gli applausi per El Shaarawy
Della partita con lo Slavia in sé non c’è neanche troppo da dire. Dopo il doppio vantaggio che ha messo a nudo tutte le ingenuità della difesa ceca, la partita non ha quasi più avuto sussulti tali da metterne in dubbio l’esito finale. Contro marcature un po’ più larghe di quelle a cui i nostri sono abituati in Italia, alcuni giocatori hanno saputo esaltare le proprie caratteristiche, tipo El Shaarawy utilissimo sia in assistenza che in conclusione. Solo per caso non ha aggiunto il suo nome all’elenco dei marcatori, ma spicca sul gradino più alto dei migliori in campo. Quasi commoventi i tentativi della panchina ceca di ribaltare il risultato attraverso una diversa applicazione tattica. Trpisovsky è passato dal 3412 al 4312, per poi aumentare il numero dei giocatori offensivi in un forcing finale che non ha seriamente mai davvero spaventato la Roma, colpita nel cuore dell’area solo per un contrasto un po’ moscio di Ndicka non sfruttato da Schranz un minuto prima della sua sostituzione. Ancora una volta lo studio dell’avversario (e dei suoi difetti) ha portato Mourinho a scegliere di conseguenza strategia di gara e uomini fino ad ottenere il massimo risultato con uno sforzo minimo.
A Milano serve un Mouracolo
Non è semplice però immaginare sin d’ora che cosa attenderà la Roma domani nel tardo pomeriggio a San Siro. L’Inter è la squadra più forte d’Italia, è vice campione d’Europa, ha la rosa praticamente al completo (Arnautović e Cuadrado non sono ancora mai realmente entrati nei meccanismi della squadra ), è nel pieno della sua condizione atletica e ha persino goduto di un paio di giorni in più di riposo. Dall’altra parte la Roma dovrà scendere in campo sostanzialmente ancora con la stessa formazione, non recupera nessuno dei suoi titolari in infermeria, resterà ancora priva della sua spina dorsale Smalling-Renato-Pellegrini -Dybala senza parlare degli affaticamenti dei giocatori più impiegati. Le premesse, insomma, pendono tutte a favore dell’Inter. Immaginare che Mourinho possa risolverla dalla panchina è esercizio di purissima fede prima che di ragionevole ottimismo. Sarebbe un miracolo. Magari non il primo.
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