Bella ’a buasserie, bello l’armadio, belle ’e cassapanche
Mondiale intermezzo noioso e patinato da PlayStation. Nessuno snobismo, nessuna presa di posizione, nessun nazionalismo: mi manca il campionato
Non ho ancora visto una sola partita del Mondiale. Nessuna presa di posizione, non c’è alcuna forma di snobismo dietro questa scelta. Né mi è mancata l’occasione visto che, dalla mattina all’ora di cena, ci sono state partite in qualsiasi orario. Non sfodero nemmeno il nazionalismo come attenuante perché, ad oggi, non c’è stata una sola volta in cui ho sentito la mancanza di una partita degli azzurri. Facessi ancora il liceo potrei raccontarvi, però, che li sto boicottando perché il Qatar, nel costruire gli stadi, è passato sopra molti diritti dei lavoratori come fosse un caterpillar… ma mentirei.
Perché, seppur rivendicando ognuno di quei diritti, so bene che la mia televisione spenta non avrebbe smosso proprio un bel niente.
E allora? Allora, semplicemente, questo Mondiale mi sta scorrendo addosso come fosse una banalissima, e soporifera, sosta della Serie A piena zeppa di amichevoli di cui nessuno, probabilmente, ricorderà mai il risultato. Il Mondiale e l’autunno come due linee rette che non si dovrebbero incontrare mai. Come l’estate con la polenta, l’inverno con le zanzare. E ancora: il Mondiale con gli alberi di Natale dentro casa, anziché un paio di bermuda addosso, è un atroce controsenso che fa deflagrare la mancanza del campionato.
Ecco, il campionato. Quello sì, mi manca. Perché questo è il suo tempo, la sua stagione: l’attesa per le partite della ROMA, gli impegni di lavoro e i fine settimana di svago da incrociare con il suo calendario, le domeniche di pioggia senza sprofondare sul divano sepolti sotto un plaid ma con un giubbotto – con due b – addosso per correre allo stadio. Partite come contrapposizioni, scelte di campo ed elettrocardiogrammi sotto sforzo per cuori forti, che arrivano al novantesimo provati ma pronti a ricominciare. Partite da tre punti, quattro birre e unghie torturate. Partite da guardare come esigenza e non come alternativa, giocatori probabilmente più scarsi da sostenere piuttosto che patinati campioni da osservare come fossimo davanti una sfida alla Play Station. Game over, riiniziamo? ...
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