Punto e virgola

Il silenzio degli innocenti

Non ci sorprende che in questo momento alla Roma nessuno avverta il richiamo del microfono per definire pubblicamente ciò che probabilmente è incerto anche nei pensieri più privati

De Rossi e Ghisolfi seduti in panchina a Trigoria

De Rossi e Ghisolfi seduti in panchina a Trigoria (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Daniele Lo Monaco
15 Luglio 2024 - 08:36

L'anno scorso José Mourinho fece sentire per la prima volta nella nuova stagione la sua voce in una conferenza stampa solo il 19 agosto, presentazione della prima giornata di campionato, quel Roma-Salernitana che insieme alla sfida di Verona della settimana successiva avrebbe poi rappresentato il più grosso rimpianto del campionato: era una Roma in maschera, si persero cinque punti su sei, distacco alla fine costato la Champions. In precedenza, Mou s’era concesso in esclusiva al Corriere dello Sport, l’8 agosto, fregandosene in quel caso di chiedere permessi societari: fu un (altro) colpo (reciproco) alla fiducia. Ma Mou è così: prendere o lasciare. La Roma ha preso e poi, a sorpresa, ha lasciato. Alla Roma un anno fa c’era un direttore sportivo – Pinto – che appariva saldissimo ancorché fiaccato proprio dal rapporto complicato con l’allenatore che non mancava di far notare come la rosa della Roma fosse priva di diversi elementi e soprattutto di un centravanti titolare, che poi arrivò solo alla vigilia della terza giornata di campionato. Un top, Lukaku: ora è destinato al Napoli (tempo al tempo), ma solo se Osimhen andrà via. In ogni caso sarà un bel vivere per Conte. 

Ma perché indulgiamo nelle vicende di un anno fa? Perché non ci sorprende affatto che in questo momento alla Roma nessuno avverta il richiamo del microfono per definire pubblicamente ciò che probabilmente è incerto anche nei pensieri più privati. Mancano due giorni alla prima amichevole, 34 all’esordio in campionato, e dei 12 acquisti ragionevolmente necessari per rinforzare la rosa della Roma al momento ne è arrivato solo uno, l’ottimo Le Fée, più il giovanissimo Buba Sangarè, talento da coltivare al calduccio della Primavera (di Falsini, ammesso che il club confermi che sia proprio lui il tecnico che sta lavorando con i ragazzi). In questa fase così incerta che si potrebbe dire di intelligente? Lo immaginate De Rossi dopo il galoppo col Latina davanti al plotoncino affamato dei giornalisti? Cosa dovrebbe rispondere? E le risposte dovrebbero essere official o para amigos (ciao Gianfranco, manchi...)? Non fatichiamo a credere che l’allenatore della Roma oggi sia preoccupato più o meno quanto Mourinho l’anno scorso, ma conoscendo l’ambiente in cui è vissuto per quasi tutti i giorni della sua vita, con le brevissime eccezioni di Buenos Aires e Ferrara, Ddr non si permetterebbe mai di farsi fotografare con il fantasma del numero nove, che comunque aspetta con impazienza, né di polemizzare con l’uomo che sta cercando di comprarglieli quei giocatori, tantomeno con la società che non sta facendo mancare il supporto finanziario (e tra gli investimenti sono già stati conteggiati i 12 milioni netti che lo staff tecnico costerà nei prossimi tre anni. Bella cifra, ma un bel risparmio rispetto a prima). 

Nell’unica, poco fortunata ma assai istruttiva, precedente esperienza da capo allenatore, alla Spal, De Rossi un giorno si mise contro il direttore sportivo pensando di essere spalleggiato dal presidente Tacopina che invece, di lì a poco, lo buttò a mare, vatti a fidare degli amici. E quell’immagine di allenatore contestatore, alla prima esperienza, ne ha un po’ macchiato il candore della tuta. Difficilmente lo rivedremo in quella veste. Daniele è innanzitutto un uomo leale e peraltro ogni sua preoccupazione è esclusivamente mirata a fare della Roma una squadra di primo livello, non è “contro” nessuno.

Allo stesso modo, non si può certo pretendere che a parlare sia uno dei Friedkin (non lo hanno mai fatto, anche nei momenti più sereni) o l’amministratore delegato Lina Souloukou: il club ha scelto la strada della discrezione e preferisce che a parlare siano i fatti. È un fatto, ad esempio, che stiano amministrando le cose con oculatezza, respingendo peraltro ogni ipotesi di cessione societaria, nonostante le voci di sottobosco di un imminente avvicendamento vengano periodicamente sovralimentate. Vogliono giustamente essere giudicati sul campo. Serve tempo, insomma, e non è colpa di nessuno se la folle legge del mercato tiene i tecnici col fiato sospeso e le rose incomplete fino alla scadenza di fine agosto. Che ci vorrebbe a chiudere tutto il 15 agosto? A maggior ragione non si può pensare che ad affrontare i giornalisti sia Florent Ghisolfi, il ds arrivato in gran segreto lo scorso 3 giugno (ad attenderlo solo fotografo e cronista del Romanista) e rivisto all’aeroporto il giorno dell’arrivo di Le Fée: si pensava per accogliere il connazionale, come faceva Monchi, in realtà era lì per prendere mamma e figlie in arrivo da Rennes. Il dirigente non parla italiano, se la cava appena con l’inglese, e prima di poter rappresentare pubblicamente la società ha bisogno di un periodo di ambientamento che non è ovviamente ancora terminato. Serve tempo, appunto.

Nel frattempo però a Napoli Conte ha già fatto sentire la voce del padrone (imponendo anche la presenza cuscinetto, tra sé e il resto del club, del fidato Lele Oriali), a Milano hanno presentato Inzaghi e Ibra si è messo addirittura a far da garante per Fonseca, a Firenze Palladino, a Bologna Italiano, persino a Formello hanno già esposto i rispettivi punti di vista presidente, ds e nuovo allenatore e presto parlerà anche Motta alla Juventus. Ma non conta chi parla prima. Conta chi prima arriva a maggio. Anzi, chi arriva nei primi quattro a maggio. Al momento, insomma, non ci sono colpevoli.

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