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L'analisi di Roma-Trabzonspor: quando tre indizi fanno una prova

Mourinho way. Terza partita con possesso e palleggi lasciati agli sconfitti e terza vittoria consecutiva: ma l’allenatore vuole maggiori pressioni

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
28 Agosto 2021 - 15:57

Se tre indizi fanno una prova non ci sono più dubbi sulle qualità della Roma di Mourinho. Terza partita ufficiale giocata, terza vittoria, terza volta con cifre statistiche e sviluppo tattico assai simili: anche giovedì sera la Roma ha lasciato agli avversari l'iniziativa, il palleggio e il possesso palla. Ma si è presa tutto il resto. I tre punti, la qualificazione alla Conference League, la soddisfazione di sentirsi più forti e, soprattutto, di poterlo dimostrare quando è il momento.

La differenza con Fonseca

È questo lo scatto più evidente tra la Roma di Fonseca e quella di quest'anno: quella cercava di spaventare gli avversari col palleggio e la pressione alta, provava ad irretirli e quando ci riusciva era bella da vedere. Ma erano troppi gli episodi contrari, in cui squadre tatticamente più smaliziate esaltavano i difetti difensivi di un assetto troppo sbilanciato, e nelle difficoltà quella Roma si ammosciava fino a sparire dal campo. Questa fa il contrario: ti da la sensazione di poter gestire la partita, ti fa credere di poter ribaltare i pronostici se sei di un livello tecnico inferiore, o ti lascia palleggiare se hai un livello tecnico pari o superiore, ma poi, all'improvviso, ti inchioda, ti assalta, poi molla la presa e poi la riprende, ti toglie certezze e alla fine ti sovrasta. Certo, sono solo tre partite, non trenta, come ha detto Mourinho a caldo. Ma sono state tre partite talmente simili tra di loro da far pensare che l'anima sia ormai segnata. Tre partite, tre volte le statistiche qualitative hanno confortato le ambizioni degli avversari, ma tre volte il risultato è stato lo stesso: ha vinto la Roma. Gli altri giocano, o almeno provano a farlo, la Roma vince. Per un tifoso è anche un modo per emendare certe sofferenze, quando succedeva il contrario.

Ora della forma interessa il giusto, adesso si bada alla sostanza. Peraltro non è, come abbiamo già avuto modo di rimarcare, un calcio difensivo quello di Mourinho. È sicuramente un calcio speculativo, ma resta, di base, un calcio umile, che parte dal presupposto che gli avversari possono essere anche essere in grado di fare meglio, e allora è bene restare compatti, non alzare troppo le pressioni, non partire all'arma bianca, aspettando di capire se il destro dell'avversario può far male. E quando ti rendi conto che male non lo fa, che il suo pugno non arriva, che non ti tocca proprio, e allora ti gira intorno, ma si stanca e non colpisce, solo allora, rassicurata, la Roma alza la testa e porta casa il risultato. Quanto durerà? Magari niente, magari una vita. Ma è bello sapere che chi è arrivato al capezzale sappia esattamente cosa fare per guarire, rivitalizzare e ripartire.

I margini di miglioramento

E poi c'è lo spettacolo a parte rappresentato dalla partita di Mourinho nella partita della Roma: le chiacchiere con gli avversari, le corse dalla panchina, le "marcature" agli avversari liberi, i confronti cortesi o meno con gli arbitri, gli applausi infiniti. Certo, arriveranno i tempi bui, ma nell'attesa è Mourinho show. Peraltro a precisa domanda sui margini di miglioramento della squadra, subito dopo la sfida di giovedì, l'allenatore portoghese ha rivelato come manchi ancora qualcosa dal punto di vista tattico alla Roma per essere come l'aveva immaginata. In particolare, Mou vorrebbe pressioni più alte e maggior aggressività. Dunque l'atteggiamento un po' troppo passivo visto in queste prime partite ufficiali potrebbe non essere figlio di una precisa scelta tattica, ma solo dell'estemporaneità dovuta al momento della stagione, con quello che significa in termini di preparazione fisica e anche tattica. E allora magari forse già a Salerno, o più probabilmente con gli altri giorni da dedicare alle esercitazioni specifiche durante la sosta delle Nazionali, vedremo anche una Roma più propositiva.

Zaniolo nel bene e nel male

La verticalità funziona in maniera già egregia. Ci sono dei giocatori che ce l'hanno dentro, per esempio Zaniolo. Due esempi valgono più di mille spiegazioni teoriche. In occasione del primo gol, quando Cristante allarga il pallone a Karsdorp sulla destra, è proprio il movimento di Nicolò che parte dritto sulla sua verticale a creare lo spazio che lo stesso Cristante andrà ad occupare, ricevendo il pallone del terzino, sistemandolo per il tiro e poi calciando forte in diagonale nonostante il disperato tentativo di Siopis. E in occasione del secondo gol, è ancora Zaniolo a dettare il lancio a Veretout andando a tagliare il campo da destra verso sinistra alle spalle dei centrocampisti e prendendo in contropiede l'intera difesa, nonostante il tentativo disperato di opposizione di Trondsen che però è arginato proprio dalla fisicità di Zaniolo. Corollario su questo gol: a chi dice che la costruzione dal basso è pericolosa, fate vedere il rinvio lungo di Cakir in questa occasione, con la squadra in risalita, il colpo di testa sulla propria trequarti di Viña in direzione di Mkhitaryan, lo smarcamento di Veretout e il taglio profondo di Zaniolo. Scacco al Trabzonspor in tre mosse. Su rinvio lungo del portiere.

C'è stato poi anche qualcosa che alla Roma non ha funzionato dal punto di vista tattico. La grande occasione per Vitor Hugo ad inizio secondo tempo, oltre a evidenziare le grandi capacità di Rui Patricio («Rui è Rui, non c'è bisogno di dire altro», aveva detto Mourinho qualche tempo fa, ora si è capito compiutamente che cosa intendesse), ha anche mostrato una fragilità nello schieramento misto sui calci piazzati, circostanza che fino ad oggi non si era mai verificata. Come si vede bene nelle grafiche nella pagina accanto, se cala un attimo l'attenzione anche in uno solo dei quattro difendenti chiamati a marcare a uomo nel cuore dell'area (o se gli avversari si organizzano con movimenti civetta o qualche blocco), finisce che il miglior colpitore vada a saltare indisturbato. Nel caso specifico probabilmente sono stati Cristante e Zaniolo a perdere i riferimenti. Zaniolo è uno che in fase di non possesso a volte molla qualcosa. Nel primo tempo c'è stata anche una discussione con Mancini per una questione tattica. E nel secondo tempo è stato Abraham ad avere qualcosa da ridire a lui e a Karsdorp per aver permesso a un avversario di andar via indisturbato sulla fascia. L'inglese può già permetterselo: è uno che non si risparmia neanche in uno dei minuti trascorsi in campo, anche nella fase di non possesso. E nei momenti più complicati del secondo tempo è stato tra i più attivi anche dalle parti dell'area romanista nella difesa della porta, sia nei calci piazzati sia nell'inseguimento sottopalla ai centrocampisti avversari. Anche per questo finisce stremato dopo un'ora di gioco.

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