Arbitri nel caos
La lotta intestina nell’Aia è partita dall’elezione di Gravina e passa da Open Var. Tra screenshot fake e accuse vere intanto ci ha rimesso Mourinho. E qualcuno ci ride sopra
Tra le varie componenti federali che hanno accompagnato il successo di Gabriele Gravina alle elezioni per la presidenza della Figc del 22 febbraio 2021 non c’era curiosamente l’Aia, acronimo che sta per Associazione Italiana Arbitri. Alla votazione i fischietti restarono neutri, senza indicare il preferito tra Gravina e Cosimo Sibilia, mentre Lega Serie A, Lega Serie B, Lega Pro, Assocalciatori e Assoallenatori si schierarono compatti accanto al presidente uscente, confermato per il suo secondo mandato (la prossima estate, dopo i giochi di Parigi, punterà al terzo). Per la rielezione bastò il 73,45% degli aventi diritto. Il voto in occasione della sua prima elezione, invece, segnò percentuali bulgare, e l’Aia dell’allora presidente Nicchi non fece mancare il suo appoggio. Ed è proprio dal mancato endorsement al secondo mandato che, secondo i beninformati, nasce un vulnus i cui riflessi stanno allungando le sue ombre fino a oggi. Quando Gravina è stato confermato presidente federale, a presiedere l’Aia da poche settimane c’era Alfredo Trentalange, quel simpatico ex arbitro della sezione di Torino le cui direzioni tutt’altro che equidistanti non sono mai state dimenticate dai tifosi della Roma. I meno giovani ricordano ad esempio con raccapriccio come nel pieno della tormenta reazionaria del sistema contro la Roma di Capello, gennaio 2003, in un Atalanta-Roma già in pieno controllo romanista l’arbitro piemontese salì in cattedra prima cacciando Emerson dopo 20 minuti per un innocente fallo da gioco, con la Roma già in vantaggio, poi l’incredulo Capello per proteste e pure il povero Tempestilli, il team manager, innervosendo tutti e di fatto favorendo pareggio e vittoria dell’Atalanta che arrivò puntuale nel finale, naturalmente su punizione inesistente.
Tra Gravina e Trentalange non è mai corso buon sangue e quando emerse quel dettagliuccio mica da ridere dell’arresto in flagranza di reato del procuratore federale arbitrale Rosario D’Onofrio per narcotraffico internazionale (il galantuomo era stato nominato proprio da Trentalange nonostante una già scontata condanna a due anni e otto mesi per reati analoghi), il presidente federale riuscì ad ottenere dopo persuasive pressioni le dimissioni del presidente dell’Aia, poi sostituito con Carlo Pacifici (di cui, altro dettaglio, nell’ambiente è assai nota la fervida militanza laziale, anche se siamo sinceramente convinti che la sua fede sportiva non gli impedisca di svolgere con giudizio il suo mandato). Sarà un caso, ma da allora l’Aia, e di conseguenza la Figc, sono periodicamente sottoposte a continue sollecitazioni interne e in qualche caso pubbliche.
L’altra sera a Le Iene la più clamorosa, con un arbitro di serie A e in attività che, mascherando la sua identità, ha rivelato come la sanguinosa lotta intestina tra fazioni all’interno dell’Aia stia condizionando il rendimento di chi viene mandato in campo: «Tra di noi ci sono arbitri più protetti e meno chiamati al Var. E vi garantisco che ci sono almeno cinque, tra arbitri e assistenti di serie A e B, che stanno ricorrendo alle vie legali per denunciare l’Associazione Italiana Arbitri per quelle che vengono ritenute gravi irregolarità. Per esempio, c’è chi sbaglia e continua ad arbitrare il turno dopo come niente fosse. C’è chi invece viene fermato, che è l’unica vera punizione che colpisce l’arbitro dal punto di vista economico, ma anche della carriera». Tra le accuse più pesanti che vengono rivolte all’Aia, e in particolare al designatore Rocchi, c’è quella di aver esagerato con le esigenze di trasparenza favorendo con la trasmissione di Dazn “Open Var” l’istituzione di fatto di un processo pubblico settimanale alla categoria arbitrale. Ciò che agli occhi degli italiani appare come il minimo dovere informativo per molti arbitri è invece un’insopportabile invasione di campo. Rocchi (e dunque Pacifici) e Gravina hanno fortemente voluto invece questa rubrica. A costo di sfidare l’ira degli arbitri più conservativi e anche qualche inevitabile rancore di chi dall’“appalto” è stato escluso (non è sfuggito ad esempio che Fabio Caressa di Sky sia apparso nel servizio delle Iene come uno dei giornalisti più critici rispetto al comportamento della categoria arbitrale quest’anno). Anzi: gira voce che presto si potranno vedere direttamente il lunedì sera gli episodi controversi della giornata di campionato appena esaurita e non quelli della settimana precedente, com’è stato fino ad oggi. Fragorosa la reazione di ieri dell’Aia: «Se qualcuno ritenesse di avere elementi concreti su quanto dichiarato durante la trasmissione, da parte di una persona con il volto nascosto e la voce alterata, si faccia avanti e segua i canali ufficiali portando le prove - ha dichiarato il Presidente dell’AIA Carlo Pacifici -. Noi, confermando la fiducia a Gianluca Rocchi e a tutta la sua Commissione, riteniamo che invece vi sia assoluta insussistenza delle accuse lanciate, volte solo a gettare un’ombra su un importante lavoro che si sta portando avanti. Riteniamo che se dietro a tale mossa ci fossero motivi di politica interna, sarebbe un fatto molto grave, perché questo significherebbe non volere bene a questa Associazione».
In tutto questo non abbiamo considerato le proteste tifose e le intemperanze dei tesserati che si ribellano alle diverse incongruenze notate sui campi. Che Mourinho fosse nel mirino di molti rappresentanti arbitrali (direttori di gara, quarti, varisti, assistenti) è noto a tutti quelli che conoscono certi meccanismi del palazzo (e la nota permalosità della categoria). Ma con l’esonero in qualche modo il problema per la Roma si è risolto. Con gioia di tutti quelli che non aspettavano altro di incontrarlo in campo per dimostrare agli altri come si tiene a bada distribuendo con autorevolezza cartellini gialli e rossi. Nelle chat poi girano anche gli screenshot degli stati di whatsapp di dirigenti federali felici di mostrare agli amici la propria soddisfazione per la mesta fine del portoghese e se anche si trattasse di fake maldestramente realizzati resterebbe la mestizia per l’idea che qualcuno si sta evidentemente prodigando per mettere in cattiva luce questo o quel rappresentante caro a Gravina, sfruttando però l’evidente idiosincrasia mostrata dal palazzo nei confronti dello Special One. Che peraltro avrebbe pieno diritto di pensare che se qualcuno al Var a Torino avesse posticipato di due o tre frame il fermo immagine che ha permesso la convalida del gol di Rabiot, secondo la perplessità espressa anche dall’arbitro intervistato dalle Iene, magari sarebbe ancora l’allenatore della Roma. Mou in Italia almeno per un po’ non ci sarà, bisognerà vedere adesso quanto resiste il designatore Rocchi. Di sicuro il presidente Gravina non lo mollerà facilmente.
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