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L'analisi tattica di Roma-Torino: perché Mourinho è meglio di Juric

Lo Special One allena molto le teste dei suoi giocatori. In Italia non c'è nessun tecnico meglio di lui per la Roma. Tantomeno i gasperiniani

Mourinho in pancina contro il Torino

Mourinho in pancina contro il Torino (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
15 Novembre 2022 - 11:39

L’anomalia di questo ridicolo campionato del mondo piazzato a dicembre in ossequio alla terribile deriva del calcio mondiale gestito a petroldollari costringe ora la Serie A a fermarsi per due mesi come tutti gli altri campionati nazionali di ogni parte del mondo. Non sarà il grido di dolore di questo giornale a fermare il baraccone, il nostro disprezzo si mescola alle migliaia di voci dissonanti degli amanti del calcio di ogni latitudine. 

Come sta la Roma?

Nel frattempo facciamo il minestrone con quel che troviamo in casa e dunque ci prendiamo i vantaggi di una sosta che arriva nel momento più opportuno per una Roma apparsa stanca, sfiduciata, sfibrata e oltretutto decimata nella rosa nelle uscite più recenti. Sembra come se la squadra abbia giocato un’unica grande partita nelle ultime cinque-sei uscite. Vai sotto o vai sopra di un gol, la sostanza della gara cambia poco. Provi a difendere come hai fatto a Reggio Emilia, e ti va male. Provi a rimontare come hai fatto col Torino e ti va bene, almeno parzialmente. Una la perdi, purtroppo quella peggiore, con la Lazio, altre ne vinci, con il Verona e il Ludogorets. Ma la sostanza è tristemente la stessa: la Roma dello scorso anno senza Veretout, Oliveira e Mkhitaryan e priva dei rinforzi scelti sul mercato e pure degli elementi migliori tra quelli a disposizione non è evidentemente una squadra competitiva, non per arrivare tra le prime quattro. Non può costruire qualcosa sull’architettura di un gioco che l’allenatore non ha intenzione di dare perché, come ha detto più volte, per lui il gioco e la mentalità la fanno i giocatori. La si può pensare in maniera diversa, ma questo è quello in cui crede Mourinho e non ha senso contestarne la filosofia. Lui allena le teste più degli schemi. Peraltro non riusciamo sinceramente a vedere tutti gli effetti positivi infusi dai tecnici di altre squadre che, pur professando principi calcistici di alto livello estetico, si ritrovano avvitati dentro crisi di risultati o involuzioni tattiche che stemperano qualsiasi entusiasmo presso le loro tifoserie.

Lui è peggio di me

Di più: sarebbe curioso chiedere a chi contesta la guida tecnica della Roma (dopo il successo della passata stagione e neanche a metà di questa) chi metterebbe in panchina, se potesse farlo limitando lo scenario al campionato di Serie A, al posto del portoghese. Vediamo: i più bravi si stanno dimostrando Spalletti e Pioli, ma uno è stato salutato con i fischi di tutto l’Olimpico, l’altro è bravo e serio ma non ha certo l’appeal per affascinare i tifosi della Roma (e nessuno l’ha mai invidiato ai cugini quando era qui, per esempio). Allegri per un motivo e Inzaghi per un altro difficilmente sarebbero bene accolti, e comunque dividono da tempo pubblico di casa e critica universale: quale garanzia darebbero a Trigoria? L’idea Sarri prima di Mou aveva un senso, oggi l’ha perso del tutto. Gasperini ha rifiutato la Roma quando andava ricostruita, in pochi oggi sosterrebbero questa inversione di rotta tecnica e tattica. Dei suoi non sempre riuscitissimi cloni (Juric, Bocchetti, Palladino, Alvini) non vediamo chi potrebbe destare interesse, degli altri manco a parlarne, né tra chi bada al sodo (Calori, Nicola, Gotti, Stankovic), né tra i giochisti in cerca di maggior gloria (Zanetti, Italiano, Motta). Per trovare di meglio bisognerebbe forse rivolgersi fuori confine, ma giusto un paio di nomi metterebbero d’accordo tutti: Guardiola e Klopp. E allora, in attesa che sbocci il fiore De Rossi, Mou è il meglio che c’è e vale la pena di seguire l’indicazione della Curva Sud: «Squadra, società, allenatore: noi con voi nella stessa direzione».

I difetti dei “gasperiniani”

Anche con il Torino, la Roma per buona parte della partita ha pascolato senza una precisa strategia da perseguire. Con i tre difensori ipersfruttati da Mourinho e con un centrocampo formato da Cristante e Camara difficilmente viene fuori una costruzione dal basso lineare ed efficace. Quando la palla esce sugli esterni non si arriva mai dall’altra parte, perché si parte troppo bassi e si finisce per dialogare solo con i centrali in quel noioso giro palla nella propria metà campo che non trova sfoghi produttivi. E allora con il Toro l’unica strategia è sembrata essere alzare il pallone verso Abraham e Zaniolo confidando nel successo del due contro due che si poteva ogni volta configurare. Così ne approfittiamo per sottolineare ancora una volta come la proliferazione di tecnici di matrice gasperiniana non rappresenti un bel segnale per l’Italia alla costante ricerca di un’evoluzione tattica illuminata per migliorare la media delle proposte del nostro movimento calcistico. Oltre a spezzare in maniera spesso efficace le trame di gioco avversarie, quale può essere poi l’evoluzione generale del progetto? Oltre a saper bloccare gli avversari alla radice, che cosa si propongono le squadre che adottano questo sistema a uomo a tutto campo? A guardare il rendimento del capostipite Gasperini e della sua Atalanta sempre sull’orlo di un miracolo che non è arrivato neanche quando hanno azzeccato tutte le scelte in campagna acquisti, si ha la sensazione che in questa maniera si possono vincere tante battaglie intermedie, mai la guerra. Le partite di queste squadre sono quasi sempre orribili, agonisticamente molto tirate, inevitabilmente nervose, decisamente poco attrattive dal punto di vista estetico. 

Verso il 433?

Domenica ci sono state due partite differenti, una per 70 minuti, un’altra da quando entrato Dybala. Ancora una volta siamo usciti dallo stadio con la sensazione che alzando il livello della produzione offensiva la Roma diventi una squadra irresistibile. Il rammarico, semmai, deriva dal fatto che questa accelerazione deriva sempre dalle necessità legate al risultato. E allora la domanda sorge spontanea: ma se questa squadra alzasse per scelta il suo baricentro e provasse per il futuro a spingersi avanti, con un nuovo sistema di gioco e posizioni più funzionali alla sua propria natura? Un centrocampo a due o a tre potendo scegliere tra Cristante, Matic, Wijnaldum, Pellegrini e un attacco a tre, o tre più uno, con Dybala, Solbakken e una punta centrale e Zaniolo, ad esempio, non potrebbe essere una soluzione a diversi problemi? Celik è un ottimo terzino destro, Spinazzola forse il miglior terzino sinistro italiano, Smalling potrebbe far coppia con Ibañez o Mancini e a volte persino riposare... E adesso c’è anche il tempo per sperimentare. Buone vacanze, ma soprattutto buon lavoro.

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