Belotti: il nostro numero 11, col giallorosso nel destino
Da avversario con la maglia del Torino, lo scorso 28 novembre, dopo un infortunio uscì tra gli applausi dei tifosi dello Stadio Olimpico
Io non lo so se le cose capitano per caso ma so che spesso il destino, le cose, le rimette in fila regalando loro un senso. E il senso di Andrea Belotti alla ROMA me lo sono andato a ricercare, trovandolo, nella partita contro il Torino del 28 novembre scorso. Quando, all’Olimpico, l’attaccante – in quel momento dei granata – si fece male e fu costretto a lasciare il campo, a spalla, aiutato da due sanitari: ve li ricordate quanto furono belli gli applausi che accompagnarono il suo percorso verso la panchina avversaria? Cose da Romanisti.
Cose da Romanisti, però, riservate solamente agli avversari duri ma leali, spigolosi ma corretti e a cui si riconosce il sacro fuoco della passione che tiene in vita il calcio e, a cascata, i tifosi che lo seguono. Ecco, quel giorno e quell’applauso rappresentano l’inizio della storia tra Belotti e la ROMA. Una storia di promesse mantenute, di parole date e conservate nel tempo a dispetto delle tentazioni come si fa tra persone serie che alimentano la fiducia anziché la paura di perdersi, anzi di non incontrarsi proprio. E invece no, lui è rimasto fermo: aspettando. E la squadra della Città Eterna, una volta messe in fila le caselle necessarie, gli ha spalancato le porte, consegnandogli la maglia numero undici.
Maglia numero undici indossata, nella nostra storia, anche da Ciccio Graziani e Ruggiero Rizzitelli… e torno, allora, all’inizio dell’articolo e al destino perché mi vengono in mente proprio questi due calciatori – per abnegazione, coraggio e senso del gruppo – pensando a Belotti. Che una volta sbucato dal boccaporto dell’Olimpico, martedì sera durante la sua presentazione, ha reagito al tributo dei suoi nuovi tifosi con il pudore di chi sente di non aver fatto ancora nulla per meritarsi tutto quell’affetto.
Qualcosa, invece, l’ha fatta eccome: ha atteso la ROMA. Restituendo così con gli interessi ai Romanisti gli applausi ricevuti da avversario e cercando, fin dal suo esordio contro il Monza, di fare al meglio il suo lavoro: segnare. Sapete una cosa? Chi se ne frega se non ha trasformato in rete, già sul 3-0, l’assist di Spinazzola… una storia del genere merita – per la nostra prima esultanza – un boato ancora più grande.
Da tre punti.
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