Lavoro di squadra
Calma e gesso, e nessuno s’infuri: il tempo c'è . Se poi si vuole migliorare la costruzione dal basso, come si dice in giro, c’è ancora molto lavoro da fare sul campo
Tra le tante cose che la lunghissima intervista esclusiva pubblicata dal Corriere dello Sport a Mourinho a firma Zazzaroni (complimenti per lo scoop di rilevanza mondiale, conseguito peraltro senza neanche il permesso della società, e di questi tempi è davvero cosa rara), intanto abbiamo saputo che Mourinho quando lo stesso Corriere pochi giorni fa lo descriveva “infuriato” nel tentativo di interpretare il suo stato d’animo non solo non era per niente infuriato, ma beato nel pieno di «un’esperienza stimolante, ricca, di una ricchezza su più piani». Questo, essenzialmente, ci ha detto l’intervista: Mourinho a Roma sta bene, adora la gente che lo adora, è pienamente calato nel progetto che gli è stato affidato due anni fa e spera di poter completare il cerchio della sua missione aiutando la squadra a raggiungere nel suo terzo, e probabilmente ultimo, anno un altro obiettivo storico, che sia la Coppa Italia, magari!, l’Europa League, che sogno!, o persino lo scudetto, da leggenda!
Senza un attaccante di razza, con soli quattro difensori e magari col dubbio pure se resti o meno Matic, difficilmente si potrà competere per anche solo uno di questi trofei, ma il mercato è ancora aperto e come spesso accade se non ci sono i contanti per superare la concorrenza sui pezzi pregiati, diventa strategico aspettare magari gli ultimi giorni e confidare poi su qualche vincolo di solidarietà stretto con i diretti interessati. Lo stesso che c’era con Scamacca, ad esempio, ma che s’è spezzato quando prima l’Inter e poi definitivamente l’Atalanta (o tempora o mores!, diceva Cicerone sbalordito dalla piega presa dalla modernità) si sono presentati alla cassa del West Ham con il cash. Rischi che si devono correre per mantenere alta la competitività all’interno di un percorso di sostenibilità finanziaria.
All’epoca di Pallotta si faceva ciò che oggi fanno tutte le altre squadre (e si rimprovera alla Roma di non fare): si vendevano i pezzi migliori per finanziare il mercato con le plusvalenze (vere). Friedkin e Pinto hanno scelto un’altra strada. In questi anni si sono meritati la nostra fiducia, anche questa volta non gliela faremo mancare: rimandiamo i commenti a fine agosto.
Chiaramente Mou, come fanno più o meno tutti gli allenatori, si lamenta dei ritardi. Da un lato ha ragione, ma lui potrebbe anche essere lontano quando nella prossima sessione estiva di mercato i romanisti rischiano di ritrovarsi a smoccolare perché non solo non si potranno fare operazioni, ma si sarà addirittura costretti a vendere i gioielli di famiglia per rispettare i parametri imposti dall’Uefa. Calma e gesso, e nessuno s’infuri. Se poi si vuole migliorare la costruzione dal basso, come si dice in giro, c’è ancora molto lavoro da fare sul campo. Anche in questo caso tempo ce n’è. Forza (Roma).
© RIPRODUZIONE RISERVATA