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L'analisi di Roma-Bodø: prima del colpo di genio serve la manovra

Mourinho ha sottolineato la mancanza della scintilla risolutiva: ma tra errori e stanchezza il gioco latita

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
06 Novembre 2021 - 08:41

La Roma si è inceppata. E a confermarlo non c'è voluto il deludente pareggio con i norvegesi del Bodø, ma la più recente striscia di prestazioni non all'altezza delle aspettative maturate nel primissimo periodo della gestione di Mourinho. Prima della sfida di giovedì, infatti, la Roma veniva dalla sconfitta interna con il Milan, dalla stentata vittoria di Cagliari, dal pareggio interno con il Napoli, dalla tremenda scoppola rimediata in Norvegia, dalla sconfitta di Torino con la Juventus. Sei partite con una sola vittoria, prestazioni discontinue, tanti errori arbitrali, ma anche diversi problemi emersi. Ai fattori esterni, come quello arbitrale, ci si penserà più avanti, sperando che i ricorrenti errori contro la Roma siano dovuti solo ad una serie di sfortunate coincidenze e a nient'altro. Sono relativi a tre diverse aree, invece, i problemi che la Roma deve cercare di risolvere sotto il profilo tecnico e tattico: una più aggressiva fase di non possesso, un più armonico sviluppo della manovra, una più produttiva rotazione degli interpreti che possa consentire all'allenatore di trarre il meglio da ognuno dei giocatori a disposizione, senza autocastranti provvedimenti chefiniscono per complicare ulteriormente le cose.

Lo sviluppo del gioco

Delle quattro fasi di gioco, nella partita contro i norvegesi giovedì la Roma ha brillato solo nelle transizioni positive. Significativa in tal senso l'azione sviluppata al 37º del primo tempo con Veretout a recuperare un pallone in mezzo al campo e a scodellarlo rapidamente sulla progressione di Zaniolo fino a metterlo da solo davanti al portiere: se Nicolò avesse semplicemente appoggiato il pallone orizzontalmente dentro l'area Abraham avrebbe segnato a porta vuota e si sarebbe sbloccato, la Roma sarebbe andata in vantaggio all'intervallo e, molto probabilmente, sarebbe cambiato tutto il quadro psicologico della partita. Ma Nicolò ha fatto la scelta sbagliata, l'occasione è sfumata. Ironia della sorte ha voluto che anche nel secondo tempo, nel preludio del gol dell'1-2, ci sia stato un suo mancato controllo a determinare lo sviluppo successivo della transizione norvegese. Quando invece la Roma ha dovuto impostare la manovra per conto suo, non si è visto lo sviluppo veloce e ponderato che la situazione richiedeva. L'unica arma realmente efficace per tutto il primo tempo sono stati i lanci di Cristante nello spazio lasciato soprattutto dalla parte di Karsdorp dai frequenti accentramenti del loro terzino sinistro, Bjørkan. Ma l'olandese non ha saputo sfruttare le diverse proposte (appena 4 su 11 i cross riusciti) e la manovra giallorossa è rimasta compressa. Che cosa è mancato? Non sappiamo che tipo e quante esercitazioni offensive si facciano durante la settimana a Trigoria sui tagli offensivi. Non sappiamo quali movimenti richieda l'allenatore agli esterni che vengono dentro al campo e quanto alleni i conseguenti movimenti dentro le linee della difesa avversaria, o se preferisca magari lasciare più all'intuizione del giocatore la possibilità di trovare uno sviluppo piuttosto che codificare ogni giocata studiandola in laboratorio. È un fatto, però, che alla Roma questa brillantezza offensiva da un po' di tempo manchi. Mourinho ha evocato i mancati colpi di genio degli attaccanti quando ha dovuto giustificare il risultato, ma dovere di un allenatore è intanto fornire tutte le chiavi possibili per aprire le porte chiuse dagli avversari e in questo senso riteniamo che nello sviluppo della manovra giallorossa ci siano ancora moltissimi margini di miglioramento. Lo stesso Abraham a volte sembra un pesce fuor d'acqua, corre troppo a vuoto ed è poi poco lucido sottoporta. E qui bisogna fare anche una riflessione sull'eccessiva percentuale di tiri che finiscono lontani dalla porta. Anche con i norvegesi, a fronte di 14 conclusioni totali appena 4 hanno inquadrato lo specchio. Agli uomini di Knutsen è bastato calciare cinque volte per trovare due gol. Questo è un problema ricorrente nella stagione romanista.

Le pressioni disorganizzate

Quando poi la Roma alza le pressioni e porta i suoi giocatori sui portatori di palla avversari c'è a volte la sensazione che i movimenti non siano perfettamente studiati: nel primo tempo di giovedì sono state troppe le corse a vuoto per andare a tamponare peraltro vanamente la fonte del gioco avversaria. All'andata, in Norvegia, il trequartista (Villar) portato costantemente sul centrale avversario lasciava sempre inferiorità numerica in mezzo al campo. Giovedì, con Mkhitaryan, la preoccupazione principale era di schermare il passaggio al regista, ma quando la palla andava esterna sui terzini arrivava in ritardo la pressione degli attaccanti romanisti e nessun meccanismo prevedeva la schermatura del giro palla. Così anche quando trovavano la strada sbarrata, i norvegesi potevano facilmente ricominciare dal portiere e provare dalla parte opposta. Se la Roma vuole aumentare il tasso di aggressività sarebbe il caso di studiare la questione in maniera più approfondita rinunciando alla superiorità numericadei difensori. Altrimenti è meglio abbassare le linee e attendere più coperti, garantendo comunque maggiore densità nelle zone centrali.

Le rotazioni pericolose

E c'è indubbiamente un fattore che riguarda poi la scarsa brillantezza di alcuni elementi tra quelli maggiormente impiegati da Mourinho. La sensazione è che sul tema l'allenatore portoghese si sia un po' incartato. Se poteva avere un senso pedagogico (comprensibile persino dal punto di vista finanziario) quello di dar maggior forza agli elementi del vivaio romanista chiamando in panchina i migliori della primavera e lasciando a casa quelli che si ritiene abbiano lavorato peggio durante la settimana, non sembra trovare poi giustificazione razionale l'improvviso ricorso agli esclusi per rimediare al risultato negativo che stava maturando proprio contro i norvegesi. E comunque l'eccessivo utilizzo dei cosiddetti titolari ha prodotto anche un evidente appannamento della loro condizione. Così oggi c'è il rischio che i fedelissimi si siano già usurati e che gli altri si sentano comunque se non confinati, comunque coinvolti solo se c'è realmente bisogno. Un pastrocchio, insomma. Conforta solo un fatto: la sosta potrebbe servire a ricalibrare un po' tutto e magari a ritrovare la giusta armonia anche all'interno dello spogliatoio. Per arrivarci sereni è fondamentale però battere domani il Venezia. Niente (più) scherzi.

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