L'ora del voi
Troppo tempo siamo stati in balia di una pastetta indistinta, pallida, sfumata. Ma noi siamo colore, anche nei momenti più bui. Soprattutto in quelli
E ora? Sì, d'accordo, potere a chi lavora. Ma di fatto non è chiaro chi lavora per la Roma, gruppo squadra a parte. Tutto continua a essere estremamente aleatorio. Pure troppo. Da mesi. Se non da anni. Assenze, pressappochismo e dilettantismo hanno portato a danni esiziali come a errori grotteschi, fino al goffo episodio del nome sbagliato sulla maglia. Che è soltanto l'ultima in ordine di tempo di una serie di vicende surreali. Roba da Borgorosso Football Club, ma senza risate, passione e soprattutto tifo di Alberto Sordi.
E ora? Ora siamo sospesi fra depressione per quello che (non) si è visto e pressione per quello che ci si para davanti. L'orlo del baratro, una classifica mai così tremenda nel terzo millennio (e poche volte anche prima), scontri che nemmeno il più pessimista avrebbe potuto immaginare diretti con Lecce, Como e Parma in rapida sequenza. Da non sbagliare. Nemmeno per sbaglio.
E ora? Ora balliamo non il, ma nel limbo. Fra la speranza concessa dal volto rassicurante di Ranieri e dai piccoli passettini compiuti nell'ultima settimana, e il senso di smarrimento nel cercare di capire – senza riuscirci – come si possa essere riusciti a dilapidare tutto in così poco tempo. Fra ansie e voglie di rivincita. Fra obiettivi troppo brutti per essere dichiarati e necessaria ricerca del realismo, sia pure magico perché riferito a chi lo è per definizione.
E ora? Ora demarchiamo bene le linee. Fra amici e nemici. Fra chi è dentro e chi fuori. Troppo tempo siamo stati in balia di una pastetta indistinta, pallida, sfumata. Ma noi siamo colore, anche nei momenti più bui. Soprattutto in quelli. Abbiamo addosso le tinte che illuminano il mondo e non sarà un ex di turno ingrato, frustrato e provocatore a offuscarle. Tirana è per sempre, il resto scivola via come una goccia nell'oceano. Quella felicità scolpita dentro di noi nessuno può scalfirla, meno che mai chi non ha saputo apprezzare gli abbracci ricevuti nei periodi di maggiore difficoltà e ha preferito ridursi a fare la comparsa altrove. Sta bene così. Il confine, quello bello di chi accoglie, lo demarcano perfettamente la Sud e Edo, scambiandosi pensieri dolci a dispetto di ogni distacco apparente. La distanza è solo geografia della scusa, chi si ama davvero non si perde mai. Soprattutto nei momenti più complicati.
E ora? Ora è il momento di fare quadrato. Di inerpicarci per la strada scoscesa che abbiamo dovuto necessariamente imboccare per i disastri compiuti da chi ha trattato la Roma come una seccatura, con l'indifferenza di chi ha altro a cui pensare. Da chi si è ricordato di Budapest un anno e mezzo dopo Budapest, peraltro con il tramite di chi a Budapest nemmeno c'era. Da lì è cominciata la lenta ma inesorabile discesa verso il dirupo. Che questa memoria a scoppio ritardato inneschi la risalita è forse esercizio di eccessivo ottimismo, ma non si sa mai. Aspettiamo.
Chi non può attendere neanche un secondo di più è la squadra, chiamata a calarsi nella realtà attuale con tutta l'umiltà del caso. Come fosse un corpo unico. Scrollandosi di dosso il resto: lacune societarie, destini avversi, errori del passato anche recente. Si va dritti, senza soste e ripensamenti. Con tutto l'orgoglio di chi non ci sta a vivere una situazione simile. Con la rabbia di chi vuole dimostrare di valere più di questo. Con l'amore di chi riceve abbracci anche quando non li meriterebbe ed è chiamato a ricambiarli. Fanno così i figli coi genitori (e viceversa) quando sanno di averli delusi, no?
E ora tocca a voi.
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