Stadio della Roma, stallo dopo voto: cosa cambia con le elezioni
Gli scenari - Non è in discussione il progetto, ma le tempistiche. Si attende il Governo
Nel corso degli ultimi tre mesi, quelli seguenti all'approvazione del progetto per il nuovo stadio della Roma in sede di Conferenza dei Servizi, ci siamo sentiti dire spesso che il 4 marzo sarebbe stata una data cardine per definire i passaggi necessari alla posa della prima pietra. La posta in ballo del resto era notevole, con Governo regionale e nazionale al rinnovo. Chiariamo da subito, se mai ve ne fosse ancora bisogno, che non è mai stata in discussione la realizzazione del progetto. Dalla decisione della Conferenza dello scorso 5 dicembre non si può tornare indietro, a meno di risarcimenti (oggi insostenibili per le casse pubbliche) a favore dei privati. Ed allora perché attendere il voto di domenica scorsa? Per una serie di ragioni pratiche e concrete, ma anche elettorali. Partiamo da queste ultime.
LE VICENDE POLITICHE
Lo stadio giallorosso è stato vissuto dai protagonisti della politica nostrana come un problema, per la gestione degli umori di una piazza che in alcuni momenti ha dato segni di impazienza e insofferenza, ma anche come un'opportunità elettorale. Chi ha dovuto cercare voti all'interno del Grande Raccordo Anulare ha tentato in tutti i modi di intestarsi il risultato positivo della Conferenza, lasciando poi intendere, più o meno esplicitamente, come dalla propria elezione dipendessero le sorti future del progetto. Vi è poi una questione tecnica particolarmente sensibile relativa al famigerato Ponte di Traiano. Come vi abbiamo più volte raccontato, sulla costruzione del ponte, voluto fortemente dalla Regione, c'è un impegno "verbale" del Governo, che per bocca dei ministri Lotti e Delrio ha garantito come le risorse verranno trovate nell'ambito dell'accordo di programma tra lo Stato e Anas. Proprio la natura dell'impegno preso dal Governo (verbale e quindi non esigibile) ha consigliato alla sindaca di Roma Virginia Raggi una particolare cautela nell'avvio della seconda fase dell'iter amministrativo. Nel Verbale di determina della Conferenza il Ponte di Traiano figura solo come raccomandazione della Regione, e quindi niente di più di un "consiglio", seppur autorevole. Quello che invece è scritto nero su bianco, non solo nel Verbale, ma anche nella delibera di pubblico interesse votata dall'Assemblea Capitolina lo scorso giugno, è come vadano garantiti i flussi in entrata e in uscita dallo stadio. Per questo nel Verbale, cosa sottolineata più volte in campagna elettorale nelle scorse settimane, è stata inserita una nota che impegna il Comune a garantire la viabilità, in assenza del ponte, identificando altre soluzioni. Cautela, quella dell'amministrazione capitolina, quanto mai saggia, visto il risultato elettorale.
COSA CAMBIA DOPO LE ELEZIONI
E vediamo allora cosa è cambiato da domenica scorsa nel panorama politico nazionale e locale, e come questo possa o meno influire sulle sorti del nuovo stadio giallorosso. Partiamo dalla Regione. La conferma di Nicola Zingaretti va presa certamente come una buona notizia. La continuità amministrativa di chi, per primo e con più forza, si è impegnato nel tentativo di porsi come sintesi tra le diverse posizioni in questi mesi, va accolta più che positivamente. Cambierà qualcosa nella giunta, ma gli uomini chiave (l'assessore Michele Civita e la Responsabile della Direzione Regionale Territorio, Urbanistica, Mobilità e Rifiuti, Manuela Manetti) dovrebbero restare al proprio posto. Sulla volontà di Zingaretti poi c'è poco da discutere. Infatti solo pochi giorni fa il presidente della Regione, parlando di stadio, dichiarava al nostro giornale che «si dovrà portare a compimento un progetto che la città aspetta moltissimo». Sul piano del Governo nazionale le cose invece non vanno così lisce. Detto che attualmente non ci risulta esserci nessuno pregiudizialmente contrario all'impianto giallorosso, la composizione del prossimo esecutivo potrebbe riservare delle sorprese in questo senso. Un Governo tecnico all'insegna del rigore potrebbe infatti sconsigliare la spesa per il ponte, rimandando la palla al Comune. Stessa cosa potrebbe accadere con un Governo di centrodestra, se non altro per una diversa collocazione (politica) rispetto alle giunte comunali e regionali. Governi di centrosinistra (improbabili al momento) o a maggioranza 5 stelle invece difficilmente farebbero uno sgarbo del genere ad amministrazioni a loro vicine. A tutto questo va aggiunto il malessere che proprio in queste ore sembra emergere all'interno della maggioranza in Campidoglio. Un malessere covato da molto e che il buon risultato di Di Maio alle elezioni politiche sta facendo venire fuori. Importanti esponenti del Movimento chiedono infatti un rimpasto nella giunta, e le sorti della stessa sindaca non appaiono più così certe come alcuni giorni fa.
Un caos ordinato quello del post voto che lentamente sta trovando una propria composizione e che lascia ancora prefigurare tali e tanti scenari, da consigliare cautela e pazienza ancora per qualche giorno. Improbabile a questo punto che possa accadere qualcosa prima del prossimo 23 marzo, data in cui si insedieranno le nuove camere e si procederà con l'elezione dei presidenti. Proprio questo passaggio (soprattutto l'elezione del Presidente della Camera dei Deputati) indicherà quali saranno le possibili maggioranze parlamentari, e solo allora si potrà capire quale la migliore strada da percorrere per arrivare a meta.
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