L'analisi tattica di Roma-Cremonese: la vittoria, unica ossessione di Mourinho
Il tecnico portoghese vuole sempre i tre punti senza chiedere altro. Gli avversari studiano il modo per fermarlo, lui cerca la strada per vincere
Cresce sempre di più il livello medio del calcio italiano. L’ultima bella proposta tecnico-tattica di cui parlare è la Cremonese di Alvini, zero punti nelle prime due giornate di campionato, ma solo chi è abituato a valutare le squadre dai risultati potrebbe essere portato a giudicare negativamente l’impatto del ritorno in serie A dei grigiorossi. Se la Roma lunedì sera ha incontrato tante difficoltà lo si deve essenzialmente all’orgogliosa (contro)proposta tattica di un allenatore che ha tratto evidentemente ispirati spunti nel filone in cui in questi anni si sono sviluppate le capacità di club tipo l’Atalanta, il Torino e il Verona (di Juric prima e Tudor poi). Sono squadre che a prescindere dai valori tecnici sanno sviluppare un gioco coraggioso in fase di possesso e di contrapposizione individuale in fase di non possesso. È una versione più raffinata del vecchio gioco all’italiana che prevedeva duelli tecnici in ogni zona del campo, ma anche una proposta offensiva prevalentemente di rimessa. Invece no. Le squadre a uomo del calcio moderno sono impostate per controllare il possesso del pallone, per attaccare con tanti uomini e per aggredire altissimi gli avversari. Studiando gli avversari con il suo staff, non per caso Mourinho aveva immaginato una strategia che tendesse a fare uscire il più alto numero di giocatori possibili della Cremonese dalla propria metà campo per lasciare la possibilità al proprio tridente («soprattutto nel primo tempo, quando erano più freschi», ha chiosato il tecnico in sala stampa) di andare all’uno contro uno (partendo dal tre contro tre) in campo aperto e giocarsi così le proprie possibilità di vittoria.
Confidando un po’ sull’effetto sorpresa iniziale (quando i grigiorossi hanno faticato ad adattarsi all’impegno) e un po’ proprio su queste capacità di sviluppo nello spazio stretto dei suoi giocatori più talentuosi, la Roma nel primo tempo ha costruito quattro nitide palle goal che sono state tutte mancate per poco. Preoccupante? Lo si pensava anche l’anno scorso all’inizio con Abraham. Poi si è visto ciò che Tammy è stato in grado di fare. E discutere le capacità di finalizzazione di Dybala è semplicemente ridicolo: l’unico problema è che Paulo al momento non è ancora in condizione e l’appannamento rischia di avere conseguenze anche sulla sua lucidità nelle rifiniture e nelle conclusioni a rete. Così sì è piano piano sviluppata la sensazione che la Cremonese fosse riuscita ad imbrigliare i giallorossi e che magari con qualche spazio più largo nel secondo tempo avrebbe potuto puntare addirittura al bersaglio grosso di una prestigiosa quanto inaspettata vittoria.
Nessuno più difende e basta
Battere queste squadre non è mai facile soprattutto se il tasso tecnico è di discreto livello. I due attaccanti (Dessers e Okereke), il talentuoso trequartista di scuola juventina Zanimacchia, il robusto centrocampo e gli esterni di gamba e progressione (l’ex genoano Ghiglione e il romano Valeri ), uniti a tre difensori di grande muscolarità rappresentano un mix di forza, tecnica e coraggio che sicuramente consentirà ad Alvini di togliersi qualche bella soddisfazione nel corso della stagione. Nel calcio moderno, ormai, non c’è più spazio per chi punta tutto sulla difesa, tipo la Salernitana di Castori nella prima versione dell’anno scorso. Ecco perché il livello medio sta clamorosamente salendo ma ecco perché non è neanche più troppo facile segnare tanti gol: con la preparazione tattica ormai così diffusa, è più difficile trovare squadre arrendevoli e lo dimostra l’improvviso fiorire degli 0-0 in queste prime due giornate (già quattro, il terzo l’anno scorso arrivò alla nona giornata). La Roma ha tirato in porta 27 volte contro la Cremonese (ed è la squadra che in due partite di serie A ha tirato di più con il Napoli), ma quasi mai con la serenità di una conclusione senza opposizione. Forse solo Smalling sul gol ha goduto di una certa libertà garantita dal blocco di Mancini (vedi grafica). Ancora una volta la Roma ha dimostrato come le palle inattive siano diventate una risorsa importante per fare punti.
L’ossessione per la vittoria
In questo calcio diviso tra giochisti e gasperinisti, un capitolo a parte lo merita proprio Mourinho, un allenatore old style che però, a differenza di tanti altri suoi celebratissimi colleghi, non smette mai di volersi aggiornare. Difficile, ad esempio, vederlo su una tribuna televisiva a canzonare la “moda” della costruzione dal basso. Perché lui dopo aver subito il fenomeno all’inizio (è stato il più accanito rivale di Guardiola e del tiki taka), ne ha sperimentato la necessità. Da diversi anni ormai non esistono neanche più squadre che rinunciano a giocare cominciando dal proprio portiere. Esistono solo commentatori (superati) che dalla poltrona si permettono di criticare certe iniziative ovviamente solo quando da una sbagliata trasmissione del pallone discende un gol. Come quelli che se una squadra che marca a zona sui calci d’angolo prende gol spiegano l’accaduto solo così: se poi il gol lo prende la Cremonese per via di un blocco che fa saltare da solo un giocatore allora si parla d’altro.
Ma Mourinho per fortuna è diverso. Lui ha solo un’ossessione: per la vittoria. In qualsiasi modo si ottenga: se per farlo deve costruire dal basso, e ne ravvisa nello stretto una convenienza, allora rende giochista la sua squadra. Se il risultato non arriva imbottisce la sua squadra di attaccanti. Se va in vantaggio stringe i reparti e richiede massimo sforzo difensivo.
L’importanza dei campioni
Poi certo le cose riescono meglio quando ad interpretarle ci sono grandi giocatori. Ecco perché la doppia defezione in 24 ore di Wijnaldum e Zaniolo è stata drammatica per la Roma. Ma per fortuna, in attesa dei rinforzi che Pinto vuole garantire al tecnico, Mou può contare su elementi di primissimo livello come Abraham, Pellegrini e Dybala, il più atteso nel complicato confronto di sabato a Torino. La prova del capitano, in particolare, è stata superba. Forse ancora non ci rendiamo neanche conto di quale tipo di crescita questo ragazzo ha avuto. Anche lunedì giocando per 3/4 di partita da mediano/regista e, nel finale, da trequartista, è stato il giocatore della Roma che ha giocato più palloni (68), che li ha rifiniti con la migliore percentuale di riuscita (74%), che ha tirato di più verso la porta (7 volte), con addirittura il 100% dei dribbling riusciti e persino la seconda miglior percentuale di squadra di duelli individuali vinti (secondo solo a Smalling). Sono numeri eccezionali di un ragazzo diventato campione.
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