Non aprite quella porta
Ci ritroviamo, a metà novembre, a contemplare con preoccupazione tutte le caselle scoperte di quella scala piramidale delle responsabilità che rischia di implodere su sé stessa
Non aprite quella porta se non volete rimanere delusi.
Non apritela se non volete scoprire un ufficio vuoto, una scrivania disabitata e un quadro abbandonato su una parete da cui tutto il resto è stato staccato via, per finire dentro uno scatolone, lasciando, al massimo, come ricordo l’alone della sua stessa cornice sulla pittura.
Resistete alla tentazione, allora.
E come con lei anche con tutte le altre porte di Trigoria perché dentro quegli uffici non c’è rimasto più nessuno: figure scoperte, professionisti allontanati, dirigenti alla porta. E pure figure professionali, necessarie, che non finiscono sul giornale ma che quel centro sportivo lo rendevano vivo: spending review, l’hanno chiamata così. Anche se poi con i soldi dei cinquantatré giorni – di niente – di Juric tutti quegli stipendi ci venivano eccome e, probabilmente, ci usciva fuori pure “Una mancia al ragazzo”.
“Eh sì, ‘sti ca**i”.
E, così, la desertificazione dietro il sipario è arrivata sul palco: da dietro le quinte a dentro al campo senza filtro, senza anima, senza qualcuno a dare l’allarme che adesso è generale e se non vediamo scappare nessuno è solamente perché nessuno c’è più rimasto e, allora, anche le cose semplici diventano difficili e arzigogolate come il surreale comunicato con cui, domenica pomeriggio, seppur senza esplicitarlo era stato sollevato dal suo incarico l’allenatore croato.
Tanti-tantissimi di quelli che non sono più a Trigoria erano Romanisti.
Anzi, sono Romanisti… perché la ROMA a un tifoso non gliela toglie nessuno e figurarsi una lettera di licenziamento, una email di ferie forzate e meno che mai un algoritmo ellenico capace di confondere il significato delle due parole impoverimento professionale - e sentimentale - con arricchimento.
E ci ritroviamo, a metà novembre, a contemplare con preoccupazione tutte le caselle scoperte di quella scala piramidale delle responsabilità che rischia di implodere su sé stessa seppellendo la squadra e, con lei, la sua latente personalità.
Quella squadra, dopo ogni partita andata male, sa che tornando a Trigoria non troverà nessun dirigente ad aspettarla.
Sconfitta dopo sconfitta.
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