Roma-Inter, quando gli arbitraggi si sono presi la scena
Gli episodi più eclatanti del terzo millennio nelle sfide all'Olimpico: dalla furia di Capello contro Racalbuto al Rocchi Horror Show
Polemiche, sviste, errori, orrori. Dal pre-Calciopoli ai giorni nostri la sfida contro l'Inter porta con sé suggestioni come veleni. Quelli derivanti dagli arbitraggi non sono pochi, anche limitandosi a considerare soltanto i match disputati all'Olimpico. La prima partita “incriminata” del terzo millennio risale alla stagione 2002-03. La Roma ha vinto lo Scudetto nel 2001, sfiorando il bis l'anno dopo, quando proprio l'Inter di Cuper si è vista beffata all'ultima giornata dai gemellati biancocelesti, a vantaggio della Juventus.
Il 16 novembre 2002 i nerazzurri arrivano nella Capitale da primi della classe, con la squadra di Lippi a un solo punto di distacco, nel turno in cui si gioca il derby di Torino. La Roma è attardata in classifica, complici una serie di episodi arbitrali che hanno fatto infuriare a più riprese il presidente Sensi e il suo consulente di fiducia Franco Baldini. Calciopoli non è ancora deflagrata, ma nell'aria si avverte nitida la differenza di peso politico fra le tre grandi del Nord e il club giallorosso, “all'opposizione” nei palazzi che contano. Arbitro della gara è Racalbuto di Gallarate, pochi chilometri di distanza da Milano. La direzione appare subito ostile alla squadra di casa, anche se episodi macroscopici non ce ne sono. Nella ripresa Morfeo porta in vantaggio gli ospiti, Montella e Batistuta ribaltano il punteggio, mentre in campo accade di tutto: dagli insulti a sfondo razzista di Almeyda a Emerson, alla surreale ammonizione di Cassano dopo un doppio dribbling. Viene perfino invertita una punizione su “suggerimento” di Cuper. A un minuto dal termine pareggia Okan fra le proteste vibranti dei romanisti. Finisce quasi in rissa, con un alterco fra Panucci e il team manager interista Bortolozzi. Nell'immediato post-partita a tuonare è Capello, visto fino a quel momento come uomo vicino al sistema: «Basta con questi arbitri, fanno venire voglia di andarsene all'estero. Non ero d'accordo col presidente, ma ha ragione lui, così non arriviamo nelle coppe». Presagio poi confermato dai fatti a fine stagione.
L'anno successivo Capello però resta a Roma, la coppia d'attacco formata da Totti e Cassano incanta le platee di tutta Italia, la squadra vola e dopo aver rifilato una goleada alla Juventus (4-0) appena un mese prima, il 7 marzo 2004 riceve l'Inter allenata da Zaccheroni. I nerazzurri appaiono in disarmo, ma l'atmosfera è sempre da big match. La gara sembra senza storia fin dalle prime battute, quando i padroni di casa trovano il vantaggio con Emerson. Il boato dell'Olimpico però viene ricacciato in gola da un'errata segnalazione di fuorigioco dell'assistente di Rosetti. Poco dopo la mezz'ora di gioco, il fischietto torinese annulla un'altra rete, questa volta a Totti. E centra addirittura l'incredibile tris prima dell'intervallo, vanificando una prodezza di Samuel per presunta carica su Toldo. La Roma non fa una piega e riesce comunque a chiudere la prima parte di gara in vantaggio grazie a Cassano. Mancini raddoppia nella ripresa, ma quando Vieri accorcia le distanze a un quarto d'ora dalla fine, sugli spalti del Foro Italico si agitano fantasmi del passato. A fare giustizia ci pensano Totti e Mancini, quasi allo scadere. Il secondo poker rifilato a una big poteva essere ben più largo e sicuramente meno “faticato”.
Nelle stagioni a guida spallettiana le due squadre si contendono ogni titolo disponibile su suolo italiano, ma gli episodi arbitrali più eclatanti si verificano al Meazza: su tutti quello della stagione 2007-08, che probabilmente decide l'assegnazione dello Scudetto. Per ritrovare un'altra giornata densa di nefandezze bisogna fare un considerevole salto in avanti nel tempo. Spalletti è finito dall'altro lato della barricata, mentre sulla panchina giallorossa siede Di Francesco. Il calendario mette di fronte il grande ex già all'esordio casalingo, il 26 agosto 2017. Arbitra Irrati, al Var c'è Orsato. La tecnologia di supporto al direttore di gara è stata appena introdotta in Italia, ma proprio all'Olimpico il suo utilizzo “umano” si dimostra subito fallace. Dzeko porta in vantaggio i giallorossi, che colpiscono anche tre pali. Ma l'episodio decisivo è tutto sulle spalle della squadra arbitrale. Con la Roma avanti di un gol, Perotti viene falciato in piena area interista da Skriniar: il rigore è solare, ma direttore di gara e Var non vedono. In precedenza viene graziato Borja Valero per una gomitata ai danni di Nainggolan, così come nel finale Candreva già ammonito non viene espulso nonostante un'entrata a forbice su Kolarov. Icardi e Vecino regalano la vittoria agli ospiti, ma dall'altro lato fioccano le proteste. A Pallotta e Di Francesco si unisce Perotti: «Chi sta al monitor deve intervenire, altrimenti questo Var a cosa serve?».
Poco più di un anno dopo la storia si ripete. Cambiano gli interpreti, non le modalità. Il 2 dicembre 2018 a dirigere in campo c'è Rocchi, in sala video Fabbri. Sul prato dell'Olimpico Keita, Under, Icardi e Kolarov danno vita a uno spettacolare botta e risposta, ma nel mezzo viene ignorato un macroscopico sgambetto di D'Ambrosio in area di rigore su Zaniolo. Difra nemmeno si presenta ai microfoni a fine match, tocca a Totti, stavolta nelle vesti di dirigente, far sentire la protesta romanista in tutta la sua veemenza: «C’è poco da vedere penso, le chiacchiere stanno a zero. Tutti hanno visto quello che è successo. Come fanno al VAR a non vedere un fallo del genere? È una vergogna». Il giorno dopo Il Romanista titola in prima pagina «Rocchi Horror Show». Ma l'arbitro di quella serata storta nel frattempo è diventato designatore.
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