Roma-Milan, l'analisi tattica: se il 4-3-3 da solo non basta
Il sistema preferito da Di Francesco non è la panacea di tutti i mali e non prescinde da Ddr. Resta qualche ombra sull’organizzazione difensiva
E ora si passa al nuovo tormentone: 433 panacea di tutti i mali. È bastata una partita ben giocata, peraltro neanche vinta, per convincere tutti che il segreto della ritrovata vitalità romanista sia nel sistema di gioco (ri)proposto da Di Francesco, abiurato il 4231. Non è così e non serve neanche citare i numeri per ricordarlo: basti pensare che in questa stagione su 30 partite la Roma è scesa in campo 21 volte col 4231 (11 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte), 6 col 433 (1 vittoria, la prima giornata a Torino), 3 pareggi (tutti in casa: oltre al Milan, contro l'Atalanta, seconda giornata, e il Chievo, alla quarta) e 2 sconfitte (Madrid e Bologna).
E poi una volta a testa con il 3412 (ko a Milano), con il 343 (vittoria sul Genoa) e il 352 (ko a Torino con la Juventus). Insomma, non ci sono elementi statistici per sostenere la teoria che un sistema si adatti meglio di un altro alle caratteristiche dei romanisti. Ma questo è di sicuro il modulo che Di Francesco conosce meglio, quello che lo ha portato ad imporsi all'attenzione generale. E che adesso per un po' riproporrà, almeno fin quando potrà contare sull'unico giocatore della sua rosa in grado di poter interpretare con efficacia il ruolo di unico regista davanti alla difesa: Daniele De Rossi.
Comanda De Rossi
Della splendida partita del capitano giallorosso parliamo anche in altra parte del giornale. Qui magari ci soffermiamo su ciò che Daniele è in grado di garantire dal punto di vista tattico alla sua squadra, distinguendo tra le due fasi, quella di possesso e quella di non possesso. Nel primo caso De Rossi è il principale catalizzatore di palloni e l'uomo che fa sempre partire pulita l'azione, alternando gioco corto a verticalizzazioni nel cuore della metà campo avversaria (le sue famose "infilate", cui ha fatto cenno anche Gattuso in sala stampa: «Non sai mai dove ti mette la palla»), a lanci lunghi di prima che possono cogliere impreparate le difese. Qui sta proprio la sua unicità: nessun altro, dei centrocampisti a disposizione di Di Francesco, ha le stesse caratteristiche con la palla tra i piedi (7 i lanci positivi effettuati domenica, nessuno ne ha fatti di più).
Col Milan si è rivista anche la famosa "palla trasversa" di spallettiana memoria, quella che aveva in Totti un interprete sopraffino: è quella palla che arriva lateralmente e che il giocatore (messo magari di taglio rispetto alla porta avversaria) manda forte di prima verso il lato opposto dell'attacco, quasi sempre sopra la linea difensiva, senza neanche guardare. Non è stata efficace, ma era un po' che non si vedeva. E anche nelle cosiddette transizioni positive (nei momenti in cui, cioè, la squadra riconquista il pallone per reimpostare una nuova azione), è sempre pronto alla giocata di prima avendo già memorizzato la posizione dei compagni più vicini.
4141 o 433?
In fase di non possesso poi, la sua intelligenza calcistica lo fa essere sempre al centro della scena, laddove c'è maggior bisogno di un rinforzo tattico, che sia per la linea difensiva, per il centrocampo, per le catene laterali: ha vinto tre duelli a terra su tre, un duello aereo su uno, ha recuperato 5 palloni (come Manolas, 6 Fazio e Karsdorp) e subito un solo fallo. Una prestazione praticamente perfetta, senza incertezze né cedimenti, 90 minuti con la stessa intensità nonostante non scendesse in campo da Napoli, 28 ottobre, quasi cento giorni. Una presenza anche scenica talmente importante che ha spinto qualche commentatore a definire 4141 il sistema tattico della Roma, che invece è stato un purissimo 433 con le mezzeali mai allineate con gli esterni se non in qualche inevitabile fase di non possesso (ma come ha ricordato anche Di Francesco in sala stampa, tutti i 433 in non possesso diventano 4141 o 451). Numeretti che contano poco e che continuano a mascherare i veri problemi della Roma, emersi in parte anche domenica.
L'organizzazione difensiva
Nelle grafiche sotto si possono trovare tre esempi pratici di che cosa continui a non funzionare nell'organizzazione soprattutto della linea difensiva giallorossa. Eppure l'impressione è che Di Francesco abbia lavorato sodo su una migliore copertura degli spazi anche all'indietro, evitando magari il ricorso continuo ed ossessivo alle pressioni offensive troppo alte che possono poi diventare un incubo quando non si rivelano efficaci. Gli interni di metà campo Pellegrini e Zaniolo sono spesso rimasti cauti a prendersi cura dei dirimpettai di ruolo (Kessie e Paquetà), alzandosi raramente fino ai centrali nell'impostazione bassa del Milan, con la squadra pronta a quel punto ad accorciare in avanti per non lasciare troppi spazi di mezzo.
Così nel secondo tempo la Roma ha spesso lasciato l'iniziativa al Milan, peraltro abbastanza sterile: ma il dato del possesso si è ribaltato (nel primo tempo 51% a 49% per la Roma, nella ripresa 61% a 39% per il Milan) e alla fine i rossoneri hanno palleggiato molto più dei giallorossi (524 passaggi a 384). Ma dal punto di vista del merito, non c'è alcun dubbio che la Roma avrebbe meritato la vittoria. Lo conferma il dato delle occasioni da gol (lo ha tenuto Sky: 9 a 3), dei tiri totali (17 a 8, di cui 7 nello specchio: solo con il Napoli ne aveva subiti di più, 8) e soprattutto degli expected goals, arrotondabile a 2 a 1. Ora bisognerà vedere con quale sistema si scenderà in campo venerdì sera al Bentegodi, con i rientranti Nzonzi e Cristante e l'assenza di Pellegrini, squalificato. A naso, il francese (non adatto a fare l'interno) potrebbe restare in panchina, con Cristante in campo da mezzala al posto di Pellegrini.
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