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Pensare positivo per segnare di più

Che cosa è successo ad inizio secondo tempo? Solo che la proposta offensiva è diventata più convinta e con più variabili

Lukaku contro il Servette

Lukaku contro il Servette (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
07 Ottobre 2023 - 08:00

Ci sono partite che partono in un modo e poi si sviluppano in un altro e capirle e poi spiegarle resta compito assai complicato soprattutto quando sulla carta la differenza tecnica è notevole, ma poi sul campo questa distanza non si nota. E allora l’allenatore della squadra più debole normalmente pensa di aver adottato la più efficace strategia tattica possibile e quello della squadra più forte se la prende con i giocatori incapaci di tradurre in fatti la teorica superiorità tecnica. E alla fine del primo tempo di Roma-Servette il quadro era più o meno questo con l’ orgoglio da una parte di Weiler di aver palleggiato in alcuni momenti addirittura nella metà campo romanista (e di aver spaventato in due occasioni il portiere) e dall’altra la rabbia di Mourinho che vedeva, dall’alto della sua speciale visuale in Tribuna stampa, la sua squadra arrancare a dispetto di un vantaggio nel risultato conseguito più per casualità che per reale superiorità. Sarebbe bastato infatti che la deviazione di Cristante sul tiro di Stevanovic fosse finita in porta e magari quella di Tsunamoto sul tiro di Lukaku fuori dai pali per avere un risultato opposto al termine degli stessi 45 minuti di gioco, forse più coerente con quello che si era visto. 

Gli errori in non possesso
Sono bastati poi 14 minuti dalla ripresa per fornire il verdetto che alla vigilia della partita già sapevano tutti e cioè che la Roma è decisamente più forte del Servette e che le potenzialità dei suoi giocatori sono tali per cui non può esistere un risultato diverso dalla vittoria. Quei tre goal nell’arco di 14 minuti hanno confermato quanto nei precedenti 46 era stato messo in discussione dai fatti. Siamo portati a pensare in situazioni come queste che aldilà del buon lavoro svolto dagli svizzeri nel primo tempo ci siano state evidenti responsabilità dei romanisti nelle difficoltà palesate inizialmente dalla Roma, a cominciare da un approccio decisamente insufficiente a giudicare almeno dall’azione che dopo 20 secondi di gioco avrebbe potuto portare gli costi di passaggio. Nello specifico, come analizziamo nelle grafiche a fianco, c’è stato un chiaro errore di comunicazione tra i tre protagonisti dell’azione sul fronte romanista. Sul lancio lungo del difensore centrale di destra Vouilloz, Cristante e Mancini erano così largo anticipo rispetto a Bedia che non si sono intesi su chi dovesse per primo intervenire su quel pallone dopo che Cristante lo aveva fatto scorrere alle proprie spalle. Da una parte proprio lui, Bryan, che lo aveva fatto scorrere confidando nell’intervento risolutore di Svilar che invece, dal canto suo, è rimasto fermo in una posizione di mezzo temendo di disturbare l’azione difensiva del compagno. Quando sulla scena poi è intervenuto Mancini, Cristante ha pensato che volesse lui risolvere l’imbarazzo e ha provato a tagliar fuori di spalle l’avversario, fallendo clamorosamente nel compito tanto da cadere nell’impeto per averlo lisciato, anzi in qualche modo aiutandolo a tirare in posizione meno precaria di Mancini. Se dovessimo distribuire una percentuale di colpe nell’azione che avrebbe potuto portare al goal degli svizzeri partiremo da un 50% di Cristante, passando per il 30% di Svilar e finendo al 20% di Mancini. Nelle grafiche spieghiamo anche la genesi che ha portato all’altro grande rischio corso sull’iniziativa avversaria con il tiro di Stefanovic deviato da Cristante ad ingannare Svilar, con il pallone che poi fortunatamente è sfilato a 1 cm dal palo. Nello specifico, come visibile dalle immagini, sono stati tre diverse valutazioni sbagliate difensive di Paredes, Aouar e Cristante a determinare la catena di errori che ha portato anche in questo caso il Servette a sfiorare una rete. Ancora una volta responsabilità individuali, insomma eppure anche stavolta si può facilmente rintracciare il germe di una non sempre lucidissima organizzazione difensiva, ma anche di una poco convinta proposta offensiva. Come dimostra spesso il delta esistente tra le reti realmente segnate e quelle che si sarebbero potute segnare e le reti realmente subite e quelle che si sarebbero potute subire non sempre una squadra raccoglie per quello che merita e viceversa, ecco perché la differenza la farà sempre la qualità dei giocatori chiamati all’azione.

La proposta offensiva
Dal punto di vista offensivo la Roma nei 15 minuti iniziali del secondo tempo ha avuto quella predisposizione naturale all’offesa che le era mancata nei primi 45. Non parliamo di semplice modalità offensiva ma di predisposizione all’attacco in maniera continuativa. Si tratta in pratica di tutti quei meccanismi di attacco preventivo per cui un esterno che riceve la palla da un difensore centrale non provi a controllarla solo pensando ad una pura gestione del possesso, ma si predisponga già mentalmente magari all’uno-due con un altro centrocampista o con l’attaccante di zona palla. Si tratta in pratica di pensare positivo e non sempre la Roma in possesso riesce a farlo. Il difetto “strutturale” in un sistema di gioco come il 352 sta poi nella mancanza quasi inevitabile di un uomo tra le linee con cui dialogare. Quando c’è Dybala è proprio l’argentino che quasi naturalmente va in appoggio su certe traiettorie, senza è più complicato. Così molto spesso gli esterni della Roma si trovano a dover affrontare degli uno contro uno e a volte persino uno contro due dove sono fondamentali doti tecniche superiori alla media e anche naturale propensione allo scatto (e grande tenuta muscolare). Anche gli interni di centrocampo potrebbero proporsi con maggior continuità con inserimenti in profondità sincronizzati con i due attaccanti. In una partita così fa piacere sottolineare ad esempio come Celik abbia saputo sfruttare l’occasione mostrandosi intraprendente e volitivo anche se nel suo caso la qualità tecnica non è purtroppo elevatissima. A ben guardare, infatti, nelle azioni dei due assist la sua rifinitura non è stata limpida. Nel primo caso, il gol di Lukaku, era stato bravo Belotti a recuperare un pallone che proprio Celik aveva perso, poi sulla successiva proposta per il turco è stato necessario semplicemente passare il pallone in orizzontale, il resto lo ha fatto Lukaku. Nel secondo caso, invece, la bella apertura di El Shaarawy è stata sfruttata grazie alla sponda di testa del turco che non si è fatto ingolosire dalla tentazione del tiro in porta. Ma è probabile che la sua intenzione fosse quella di servire Lukaku al centro dell’attacco e non Pellegrini che arrivava da più lontano, invisibile agli occhi di Celik. L’importante, però, è stato che l’azione si è concretizzata e la Roma abbia arrotondato il suo punteggio. Ma anche la buona prova non cambia probabilmente l’idea generale che l’allenatore si è fatto dei suoi giocatori per la fascia e continuerà a scegliere di volta in volta l’elemento ritenuto per quella partita più affidabile, senza gerarchie precostituite a Cagliari.

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