I tifosi del Torino, i più antichi e i più Mods
Sono fra gli antesignani del tifo organizzato, fin dagli Anni 50. Dal 1969 attivi in Curva Maratona. Fra gli ultras gli Statuto, gruppo musicale simbolo del movimento modernista
Medaglia Toro. Sono stati loro i primi in ordine di tempo ad aver “organizzato” il tifo. I granata. Già negli Anni 50, con i Fedelissimi, precursori dei gruppi ultras. Un’era geologica fa: la guerra finita da poco, i palloni ancora di cuoio grezzo, una stella di inusitata grandezza appena spenta sulla collina di Superga. È proprio il Grande Torino a costituire il mito fondante della tifoseria. Non potrebbe essere altrimenti. Oggi lo stadio che ospita le gare interne del Toro ne porta il nome, in omaggio a quella squadra irraggiungibile. Mentre il 4 maggio (l’anniversario) scandisce il pellegrinaggio comune verso il luogo sacro: squadra, dirigenti e tifosi, tutti insieme per onorare la leggenda. Un corpo unico, come il colore granata nel tessuto cittadino. A dispetto dello strapotere Fiat e dei titoli juventini, storicamente il torinese propende per la parte che porta il nome della città. Come d’altra parte accade in tutte quelle con più squadre. Negli ultimi decenni la mappa del tifo si è leggermente bilanciata rispetto ai numeri schiaccianti del passato. Il legame ancestrale fra capoluogo e club però non si è mai interrotto. Simbolo ne è il rinato “Filadelfia” (come l’omonimo borgo in cui sorge), epico impianto casalingo fra il 1926 e il ’63, rimesso a nuovo nel 2017 dopo decenni di abbandono. Oggi al suo interno si allena la squadra e giocano le giovanili. Appena fuori batte il cuore del tifo: all’esterno del campo si trova il Bar Sweet, storico luogo di ritrovo degli ultras.
Pionieri
Dal Filadelfia alla Maratona il passo è breve - non soltanto dal punto di vista logistico - e richiama ai due settori popolari del vecchio stadio “Comunale”, dalle cui ceneri è sorto l’attuale “Olimpico-Grande Torino”. Il secondo è da sempre casa degli Ultras Granata, gruppo trainante della Curva fin dal 1969. Antesignani del movimento in Italia insieme ai sampdoriani, nei decenni Settanta e Ottanta i torinisti si segnalano fra i sostenitori più calorosi e colorati del panorama nazionale. Memorabili alcune coreografie nei derby, o i bandieroni a tutto settore ripresi poi da molte altre tifoserie. Tutto messo in scena con il contributo degli altri gruppi nati in seguito: Granata Korps e Quinta Colonna (di destra) da un lato, Viking (di sinistra) dall’altro, quasi a segnare uno spartiacque ideologico fra le due anime della Maratona. Ma il cuore pulsante della tifoseria non si fonda più su una vera e propria connotazione politica, e a partire dagli Anni 90 la Curva non espone simboli di alcuna fazione. L’identità con il territorio da contrapporre agli “apolidi” in bianco e nero sulla sponda opposta del Po; l’orgoglio per una storia immensa anche se in evidente declino rispetto alle glorie del passato; la primigenia dell’aggregazione da settore popolare, fondano i cardini del tifo granata. Segni distintivi, insieme ai gemellaggi pluridecennali: quello con il Genoa durato più di mezzo secolo, è entrato in crisi per questioni di campo (i rossoblù mandarono in B il Torino), anche se i rapporti si sono poi ricomposti. Quello con la Fiesole fiorentina resta, alimentato dalla comune avversione ai nemici di sempre juventini. Non i soli: rivalità anche nei confronti di sampdoriani, veronesi, atalantini e bolognesi. E un’acrimonia reciproca con gli ultras della Roma, che ha origine negli Anni 70, quando le connotazioni erano molto più marcate e una parte della Sud aveva addirittura un’amicizia con gli juventini (ebbene sì, è successo) ed è stata recentemente rianimata da qualche incontro ravvicinato poco amichevole nella città sabauda.
Miti e riti
Dalla tragedia di Superga che ha interrotto le gesta della straordinaria squadra di Valentino Mazzola, proiettandola nella leggenda; alla scomparsa di Gigi Meroni; al fallimento a un anno dal centenario, nel 2005, la storia granata è scandita dai drammi. Umani e sportivi. Basti pensare che il calciatore artista perse la vita nel 1967 in un incidente stradale causato da Romero, ultimo presidente prima della bancarotta societaria. Meroni era già un idolo in vita per il suo stile beat e anticonformista, oltre che per la sua strepitosa tecnica. Ora è un’icona torinista. Come l’ultima squadra scudettata, quella di Radice, con Pulici, Graziani, Sala e compagni, nel 1976. Come gli Statuto, gruppo simbolo del movimento Mods, a partire dal nome, ripreso dalla piazza luogo di ritrovo dei modernisti torinesi. Ultras a loro volta e autori nel 2006 dell’album “Toro”, in cui reinterpretano i sette inni storici del club. Ulteriore sintomo di simbiosi fra città, squadra e tifosi. Gli apripista.
© RIPRODUZIONE RISERVATA