E luce fu
L'odissea nello strazio si spera finisca con un bisesto mai così funesto da queste parti, ma la promessa/minaccia di rivoluzione a gennaio sa tanto di chiamata alle armi verso chi ora è più debole
Rabbia e amore. A prima vista due sentimenti antitetici. In realtà figli dello stesso trasporto. Si può essere incazzati, ma davvero, soltanto quando si tiene a qualcuno quasi più che a sé stessi. E a Lei ci lega ogni singola cellula del corpo in modo viscerale. Lo scempio di Como è inaccettabile perché arriva dopo due mezze illusioni. Nulla che autorizzasse a sognare, chiaro, ma la sensazione che il sentiero impervio su cui ci si era incanalati avesse finalmente preso un verso meno ripido, quello sì.
Le ricadute fanno sempre più male: arrivano a pace sancita, dopo aver sciolto la tensione in sorrisi e abbracci. Se non speranza, restituiscono almeno fiducia. Perfino in tempi di ragionevoli dubbi, dettati da quattro mesi inverecondi. Eppure funziona così: perdoni perché vuoi bene. E vuoi il suo bene. Credi ai segnali, anche se minuscoli. Perciò il tradimento reiterato manda su tutte le furie.
Ma c'è un tempo per la delusione, lo sdegno, addirittura l'ira; e un tempo per cercare soluzioni al problema, per aiutare l'oggetto dell'amore a uscire da situazioni scabrose, per evitare che si incancreniscano. Un figlio che sbaglia va ripreso, gli si spiegano gli errori e le modalità per non ricaderci, ci si arrabbia pure, ma poi si prende per mano. L'accanimento non serve a nessuno. L'abbandono meno che mai.
I proprietari hanno tenuto a far sapere che sono “furiosi”. Testuale. Ora però. Dopo anni di silenzio interrotti soltanto dal commiato a De Rossi, che riletto oggi suona ancora di più proveniente dal metaverso: una sorta di auto-anatema. Soltanto che a farne le spese è stata la Roma. Ora loro due sono furiosi. Portate a compimento le incursioni in Premier, terminato l'andirivieni fra resort esotici e green britannici, mentre la Roma inesorabilmente pagava le scelte scellerate di un anno orribile. Senza una guida, senza un riferimento. Senza nulla. L'odissea nello strazio si spera finisca con un bisesto mai così funesto da queste parti, ma certo la promessa/minaccia di rivoluzione a gennaio sa tanto di chiamata alle armi nei confronti di chi ora è più debole.
Il piattino preparato alla vigilia del doppio cruciale impegno casalingo pre-natalizio ispira la gogna. Agognata da chi alle ammissioni di colpa non ci pensa proprio, anzi sembra affetto dalla sindrome di Fonzie. «Scusate, abbiamo sbagliato», o anche un semplice «Sorry» evidentemente non appartiene al vocabolario texano. Molto più facili gli occhi di ghiaccio e la ricerca di facili capri espiatori da buttare in pasto alla folla inferocita. Intanto da settembre un Ceo sembra in arrivo solo adesso e non c'è traccia dello stesso raccordo fra società e gruppo tecnico chiesto invano e a lungo da Mourinho. Adesso chiamato a incarnare ogni ruolo c'è Ranieri, ovviamente privo di strumenti, tempi e modalità necessarie per ottemperare alla tripla responsabilità.
Mentre si fa sempre più striminzito il tenue bagliore in fondo al tunnel, da lontano è però arrivata una luce. Sia pure a contatto con una nostra nemesi (in fondo il divino per essere tale deve mescolarsi fra i peccatori, proprio per marcare le differenze). «La Roma si discute quando è forte», il senso del suo messaggio. Ma in momenti simili La si stringe. Pure con tutta la rabbia del mondo. E soprattutto perché è amore puro.
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