Prospettiva Romanista - Così o niente: questo è Daniele e io lo difendo

Il nostro Capitano. Contro l’ipocrisia di chi ne ha approfittato per attaccarlo

PUBBLICATO DA Lorenzo Contucci
01 Dicembre 2017 - 10:32

Aoh! Ma chedavero? Così, in modo assai poco giuridico, mi verrebbe da affrontare la questione, ormai decotta, relativa al nostro Capitano. Ma che davero ci siamo dimenticati che anche Francesco nostro le sue marachelle le ha fatte? E che le ha fatte pure quando non era più un ragazzino? Quanto gli abbiamo dato ragione (non tutti per la verità) e siamo stati contenti di quel calcione a Balotelli? Sì è vero: errore gravissimo quello di Daniele, una vera idiozia, anche io - come tutti - ho imprecato e ho pensato a Nostro Signore ma subito dopo, leggendo accuse feroci che andavano ben oltre la rabbia e la giusta critica, anche di cari amici, fermi tutti.A difesa.Daniele è così, prendere o lasciare. E io lo prendo, lo abbraccio e me lo tengo stretto, non lo lascio. Tutti noi abbiamo o abbiamo avuto il momento dell'idiota e questo può accadere con una frase sbagliata, con uno schiaffone che parte, con una svista sul lavoro.Ma ciò non toglie che abbiamo tutto il diritto, per quel che abbiamo creato nelle nostre vite, di essere perdonati. Anche più di una volta. E a me Daniele - da romanista - ha dato infinitamente di più di quel che ha tolto. «A me che me frega del cambio dello stemma, ce po'sta pure 'na mucca, basta che vincemo». Io e molti altri non siamo così, a parte il dato di fatto che comunque non abbiamo vinto nulla. Daniele non è un poseur. È e rimane uno di noi. Sicuramente la critica è «così non vinceremo mai nulla» e io rispondo «e perché finora con il DeCoubertainismo, cosa abbiamo vinto?».

Io Daniele me lo tengo stretto e se pure con questi gesti si dà un tocco di provincialismo alla nostra Società, lo preferisco a chi vince e fa un giro di campo con una coppa insanguinata e comunque rimane per l'opinione pubblica un Campione. Lo preferisco a calciatori che si proclamano bandiere ma hanno indossato mille maglie. Lo preferisco a un qualsiasi giornalista che scrive male dei nostri colori per ragioni personali, o che invita in trasmissioni televisive residuati di Calciopoli o del calcio scommesse. Il male della Roma - perché anche questo ho letto - non è Daniele ma lo sono tutti quelli che, per interessi o semplice antipatia, invece di fare quadrato buttano in piazza quelli che dovrebbero essere pensieri da bar e rimanere lì confinati e non suggellati in eterno su un social o su un sito web di qualche quotidiano. Daniele è mio figlio. Mio figlio può fare anche la più grossa cappellata del mondo ma io all'esterno lo proteggo. Daniele è pure mio fratello e vale lo stesso discorso. I panni sporchi si lavano in casa. Eravamo ottantamila per Brunetto quel giorno eppure sbagliò il calcio di rigore più importante della nostra storia. La fascia? La fascia nostra è ormai nel paradiso, insieme ad Agostino. Tutti gli altri, nessuno escluso, l'hanno più che degnamente indossata, ma - come la Trinità - stanno a destra e a sinistra di Ago. Vogliamo fare una lista di grandissimi campioni che, in età matura, hanno commesso delle scorrettezze? E che se ci fosse stato il VAR sarebbero stati linciati dall'opinione pubblica con le rispettive nazionali con una coppa del mondo in meno? O dobbiamo fare citazioni bibliche, quando alle persone che dovevano lapidare l'adultera Gesù disse «chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra». Daniele è pure il mio compagno di banco e je pijo le parti. Non vincerò mai un cazzo, lo so, ma tanto già non ho mai vinto un cazzo e quindi soffro meno. Così, con fanciullesca ingenuità: daje Daniele, VAR spia.

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