Atalanta-Roma, l'analisi tattica: i giallorossi come un pugile suonato
I perché di una metamorfosi: due tecnici che amano attaccare come due boxeur che menano senza paure. E alla fine ne esce meglio chi ha più resistenza fisica
Metti di fronte due squadre in salute di gran livello con due allenatori diversi ma molto offensivi e viene fuori una partita assai divertente se la vedi con gli occhi distaccati del calciofilo neutro, ma che assume contorni da psicodramma se invece ci entri dentro con l'animo appassionato del tifoso di una delle due. Al 40' del primo tempo, chi avesse ancora la registrazione della partita su Sky e volesse sentire con il solo audio ambientale la reazione dei tifosi dell'Atalanta al terzo gol della Roma (ri)sentirebbe il florilegio di insulti e di imprecazioni anche blasfeme che hanno coperto i giocatori dell'Atalanta, mai visti così in difficoltà nelle precedenti venti partite del campionato italiano. Ma l'epilogo della partita ha ribaltato il quadro e chi avesse ascoltato nel pomeriggio di domenica o nella giornata di ieri i commenti dei tifosi nei confronti di calciatori e allenatore della Roma avrebbe registrato umori ugualmente forti, ma ovviamente contrari. Qui che tifosi lo siamo ma che abbiamo anche una minima pretesa di poter valutare una gara con un'analisi che prescinda dai fattori emotivi proviamo però a tener presente tutto, a partire dal primo tempo.
Quel peccato di presunzione
Eh sì perché mentre i tifosi atalantini al 40' insultavano i propri giocatori per la sconfitta che andava maturando, Gasperini rimuginava in panchina su quell'atteggiamento allegro anzi, sconsiderato dei suoi giocatori, troppo aperti sulle costanti transizioni romaniste: «Di solito non lasciamo tanti spazi, ma è stata anche brava la Roma a prenderseli». Cerchiamo di capire, partendo da come gioca l'Atalanta. In un modo sconosciuto ai più. E cioè: quando è in possesso palla cerca di impostare con i tre difensori (soprattutto Toloi, il più dotato dal punto di vista tecnico, il meno da quello squisitamente difensivo) e a volte aggiunge proprio il brasiliano alla fase offensiva, che già conta su due esterni inesauribili, due centrocampisti che accompagnano, Gomez a trequarti e due punte mobilissime che attirano i difensori anche fuori dalle loro zone di competenza proprio per favorire gli inserimenti dei mediani e degli esterni, spesso in area tutti insieme. Il pallone deve girare velocissimo anche perché tecnicamente sono anche molto dotati, con i picchi di eccellenza di Gomez e Ilicic. Logico che quando perdono il pallone rischiano di trovarsi in difficoltà sulle giocate veloci e magari di prima, che scardinano il piano di marcature personalizzate rigidamente imposto dal tecnico. Se guardiamo i tre gol e anche le altre occasioni giallorosse noteremo che la Roma ha ogni volta saputo uscire rapidamente o in verticale sfruttando ogni volta varchi non casuali, ma liberati anche con il sapiente movimento dei suoi giocatori (vedi dettaglio sul primo gol nella pagina accanto). Sì, Gasperini aveva peccato un po' di presunzione, pensando di poter attaccare con il solito numero di giocatori una squadra che tecnicamente è tra le prime in Italia e che, punto di fondamentale rilevanza, nel primo tempo era ancora nel pieno delle forze mentali e fisiche. Se è dunque fuorviante dire che la Roma abbia dominato il primo tempo, di sicuro è sembrata la sfida sbilanciata tra una squadra molto in forma che provava ad attaccare e una molto forte e matura che sapeva quando e come colpire.
Tra primo e secondo tempo
A conferma di quanto appena enunciato, il dato dell'evoluzione degli expected goal, che potete vedere qui riprodotto: per tutto il primo tempo la Roma è stata superiore agli avversari in quanto a pericolosità. Il brutto segnale per la squadra di Di Francesco è stato il gol di Castagne, preso per responsabilità individuale di Karsdorp, decisamente inadeguato nel contrasto aereo con il rivale. Lì è cambiata la partita perché nella ripresa la Roma è sembrata calare gradualmente le forze, tanto da non riuscire mai a tirare in porta, da non toccare mai un pallone in area avversaria (contro i 24 dell'Atalanta), da non costruire neanche un'azione pericolosa, da non sapere più nemmeno tenere un pallone per ripartire negli spazi che gli avversari avrebbero lasciato, senza nessun romanista però in grado di andarseli a prendere. La solita fobia collettiva che annebbia i muscoli, come quelli di un pugile che ha dato tutto nei primi round e poi molla, senza più forze. Mentre l'Atalanta picchiava ancora, forte di una preparazione atletica che in Italia, purtroppo, puoi permetterti solo in provincia.
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