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Alta tensione su Italia-Israele: quando sport e politica si incrociano

La gara della nazionale si inserisce in un clima già caldo. Ma da Messico 68 alle sanzioni alle selezioni russe le commistioni sono state numerose

PUBBLICATO DA Fabrizio Pastore
14 Ottobre 2024 - 19:59

Una città blindata. Scene di vita se non quotidiana, almeno frequente nei grandi centri urbani, sedi predilette di eventi e manifestazioni a carattere politico. Molto meno a Udine, scelta come teatro della gara di Nations League fra Italia e Israele. La partita in sé non presenterebbe motivi di interesse apicale, se non l'attesa per la conferma di una Nazionale che nelle ultime uscite sembra la copia riveduta e corretta in versione attraente della squadra zoppicante negli ultimi Europei. Il focus però è tutto sul contorno della gara, a partire dall'avversaria degli azzurri, non tanto per motivi sportivi quanto in veste di rappresentativa di un Paese da mesi protagonista della polveriera mediorientale, che di recente sta convogliando su di sé le proteste di mezzo mondo per gli attacchi alla missione Unifil in Libano

La presenza della selezione israeliana ha fatto scattare la massima allerta. Nel capoluogo friulano sono arrivati reparti mobili da tutto il Nord, circa 500 steward privati saranno presenti nello stadio, mentre tutta l'area circostante è stata soggetta a bonifica e pullula di dissuasori e barriere. Dalla parte opposta della città i manifestanti pro-Palestina si sono dati appuntamento per sfilare in corteo, il cui slogan è indicativo: «È in corso un genocidio, non sarà una partita a farcelo dimenticare». Le varie associazioni che hanno aderito all'iniziativa di protesta chiedono il boicottaggio anche televisivo del match e alla vigilia lo stesso ct Spalletti si è espresso sulla questione: «Si va a giocare la partita con la speranza di convincere sempre qualcuno in più che questa situazione deve finire, perché penso che ci siano molti israeliani che non vogliono la guerra». 

Insomma, un'atmosfera molto più incentrata sugli aspetti politici che calcistici. D'altra parte non è la prima volta – e presumibilmente non sarà l'ultima – che lo sport funge da catalizzatore di questioni sociali. Lo stereotipo dell'evasione ludica o poco più è da decenni finito in soffitta, per chi non si ferma agli aspetti superficiali. 

Negli ultimi sessant'anni gli esempi abbondano. Alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 si rivela clamorosa la protesta di Tommie Smith e John Carlos: sul podio della gara dei 200 metri, i due atleti statunitensi calano il capo e alzano il pugno chiuso in un guanto (simbolo delle Black Panthers) durante l'esecuzione dell'inno, per sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sulle discriminazioni razziali. 

I Giochi continuano a essere epicentro della scena internazionale anche nelle edizioni successive, a partire da quella drammatica del 1972. A Monaco di Baviera il commando palestinese di Settembre Nero fa irruzione nel Villaggio Olimpico, puntando la delegazione israeliana, uccidendo due atleti e prendendone in ostaggio altri nove, che finiranno trucidati dopo il tentativo di liberazione da parte della polizia tedesca. La Germania ospitava per la prima volta dalla fine della guerra un evento di portata mondiale e l'episodio assume contorni funesti anche dal punto di vista simbolico. Perfino quando l'ondata terroristica degli Anni 70 sembra sul punto di placarsi, le tensioni non si allentano e in piena Guerra Fredda gli Stati Uniti boicottano le Olimpiadi di Mosca del 1980. Quattro anni dopo la Perejstroika non è ancora avviata e a Los Angeles arriva la ripicca sovietica. La stessa caduta del Muro, anziché placare le tensioni, acuisce i contrasti in molti dei Paesi del blocco dell'Est. 

In Jugoslavia deflagrano le rivalità fra le varie etnie che sotto Tito avevano composto la Federazione di Stati, e ben presto gli scontri sanguinosissimi nei Balcani sfociano nell'orrore della pulizia etnica. Stavolta non c'è alcuna presa di posizione di una parte: l'esclusione viene decretata dall'alto e segue l'embargo imposto dalle Nazioni Unite. Già disgregata dai tragici avvenimenti, la selezione che riusciva a unire talenti del calibro di Savicevic, Stojkovic e Boban, fra gli altri, viene estromessa dagli Europei del 1992. Al suo posto la Uefa ripesca la Danimarca, che incredibilmente vincerà il torneo. 

Sembra passato un secolo, ma a poco più di trent'anni il terrore si affaccia nuovamente alle porte d'Europa, con il conflitto fra Ucraina e Russia. Il Comitato Olimpico Internazionale stabilisce l'esclusione della seconda da Mondiali, Europei e Olimpiadi. Le nazionali israeliane non subiscono uguale sorte, ma faticano a trovare nazioni in grado di ospitare le loro partite, fisiologicamente dirottate in campo neutro. Ad accogliere la selezione di calcio è soprattutto l'Ungheria, dove nel match d'andata con l'Italia i tifosi al seguito degli azzurri si girano di spalle in segno di protesta durante l'esecuzione dell'inno della squadra “di casa”. 

Stasera l'ennesimo atto, si spera con riflettori puntati sul campo. Almeno per 90 minuti.

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