Realismo magico
I problemi sono strutturali e in parte atavici: un uomo solo non può risolverli, nemmeno provando a sopperire alle carenze tecniche con quella normalità tanto agognata
Ha ragione Ranieri: «Non serve un mago, ma normalità». Dopo due mesi di conduzione improntata all'iperbole, un ritorno alle scelte ponderate non può essere un male. Soprattutto se il bene è un lontano ricordo. E nella normalità rientra anche una sana dose di realismo. Che non vuol dire necessariamente allarmismo fine a sé stesso, ma semplice consapevolezza della fase che si sta attraversando.
Se non ci si rende conto della gravità della situazione, il precipizio è dietro l'angolo. Se Pisilli parla di Europa ancora raggiungibile, più che un esercizio di ottimismo può essere pura ingenuità, supportata da ragioni anagrafiche. Se però chiunque ruoti intorno alla Roma riduce la lotta per la salvezza a un'ipotesi surreale, grottesca, o comunque estranea, rischia di commettere un gravissimo errore di sottovalutazione. Certe stagioni appaiono zavorrate da un'impronta di negatività fin dalle premesse: questa non sfuggiva alla percezione già in estate, fra mercato ondivago, amministratrici fin troppo delegate e inumane, assenza di qualsivoglia figura dirigenziale, scollamento fra società e gruppo squadra (tecnico e giocatori). A settembre si è toccato il fondo con il farneticante esonero di DDR dopo appena quattro giornate e un triennale firmato poco prima. Quanto si sia poi scavato oltre con la gestione Juric è sotto gli occhi di tutti.
Ranieri è per noi figura rassicurante: quando la Roma è in difficoltà risponde presente, conosce l'ambiente, ha esperienza e curriculum. Tutto vero. Ma i problemi sono strutturali e in parte atavici. Un uomo solo – a maggior ragione se letteralmente solo – non può risolverli. Nemmeno provando a sopperire alle carenze tecniche con quella normalità tanto agognata. Il risultato di Napoli fa scuola in questo, scaraventando quella secchiata di acqua gelida di cui forse c'era necessità dopo gli ultimi giorni di sollievo anche un po' eccessivo per il cambio in panchina. Il circolo vizioso innescato da tempo va curato poco alla volta, prendendo atto di una classifica mai così abominevole nel terzo millennio (perfino nell'annus horribilis dei 4 allenatori) e delle distanze rispetto ai rispettivi versanti. Rimboccarsi le maniche, lavorare, ma più di ogni altra cosa dismettere l'abito da gala e vestirsi di umiltà: questo serve ora.
Niente maghi, dunque: nessuno ha la famosa bacchetta con formula annessa per modificare la realtà in un colpo.
Ma un briciolo di magia sì. Ci vuole. Per evitare che il presente richiami il recente passato in un eterno e immutabile déjà vu, che ci si avviluppi ulteriormente nelle secche di questa stagione torbida. Per invocare invece distorsioni temporali. Per invertire il rapporto fra causa ed effetto. Soffrire ora come se tutto fosse irrimediabile, per trovare le forze per rimediare. Paradossale? Forse, ma non più di quanto abbiamo vissuto ultimamente. E se realismo dev'essere, che sia perlomeno magico. Basta un solo elemento. Qui ce n'è uno che vale per tutti. La Roma magica lo è sempre stata per definizione. A prescindere da maghi, ciarlatani, Special o Normal One. Basterebbe ricordarsene per ritrovare un sorriso che oggi sembra davvero perduto. Eppure è lì, nascosto fra le pieghe di quel nome. Quattro lettere, un amore...
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