La Roma merita tutti i punti che guadagna
Mourinho sta facendo un vero e proprio miracolo: in Serie A la differenza con la Lazio è stata sancita solamente dal risultato dei due derby
Non capire la differenza tra chi pratica calcio speculativo e chi domina una gara senza volere per forza il controllo del pallone significa buttare nel cestino delle strumentalizzazioni tutte le buone ragioni che hanno illuminato fino a oggi le teorie dei giochisti. Un conto infatti è sostenere in buona fede la passione di chi insegna calcio nella convinzione che una strategia tattica proattiva ed offensiva sia la strada migliore da battere per arrivare alla gloria, e peraltro chi scrive appartiene a questa categoria, altra cosa è gettare tutti gli altri nello stesso calderone, come se non ci fosse alcuna differenza tra un Mourinho e un Eziolino Capuano (che per inciso l’altro giorno si è tolto lo sfizio di rifilare tre gol col suo Taranto contro il Pescara di Zeman, paradigmatico paradosso).
Il dominio del non possesso
C’è sempre un germe maligno nelle battaglie di fede. Il calcio è apertura mentale, non fideistica applicazione di teorie, peraltro scritte sempre da qualcun altro. Premessa forse eccessivamente articolata, ma indispensabile per trattare il tema Mourinho e il miracolo che il portoghese sta compiendo alla Roma. Tanto, come al solito, a determinare il giudizio finale saranno i risultati. Nello scenario peggiore, la squadra giallorossa verrà eliminata dal Feyenoord e non entrerà tra le prime quattro del campionato (vada come vada la questione della penalizzazione alla Juventus): e allora lo Special One verrà normalizzato e ripassato sulla graticola dai vari (s)cassanisti della comunicazione. Vecchio, superato, obsoleto, insomma bollito, e poi egoista, paravento, speculatore e ovviamente distruttore di ogni buona intenzione calcistica.
Nell’ipotesi migliore, con la Roma in finale di Europa League e dentro le prime quattro posizioni di campionato, Setubal diventerà per ogni tifoso romanista nuovo luogo di culto e la statua dell’imperatore portoghese farà ombra a tutti i busti del Pincio, ad imperitura gratitudine. I neutrali sottolineerebbero però per l’ennesima volta le sue riconosciute qualità quanto meno motivazionali e qualcun altro si spingerà oltre, magari esagerando in senso positivo. Ma se volessimo limitarci oggi a descrivere il lavoro svolto nella Roma finora, non possiamo che rilevare la grandezza del percorso compiuto, dopo anni di continua ricerca estetica quasi sempre dissolti nell’incompiutezza dei mancati risultati. Pur non proponendo calcio spettacolare, infatti, la Roma domina o quanto meno controlla le sue partite dall’alto di una maturità tecnica e tattica di cui poche squadre dispongono in Italia, nonostante l’evidente disparità di valori tecnici che pende dalla parte di Napoli, Juventus, Inter e Milan.
Oggettivamente, invece, la rosa di Sarri ha qualcosa in meno di quella di Mourinho, e infatti in Europa la Lazio si è squagliata già due volte (prima in Europa League, poi in Conference) mentre in campionato la differenza tra le due squadre è stata determinata dal risultato dei due derby, uno deciso da un’ingenuità di Ibanez e l’altro pure. Immaginate se il risultato delle due sfide fosse stato di parità (come sarebbe facilmente potuto accadere senza episodi così casualmente decisivi) e rileggete la classifica: Roma seconda in classifica con 55 punti, Lazio terza con 54. Ma con i se e con i ma non si determinano le classifiche e dunque sia dato merito a Sarri per ciò che finora in campionato è stato in grado di fare. Finora.
Tutti i punti meritati
Ma torniamo a Mou e alle ingenerose e superficiali critiche rivolte nei suoi confronti sulle qualità mostrate dalla Roma. Facendo riferimento, per brevità di trattazione, solo alle partite giocate nel 2023, la squadra giallorossa ha portato a casa i risultati che voleva e con merito contro Bologna, Milan, Genoa, Fiorentina (che poi ha cominciato a vincere senza mai smettere), Spezia, Empoli, Lecce, Verona, Salisburgo, Juventus, Real Sociedad, Sampdoria e Torino, ha perso due volte con la Cremonese (nei due modi che ogni appassionato ricorderà), contro il Napoli in piena forma (che ha faticato oltre ogni previsione per battere i giallorossi solo nel finale), con il Salisburgo in maniera decisamente casuale, e poi con Sassuolo e Lazio giocando però due volte per tutto il secondo tempo in inferiorità numerica. Nella prima parte della stagione, prima dell’assurdo mondiale qatariota, la Roma aveva chiuso al sesto posto in campionato e qualificata ai play off di Europa League a dispetto di una serie di infortuni che avevano privato Mou per lunghi tratti dei giocatori chiave da lui fortemente voluti nel mercato estivo. E tutto questo dopo una stagione precedente, la sua prima, in cui aveva riportato un titolo internazionale alla Roma dopo 61 anni di astinenza conquistando comunque in campionato il diritto a partecipare all’Europa League. E questi sono fatti, e nessuno può confutarli.
E gli avversari? Narcotizzati
Se poi ci vogliamo addentrare nella questione più prettamente calcistica, anche a Torino per l’ennesima volta la Roma ha annichilito l’avversario, giocando la sfida con umiltà e con grande maturità tattica, con una formazione decisamente offensiva (due ali sugli esterni, un difensore regista come Llorente preferito al più difensivo Ibanez, un trequartista come Wijnaldum in mediana e tre punte davanti), studiata appositamente per aggirare le trappole del dispositivo difensivo a uomo di Juric (e dunque attaccanti velocissimi per le pressioni, gli uno contro e i prevedibili palla avanti-dietro-sopra con cui neutralizzare le marcature personalizzate). Poi il vantaggio immediato (favorito da una pressione alta di Zalewski perfettamente riuscita) ha indubbiamente favorito la strategia, inevitabilmente condizionata dal risultato nei successivi 80 minuti, ma ancora una volta la Roma non ha semplicemente arretrato il suo baricentro, ma ha soffocato le fonti del gioco avversario, fino a mortificarne le ambizioni. Roba già vista in quasi tutte le partite in cui i giallorossi si sono trovati in vantaggio. Basti pensare che in 14 delle 20 partite giocate nel 2023 l’avversaria della Roma ha totalizzato un numero di expected gol inferiore a 1. Mentre solo in 5 di queste partite la Roma non ha superato il valore 1 di xg.
E ora il Feyenoord
E quando c’è da alzare il livello della prestazione i giocatori sanno come e cosa fare. Ed è quello che succederà giovedì a Rotterdam, contro una squadra forte e in salute. Ma scommettiamo che con la Roma andrà in difficoltà a svolgere il suo gioco?
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