Quella domenica non finirà mai
Quinta elementare, la maestra: «Danilo, perché non verrai a Firenze?». « Ci sarà Roma-Juventus». «E tu non andrai in gita per una partita di calcio?». «No, per la ROMA».

(AS Roma Ultras)
Quinta elementare: la maestra spulcia i nomi di tutti i bambini che andranno in gita scoprendo che, tra questi, non compare il mio: «Danilo, come mai non verrai a Firenze?».
«Perché la domenica ci sarà ROMA juventus». Me li ricordo ancora, sotto delle lenti molto-molto spesse, i suoi occhi sgranati nel chiedermi: «E tu non andrai in gita per una partita di calcio?!?».
Risposta: «No, per la ROMA».
Che quel 16 marzo 1986 fece a pezzi i bianconeri consegnando alla storia un tre a zero, gol di Graziani, Cerezo e Pruzzo, che cambiava gli equilibri del campionato ma, molto più probabilmente, del calcio italiano: come un pugno sul tavolo che fa volare i fogli per aria... così la squadra di Sven Goran Eriksson a mettere il punto esclamativo a una rimonta straordinaria che, epilogo a parte, stava per compiersi.
E già basterebbe tutto questo per farmi pensare, anche a così tanti anni di distanza, che la scelta di preferire – nonostante il mal di pancia di mia madre – l’Olimpico al capoluogo toscano non fu solamente azzeccata ma necessaria. Perché se a Firenze, nel corso della mia vita, ci sono poi andato più volte... quel ROMA juventus non me lo avrebbe ridato indietro più nessuno. E più nessuno mi avrebbe potuto far rivivere l’emozione di far parte di una coreografia capace di cambiare i connotati del tifo in Europa.
Immaginatevi, allora, un ragazzino di undici anni che si vede passare sopra la testa, proprio come nei sogni, una di quelle centinaia di strisce giallo e rosse. E immaginatevelo, anche, nello scoprire che pure tutto il resto dello stadio era impacchettato con i colori con i quali vedevo il mondo. Quella cosa lì non me la sono mai dimenticata e mi è rimasta appiccicata addosso come quei cerotti che alla fine non riesci più a staccarti dalla pelle. Tanto che ancora oggi, a dispetto del tempo, mi rivedo – stregato, incredulo, innamorato – con mio padre, mia sorella, mio cugino e altre decine di migliaia di Romanisti a dare vita a qualcosa che rimarrà per sempre.
E mentre le fotografie della gita dei miei vecchi compagni di classe, nella migliore ipotesi, saranno ingiallite o perdute chissà dentro quale cassetto... le mie immagini di quella domenica sono ancora lì nel posto a cui tengo maggiormente: nel cuore.
Maestra, sarà per un’altra volta...
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