L'analisi di Roma-Venezia: gol e punti attesi, il rimpianto di Mou
A una giornata dal termine, per produzione di gioco e occasioni, i giallorossi sarebbero in Champions e con il secondo migliore attacco appena dietro l'Inter
Ieri il Manchester City ha rischiato di complicarsi la strada verso la vittoria in Premier League nella sfida in trasferta con il West Ham nella quale non sono bastati 19 tiri, di cui 8 tra i pali e 43 cross, 9 calci d'angolo e il 78% di possesso palla, quasi interamente nella metà campo avversaria, per ottenere i tre punti per tenere lontano il Liverpool. Alla fine il risultato è stato di 2-2 con il rigore sbagliato da Mahrez nella ripresa e un primo tempo chiuso addirittura sotto di due gol. Ma basterà vincere all'ultima in casa con l'Aston Villa per vincere il trofeo, a meno che non capiti loro un'altra delle cosiddette partite stregate, quelle in cui potrebbe non bastare una giornata intera per battere gli avversari e soprattutto trovare un varco in una porta che sembra spesso difesa più da una lastra infrangibile che da un portiere.
Quest'anno alla Roma è capitato due volte con il Venezia, il 7 novembre dello scorso anno all'andata e sabato scorso al ritorno. Tra una partita e l'altra la Roma è stata capace di tirare verso la porta veneziana, difesa all'andata da Romero e al ritorno da Maenpaa, addirittura 69 volte (23 al Penzo, 46 all'Olimpico) ottenendo appena lo straccio di tre gol e, quel che più conta, un solo punto. Ancor più beffardo il dato degli expected goal tra andata e ritorno. A Venezia, partita finita 3-2 per la squadra allora allenata da Zanetti, furono 2,40 a 5,07. Sabato all'Olimpico sono stati 4,57 contro 0,22 e se Pellegrini all'ultimo secondo non si fa quei 70 metri di corsa per impedire ad Haps di segnare a porta vuota il dato sarebbe stato sufficiente per segnare due reti.
La qualità delle conclusioni
Il dato preoccupante, se vogliamo anche in prospettiva Torino e, soprattutto, Tirana, resta quello relativo alla scarsa incisività dell'attacco giallorosso almeno in proporzione al numero di occasioni da rete create. Lo confermano alcune specifiche classifiche a cominciare proprio da quella degli expected goal, che per comodità definiremo semplicemente xg. Ebbene, nella classifica delle reti che si suppone si dovessero realizzare in base al tipo di conclusione a cui la squadra giallorossa è arrivata nel corso del campionato, la Roma è al secondo posto assoluto appena dietro l'Inter, dominatrice di questa graduatoria dall'alto dei suoi 86,22 xg. Segue la Roma con 68,57, poi Milan, Fiorentina, Atalanta Sassuolo e Napoli. Nella classifica generale delle reti realizzate, invece, la Roma è appena al 10º posto dietro inter, Lazio, Napoli, Milan, Atalanta, Sassuolo, Verona, Udinese, Fiorentina.
Nel differenziale tra le reti realmente segnate e quelle che potenzialmente si potevano realizzare è ovviamente la squadra messa peggio, con addirittura 12,57 xg in più rispetto a quelli effettivamente realizzati. Tanto per fare degli esempi, la Lazio ha costruito per segnare 54 gol e ne ha segnati 72, 18 di differenza. Significa, o almeno potrebbe significare, che gli attaccanti di queste squadre hanno una qualità migliore di quelli della Roma. Sono proprio le tre squadre che chiudono la classifica ad avere infatti problemi analoghi a quelli giallorossi: Salernitana, Cagliari e Genoa sono tre squadre che hanno quasi 11 gol in meno nel bottino reale rispetto a quelli che avrebbero meritato di segnare. Non c'è invece tutta questa differenza tra i gol subiti e gli xg concessi: il valore della Roma in questo caso è fisso sui 43, e infatti nella classifica delle migliori difese è al sesto posto mentre in quella degli xg concessi è settima. Nessuno ovviamente può discutere il valore di Abraham, a quota 18 in campionato, al 10º posto della relativa classifica. Tammy ha segnato in pratica i gol che ha meritato, visto che il dato degli xg personale è analogo (18,83). Immobile, che conduce la classifica, ha per esempio ben quattro reti in più rispetto a quelle che si era guadagnato. Il problema si annida in altre conclusioni.
Il muro di Venezia
Resta alla fine il rammarico per un'altra mancata vittoria della Roma all'Olimpico. Il bilancio casalingo della Roma di Mourinho in campionato è di 10 partite vinte su 19, 6 pareggiate e 3 perse (contro tre delle prime quattro squadre del campionato, Milan, Inter e Juventus). Si è anche complicato il cammino verso l'Europa che invece con la vittoria sarebbe stato un obiettivo intanto raggiunto, per valutare poi nelle due restanti partite il trofeo da disputare. Così c'è invece ancora il rischio della beffa dell'ottavo posto (se la Roma non dovesse vincere venerdì a Torino) e la conseguente ulteriore responsabilità trasmessa nella sfida di Tirana dove in palio, quindi, non ci sarebbe solo la coppa della Conference League ma anche la qualificazione a una competizione per il prossimo anno (in quel caso la vittoria darebbe diritto alla qualificazione direttamente alla fase a gironi dell'Europa league).
Solo una cosa non ha funzionato contro il Venezia: la mira. I numeri della sfida sono da record nella stagione romanista: per una squadra che lascia spesso il possesso palla agli avversari, il dato di 68% è inferiore nella stagione solo a quello raggiunto a Salerno alla seconda giornata di campionato, e nel secondo tempo della sfida si è raggiunta anche la punta dell'80% nella fase centrale del secondo tempo. Nello stesso periodo la Roma è arrivata a costruire anche 1,4 azioni offensive per minuto, raggiungendo un'intensità di pressing di 2,4 (sono i passassi passaggi concessi per azione difensiva agli avversari). Favorita anche dalla superiorità numerica raggiunta dopo mezz'ora di gioco, la Roma ha preso possesso della metà campo avversaria e non l'ha più mollata. Ma il Venezia ha eretto un muro e Maenpaa ha parato anche l'imparabile.
Lo scandalo del tempo effettivo
Incuriositi poi dalla rabbia di Mourinho nei confronti del quarto uomo nel momento in cui sono stati decretati i 4 minuti di recupero del secondo tempo (poi estesi a sei per via delle ulteriori perdite di tempo) siamo andati a verificare quanto sia stato il tempo effettivo di gioco e ancora una volta dobbiamo registrare l'anomalia di un dato che accade solo nel campionato italiano: come già successo all'andata, con la stessa squadra, anche stavolta si è giocato per appena 47 minuti, sette-otto in meno di quanto dura mediamente una partita in serie A, 13 in meno di quanto dovrebbe durare secondo i sostenitori dell'introduzione del tempo effettivo del calcio. Anche in una sfida ben arbitrata da quello che resta probabilmente uno dei migliori prospetti arbitrali italiani, il signor Sozza di Seregno, c'è il rammarico per qualcosa che dal punto di vista regolamentare non ha funzionato. Speriamo possa andar meglio nella prossima stagione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA