Così innamorati da non lasciarsi confondere dalla pausa per il Mondiale
Una sosta così lunga presenta tante insidie, perlopiù mediatiche. Quarantanove giorni a partire da oggi, sette weekend, un nuovo anno di mezzo. Un’eternità
Detesto la sosta del campionato. La vivo sempre e solo come qualcosa che potrà danneggiare la ROMA: se avrà vinto la partita precedente ho il terrore che, dopo due settimane di troppi complimenti, arriverà ad arrestarci la corsa. Peggio ancora se, invece, avremo perso: uno stillicidio lungo quattrodici giorni, un processo lunghissimo e pieno di insidiose polemiche.
Figurarsi, allora, fermarsi dopo la partita con il Torino… perché pure se non abbiamo perso la percezione di tutti noi è stata proprio quella: quarantanove giorni a partire da oggi, sette weekend, un nuovo anno di mezzo. Un’eternità. Un interminabile cammino fatto di curve a gomito e terreni sdrucciolevoli vista burrone sulle grinfie di una città capace d’amare come nessun’altra ma pure, ogni volta in cui qualcosa non gira, di sapersi crogiolare così beatamente nella sofferenza da non riuscire più a distinguere il bene dal male, la verità dalla narrazione, il problema dalla soluzione.
Lo so: tutti quelli armati di fede indefessa e buona volontà saranno capaci di tirare dritto, di non lasciarsi intimidire da niente, e da nessuno, e di saper cogliere, invece, quattro ottimi motivi per non disdegnare questo mondiale altrimenti privo di logica: i recuperi totali – o l’avvicinarsi di quei momenti – di Dybala, Pellegrini, Spinazzola e Wijnaldum. Non è poco, anzi: quasi tutto.
Però, e qui torno sui binari dei sentimenti, questo mese e mezzo per molti altri sarà come il treno che li allontanava dalla loro fidanzatina in partenza per le vacanze: mentre vedevano l’ultimo vagone svanire fuori dalla stazione si sentivano disperati. Poi, però, già qualche giorno dopo si erano già lasciati confondere da altre tentazioni. “Poi, improvvisamente, l’estate svaniva” e quel treno ricompariva all’orizzonte ma i loro stati d’animo erano cambiati perché traviati da tutto quello che gli girava intorno, dalle voci che non erano riusciti a saper interpretare e dalla convinzione che, tutto sommato, potevano anche fare a meno di quello che loro, prima, ritenevano un grande amore.
Io, ROMA mia, invece ti aspetto qui: non mi muovo.
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